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Giochi di potere. Dinamiche di acquisizioni

Negli ultimi anni le acquisizioni nel mondo del trasporto e della logistica si sono moltiplicate, dando luogo a concentrazioni sempre più diffuse. Insieme a Pietro Spirito, tra i massimi esperti in materia, cerchiamo di capire le ragioni di questo fenomeno e le insidie che nasconde

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Le concentrazioni di società attraverso vari tipi di operazioni finanziarie, siano esse fusioni, acquisizioni o consolidamenti, rappresentano un fenomeno inarrestabile. Per avere un’idea dell’importanza di questi processi basti pensare che in Italia, stando agli ultimi dati McKinsey, nei primi sei mesi del 2022 si è registrata la crescita più significativa di mergers and acquisitions (M&A) degli ultimi cinque anni, con valori record in termini di volumi, pari a circa 70 miliardi di euro, e un numero di operazioni che ha toccato quota 90. In particolare, il settore della logistica e del trasporto, unito a quello dei viaggi, è quello che ha dimostrato la vivacità maggiore, con il 64% del valore totale delle operazioni di fusione e acquisizione. E anche il 2023 si è aperto con il botto, con una serie di notizie che non sono passate sottotraccia e che confermano ulteriormente la tendenza verso il consolidamento e la concentrazione.

BOOM DI ACQUISIZIONI

È il caso, per esempio, del gruppo TiL, braccio terminalistico del colosso MSC, che per crescere ancora ha acquisito l’intero capitale della Terminal Darsena Toscana, società che gestisce la movimentazione dei container (circa 900.000 teu all’anno) nel porto di Livorno. Oppure della AutospedG (società parte del gruppo Gavio e con un fatturato monstre da 660 milioni di euro) che ha comprato l’80% della lodigiana Aldo Ferrari Trasporti-FA Chemical Logistic, con l’obiettivo di diversificare la gamma di prodotti trasportati gestendo anche le spedizioni nel settore chimico. O ancora di Gefco, storico marchio creato nel 1949 da Peugeot, che è stato assorbito nella multinazionale logistica Ceva, dando vita a un gruppo da 110.000 dipendenti che lavorano in 1.300 siti di 170 Paesi del mondo. Insomma, il mantra per le grandi aziende del trasporto e della logistica sembra essere uno solo: aumentare di dimensioni. Diventare più grandi, più forti. E probabilmente non potrebbe essere altrimenti in questo lungo periodo di incertezza legato agli elevati costi dell’energia e delle materie prime, ai tormenti delle banche mondiali, alla guerra e agli strascichi pandemici. Ma per l’economia e per l’equilibrio dei mercati, si tratta di strategie virtuose? E qual è il rischio – se esiste un rischio – della diffusione sempre più ampia di queste concentrazioni di potere che sanno tanto di oligopolio? Pietro Spirito, docente universitario, saggista e tra i massimi esperti dell’argomento, prova a rispondere analizzando la complessità di questo momento.

LE RAGIONI DELLA CONCENTRAZIONE

«Innanzitutto – spiega Spirito – il settore dei trasporti sta vivendo una doppia fase di concentrazione: di tipo verticale, cioè all’interno dello stesso settore specialistico di attività, e di tipo orizzontale, ovvero con un allargamento verso altri segmenti della catena del valore del trasporto (magazzinaggio, logistica, portualità, ecc.). La particolarità è che questi fenomeni si stanno svolgendo contestualmente ed è una cosa abbastanza rara nella storia economica».
Ma perché si sta verificando? Le ragioni, secondo Spirito, vanno individuate nella coesistenza di almeno quattro fattori. «Il primo è che le imprese che si erano già strutturate in modo più robusto hanno macinato utili particolarmente poderosi, che forniscono il carburante per una nuova stagione di acquisizioni. Il secondo fattore è che si stanno affacciando sul mercato soggetti che prima non c’erano. Parliamo dei grandi fondi di investimento istituzionali, che hanno cominciato a vedere i settori del trasporto e della logistica come una buona occasione per acquisire asset e aziende capaci di produrre una redditività di medio periodo. Altro fattore è la globalizzazione, che ha determinato una così forte espansione dei mercati tale per cui era necessario dotarsi di una rete maggiormente strutturata a livello territoriale. Quarto fattore sono gli sviluppi tecnologici, che stanno giocando – e giocheranno sempre più nei prossimi anni – un ruolo determinante per migliorare redditività ed efficienza nelle operazioni logistiche e di trasporto».

I RISCHI DELL’OLIGOPOLIO

Queste, dunque, sono le dinamiche che stanno caratterizzando gli scenari globali di mercato. Dinamiche che però nascondono aspetti ambivalenti. Perché se da un lato offrono indubbie opportunità (le concentrazioni tra imprese, in buona sostanza, possono favorire forme di efficienza, creando operatori in grado di massimizzare economie di scala), dall’altro possono indurre a forme di eccessivo consolidamento del potere di mercato, consentendo all’impresa che si rafforza tramite tale processo di adottare comportamenti non virtuosi da un punto di vista concorrenziale, per esempio aumentando i prezzi o praticando condizioni svantaggiose per le  controparti. E questo è il rischio più importante da evitare in una forma di mercato oligopolistica. «Il punto di fondo è che non si può sempre dipendere dalla ricerca disperata delle economie di scala per fare sempre più profitti», conclude Spirito, sostenendo che in questo scenario va resa necessaria «una più marcata presenza del regolatore, vale a dire delle istituzioni che devono evitare la formazione di cartelli capaci di frenare la concorrenza e di condizionare i comportamenti della domanda».

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