Un mix di cultura imprenditoriale e di visione politica per risollevare il trasporto intermodale ferroviario delle merci in Europa, messo a dura prova da eventi accidentali e cantieri Pnrr. A sostenerlo è Simon Valvassori, manager del Gruppo Giezendanner, una delle più grandi realtà europee del trasporto di prodotti chimici con base in Svizzera, ma con sedi in Italia e Germania, dopo l’annuncio della chiusura di due Rola negli ultimi giorni, quella che collega Italia e Francia e quella tra Novara e Friburgo. E a sorpresa, il grande gruppo presente nel capitale sociale del colosso tedesco Kombiverkehr, annuncia anche l’acquisto di 15 trattori Scania (BEV R450) completamente elettrici. «Sotto i 500 Km o dove non c’è collegamento ferroviario – spiega Valvassori – usiamo la strada, in linea con la nostra visione di futuro e rispetto per l’ambiente».
Nel giro di pochi giorni sono state annunciate le chiusure di due collegamenti di trasporto combinato accompagnato in Europa. Che segnale è?

La chiusura della Rola tra Italia e Germania non è una sorpresa, è stata solo anticipata dalla Svizzera che è un paese che spesso fa da guida in Europa su questi temi. La data era stata fissata al 2028 perché, in primis, sono in costruzione i tre nuovi tunnel, inoltre è poi diventato chiaro a tutti che questo tipo di trasporto non genera più profitti. Quindi il messaggio che passa è il seguente: o si passa all’intermodalità vera e propria oppure si va su strada con tutti i rischi e le difficoltà del caso. Parlo per il mio gruppo specializzato in trasporti in Adr. Bisogna considerare che già oggi le merci pericolose non possono attraversare la Svizzera su strada, se i carichi provengono da Nord, dalla Germania per esempio, o fanno un giro più lungo attraverso il Brennero o salgono sul treno. Detto questo, dobbiamo prendere atto che la quota intermodale negli ultimi 5 anni è in calo.
A che cosa si deve?
I livelli di qualità del servizio sono stati messi a dura prova da eventi climatici, frane o incidenti. Questi hanno causato rallentamenti, cancellazioni e quindi saturazione dei terminal. Inoltre, la rete è fortemente compromessa a causa dei moltissimi cantieri aperti con i fondi del Pnrr. Ma occorre dire un’altra cosa importante: per sviluppare veramente l’intermodale occorrerebbe incidere sull’organizzazione dei clienti che dovrebbero abituarsi a fare maggiore programmazione dei viaggi. Se i clienti continuano a passare i carichi un giorno per un altro, il treno non sarà mai competitivo con la strada.
C’è chi dice che l’intermodalità è ormai un megatrend e, una volta rimodernata la rete, anche grazie ai fondi Pnrr, le merci torneranno a viaggiare in treno anche più di prima. Concorda?
Appare una visione fortemente ottimistica. Vorrei sperarlo. Sicuramente sono d’accordo nel dire che l’intermodalità rappresenta un megatrend, ma in futuro dovrà essere più sostenibile, anche economicamente. La debolezza generalizzata delle istituzioni europee non sta aiutando. Un esempio è quello che sta avvenendo in Germania con lo smantellamento e la vendita della divisione cargo di DB. Insomma, per arrivare alla visione ottimistica del megatrend, a mio avviso, mancano alcuni passaggi.
Quali?
Come dicevo prima, occorre un cambiamento di mentalità da parte della committenza: una presa di coscienza relativa alla pianificazione dei carichi. Ma anche un’azione da parte della politica europea che disincentivi il trasporto stradale o, ancora meglio, premi i committenti che scelgono il treno, obbligandoli ad avere una quota crescente negli anni da affidare alle strutture ferroviarie.
Venendo al Gruppo Giezendanner, possiamo fare un bilancio delle attività?
Abbiamo un bilancio in attivo, siamo a poco meno di 100 milioni di fatturato, siamo un operatore intermodale che dialoga con la clientela in grado di dare risposte multiple via strada, treno, in minima parte in nave, offrendo anche una quota rilevante di magazzinaggio.
Quindi tra le vostre attività c’è anche il trasporto stradale?
Certo. I trasporti nel raggio di circa 200 km, dove non è possibile arrivare con il treno. Contiamo su una flotta complessiva di circa 200 mezzi che si sta ampliando con l’acquisto di 15 trattori Scania elettrici che, oltre ad essere ad emissioni zero, vengono ammortizzati anche dal sostegno economico da parte del Governo svizzero. Stiamo ricevendo i primi mezzi in questi giorni. È chiaro che si tratta di un investimento costoso, se si considera che la stazione di ricarica che stiamo costruendo costa circa 3,5 milioni di euro, ma abbiamo bisogno di progettare lo sviluppo in linea con la nostra visione di futuro e con quella dei nostri clienti.