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Accordo italo-svizzero per gestire emergenze ai valichi su ferro. Ma da noi l’intermodalità stenta

L’ambasciata elvetica porge la mano all’Italia per gestire insieme i valichi alpini e potenziare l’intermodalità. Ma mentre al di là delle Alpi, lo shift modale è scritto in Costituzione, da noi stenta. E se il presidente di Anita Morelli invita a fornire certezze a chi ha investito nel passaggio modale per gestire meglio la domanda, quello di Fermerci Ricci non lascia scampo: «Negli ultimi sei mesi il cargo ferroviario è sceso del 6%»

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Svizzera chiama Italia per la gestione dei valichi e il potenziamento dell’intermodalità ferroviaria. Dopo mesi di crisi dei trasporti transalpini e con il cargo ferroviario che in Italia perde quota, l’Ambasciata svizzera in Italia, in collaborazione con Anita e Fermerci, ha chiamato a raccolta a Roma i maggiori operatori della logistica per guardare al futuro prossimo, caratterizzato – è vero – dalla crisi nello stretto di Suez, ma anche dall’esplosione dei traffici nei porti del Nord Africa, per i quali l’Italia è una piattaforma logistica naturale e rappresenta anche la strada d’accesso principale ai mercati dell’Europa. Svizzera compresa. 

E se la Federazione elvetica sta puntando da diversi decenni sulla rotaia con circa 23 miliardi di franchi svizzeri (che equivalgono ad altrettanti euro) per nuove infrastrutture e per dare certezza agli investimenti privati, l’Italia taglia i finanziamenti per il nuovo materiale rotabile: l’ultima rimodulazione del PNRR ha sforbiciato le risorse per l’acquisto di 196 nuovi locomotori, già preordinati dalle aziende per un ammontare complessivo di circa 700 milioni. 

La formula proposta dall’Ambasciatrice della Svizzera in Italia, Monika Schmutz Kirgoz, è quella di «approfondire la collaborazione» già avviata con incontri bilaterali e sostegno in occasione dei disagi al San Gottardo e al Frejus, quando entrambi i valichi hanno visto i traffici bloccati a causa di emergenze. «Rendere il trasporto ferroviario resiliente attraverso un buon coordinamento con l’Italia» è l’auspicio dell’Ufficio federale dei Trasporti svizzero che è intervenuto all’incontro forte del 73% di quota modale sul territorio svizzero per le merci su rotaia.

Rixi: «Italia pronta per completare il corridoio Reno-Alpi»

Edoardo Rixi, viceministro alle Infrastrutture e braccio destro di Salvini per la logistica, intervenendo all’incontro ha assicurato sostegno allo shifting modale e adesione al modello svizzero. «Il tema della logistica assume grande rilevanza per i rapporti tra Italia e Svizzera. I corridoi transalpini hanno un ruolo cruciale per il buon funzionamento del mercato continentale. L’Italia è pronta a fare la sua parte per completare il corridoio Reno-Alpi e dare vita a un sistema logistico intermodale che abbia nel porto di Genova la sua porta d’accesso mediterranea. È arrivato il tempo che l’Unione europea investa seriamente nello shifting modale da gomma a ferro, lo strumento più efficace per la decarbonizzazione dei trasporti».

Tre miliardi di investimenti del Gruppo FS. Eppure l’intermodale arretra

Ma se il Gruppo Fs sta investendo sulla logistica «attraverso un piano industriale di 3 miliardi di euro per materiale rotabile, terminal e digitalizzazione», come confermato da Sabrina De Filippis, amministratrice delegata di Mercitalia, non è possibile non constatare la battuta d’arresto che l’intermodale ferroviario ha fatto registrare nei mesi scorsi in tutta Europa con una perdita di traffico di oltre il 15 per cento. «Le interruzioni del traffico nei valichi – ha aggiunto Giuseppe Mele, direttore generale di Confetra – incidono sui costi per le aziende e il rischio è l’inversione modale con il ritorno verso il trasporto su gomma».
Preoccupate anche le aziende aderenti ad Anita che negli ultimi anni hanno sostenuto l’intermodalità ferroviaria come una possibilità di spostamento delle merci più sostenibile sia dal punto di vista ambientale che sociale. «Nei prossimi anni – ha esordito Riccardo Morelli, presidente dell’associazione confindustriale – ci troveremo di fronte a un aumento della domanda di logistica dovuta al nearshoring e allo sviluppo dei porti del Nord Africa. Le nostre aziende stanno mettendo in campo lo shift modale credendo molto nella ferrovia, ma hanno bisogno di sostegno e certezza negli investimenti». Sostegno che invece l’Italia stenta a concedere.
«Abbiamo registrato il 6 per cento in meno di cargo ferroviario solo negli ultimi 6 mesi – conclude Giuseppe Rizzi, segretario generale di Fermerci – dovuto alla crisi dei valichi. Stiamo intervenendo per mitigare gli effetti, ma abbiamo bisogno di regole e investimenti certi». Non come accaduto invece con la ricordata revisione del PNRR…

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