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L’obbligo del green pass preoccupa l’autotrasporto. Le associazioni: «Rischio paralisi»

Green pass in azienda: il 15 ottobre è alle porte e le associazioni dei trasporti e della logistica scrivono al Governo. Chiedono di sciogliere i nodi che mettono in apprensione le imprese e di farlo prima che l’obbligo del «passaporto verde» entri in vigore

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Il 15 ottobre si avvicina e con esso l’obbligo disposto dal governo di munirsi di Green pass per poter accedere ai luoghi di lavoro. Una misura molto discussa in particolare in queste ultime settimane, specie nel settore del trasporto e della logistica. Il motivo è noto: da anni il settore soffre di una carenza di autisti per i mezzi pesanti. Il decreto che impone anche agli autisti di dotarsi di green pass rischia di accentuare il problema. Le associazioni di categorie parlano di una «bomba ad orologeria» pronta ad esplodere.

I dubbi riguardano in particolare l’applicazione della norma agli autisti stranieri che operano temporaneamente in Italia. Anch’essi sono tenuti al rispetto della normativa anche se, spesso, provengono da Paesi in ritardo con la campagna vaccinale o che hanno utilizzato vaccini non validati in Unione europea? E cosa accade ai lavoratori delle imprese straniere che fanno trasporti internazionali e cabotaggio in Italia e per i quali nel Paese di residenza non esisterebbe obbligo di greenpass?

I nodi da sciogliere, insomma, sono diversi e le associazioni lanciano un appello al governo chiedendo di fare maggiore chiarezza. ANITA precisa che «il green pass è certamente uno strumento valido e condiviso per tenere sotto controllo la curva del contagio e mettere in sicurezza i cittadini, i lavoratori e le attività economiche», e che tuttavia non possono non essere considerate alcune criticità.

«Il problema più grave in questo momento riguarda il personale viaggiante», spiega Thomas Baumgartner, Presidente di ANITA, ricordando la cronica mancanza di autisti che in buona parte oramai sono di nazionalità estera, «e c’è un rischio concreto di una fuga in massa di autisti che pur di non sottoporsi alla vaccinazione o al tampone per essere in regola con il green pass, hanno già annunciato di voler rientrare nei loro Paesi di origine o addirittura trasferirsi in altri Stati europei, dai quali difficilmente rientreranno una volta conclusa l’emergenza sanitaria».

Questa situazione potrebbe dunque danneggiare l’operatività delle imprese, già provate dalla mancanza di autisti, e frenare la ripresa economica. Sullo sfondo, lo spettro che anche in Italia si assista a quanto sta accadendo nel Regno Unito proprio a causa di un esodo massiccio di lavoratori che hanno lasciato il Paese per la stretta sulle regole di immigrazione.

«Non possiamo accettare che vi siano regole e trattamenti differenziati per i lavoratori italiani rispetto a quelli stranieri – conclude Baumgartner – pertanto occorre intervenire con urgenza prevedendo deroghe specifiche per tutti i conducenti, siano essi italiani che esteri, i quali – va ricordato – hanno garantito in sicurezza i servizi anche nella fase più critica dell’emergenza pandemica, applicando i protocolli di filiera concordati con il Governo e le Autorità sanitarie».

Anche Unatras preme sul governo, sottolineando «la necessità di garantire l’omogena applicazione della norma su tutto il territorio nazionale a chiunque assicurandone il rispetto agli operatori nazionali e a quelli stranieri».

L’auspicio dell’associazione è che si possano chiarire i dubbi sull’applicazione del decreto per arrivare a un risultato definitivo che possa garantire sicurezza per la salute nei luoghi di lavoro, ma anche procedure compatibili con i diversi modelli organizzativi dell’attività lavorativa dell’autotrasporto.

I gridi d’allarme, insomma, sono stati lanciati da più parti. Tocca ora al governo vedere se, come e quando raccoglierli. Il 15 ottobre è alle porte.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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