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Sportello unico doganale, treni navetta e nuove tecnologie, le proposte FLC

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Sportello unico doganale in tempi rapidi, documentazione elettronica per accelerare i tempi, treni navetta per bypassare i centri storici delle principali città portuali, maggiore utilizzo del trasporto ferroviario intermodale. Queste, in sintesi le proposte contenute nello studio «Dal porto all’hinterland: soluzioni per una catena logistica competitiva», ventitreesimo Quaderno del Freight Leaders Council, presentato ieri a Roma.
 
Il documento – che riassume le sue proposte in undici punti – individua le criticità del sistema portuale italiano in quattro aree di intervento: dogane, collegamenti con l’hinterland, impiego delle tecnologie, maggiore ricorso all’intermodale ferroviario. In particolare lo studio rileva – insieme all’Agenzia delle Dogane – il ritardo nell’attuazione dello sportello unico doganale, auspicando anche l’armonizzazione degli orari di servizio del personale preposto ai numerosi controlli amministrativi, in modo da poterli concentrare in un unica location e la digitalizzazine dei documenti cartacei, riducendo così costi e tempi delle operazioni di scarico delle merci.
 
Quanto ai collegamenti con i retroporti e i centri intermodali, il Quaderno 23 del FLC ne rileva le carenze infrastrutturali e la molteplicità dei soggetti che dovrebbero gestirne i flussi e propone l’utilizzo di servizi multimodali ferroviari (treni navetta) per scavalcare il traffico congestionato delle aree metropolitane nei cui centri storici si trovano i maggiori porti nazionali. 
 
Il documento ricorda, peraltro, che i decreti «Cresci Italia» e «Salva Italia», varati dal precedente governo già consentono alle Autorità portuali di svolgere funzioni di coordinamento degli enti locali che insistono sul territorio e di ottenere «un primo nocciolo di autonomia finanziaria»: possono, infatti, utilizzare l’1% dell’imposta sul valore aggiunto e delle accise riscosse nei porti e negli interporti rientranti nelle circoscrizioni territoriali delle stesse (fino a max 70 milioni di euro l’anno, per opere infrastrutturali).
 
Un maggior impiego del trasporto ferroviario intermodale, continua il documento, soprattutto per quanto riguarda l’ultimo miglio e la terminalizzazione, dipende anche da miglioramenti tecnici, come l’elettrificazione non solo dei binari di presa e consegna, ma anche della radice dei binari di carico/scarico e, per «aumentare l’efficienza delle manovre e la gamma dei servizi terminalistici», ottenere la «dotazione di apparecchiature per la prova del freno».
 
Il miglioramento tecnologico delle attrezzature consentirebbe, peraltro, «la realizzazione di treni-navetta «che, inseriti in un ciclo logistico intermodale, riescono a rappresentare valide alternative rispetto al trasporto su gomma anche per tratte a raggio medio-corto, come spesso risultano i tragitti porto-retroporto».
 
La tecnologia, infine, fornisce molteplici opportunità per ottimizzare i flussi di merci tra porti e hinterland. Il FLC indica alcuni progetti in corso – il Preclaring e il Trovatore, rispettivamente sulle dichiarazioni doganali telematiche e sui sigilli elettronici dei container – ma avverte che l’uso delle tecnologie non va limitato allo scambio di informazioni, ma va esteso all’automazione nelle operazioni di trasbordo intermodale per favorire l’efficienza del trasporto ferroviario.
 
Il file pdf dello studio completo è scaricabile, previa registrazione, dal sito www.freightleaders.org, alla pagina Pubblicazioni > I Quaderni
 

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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