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Il green colorato con gli smart data

Un’indagine svolta in tutta Europa da ABI Research per Verizon Connect rivela che il 46% delle aziende intervistate ha registrato una riduzione delle emissioni di CO2 grazie all’uso della tecnologia GPS e delle sue applicazioni

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È un po’ come il famoso gioco di logica: come si fa a salvare i cavoli dalla capra e la capra dal lupo? Detto in altre parole, la lotta all’inquinamento dei trasporti non passa soltanto per il drastico passaggio alla trazione elettrica a scapito dei bilanci delle aziende e dei posti di chi ci lavora, ma anche attraverso soluzioni che contemporaneamente riducono l’impatto ambientale e migliorano i bilanci aziendali. Anche perché se lo stop ai motori termici nel 2035 appare (sottolineiamo «appare») lontano, l’opinione pubblica è già sull’allerta e non vede di buon occhio chi non si sforza di ridurre il suo impatto sull’ambiente. E i produttori di beni di consumo riversano tale preoccupazione sui loro trasportatori. «Le aziende di medie e grandi dimensioni», spiega Alberto Di Mase, Country Marketing Manager di Verizon Connect Italia, «stanno fornendo priorità alla ecocompatibilità della propria flotta per allinearsi alle aspettative dei clienti ed essere parte integrante di una transizione basata su una maggiore sensibilità verso il cambiamento climatico».

Una ricerca di ABI Research

Verizon Connect è uno dei leader mondiali nei servizi per la connessione dei veicoli e per la gestione delle flotte aziendali e, di fronte alla sfida ecologica, ha deciso di approfondire i vantaggi che gli smart data raccolti dai loro software possono fornire alle imprese sia per migliorare l’impatto ambientale, sia per contenere le spese, sfruttando il binomio minori consumi uguale minore inquinamento e quindi minori costi.
Una ricerca condotta in tutta Europa da ABI Research (per loro conto ma su flotte dotate di tutti i tipi di veicoli) ha rivelato che il rapporto c’è ed è forte: il 46% delle aziende ha registrato una riduzione delle emissioni di CO2 grazie all’uso di tecnologia GPS e delle sue applicazioni sulla propria flotta. «Tramite il capillare impiego degli smart data», spiega ancora Di Mase, «è possibile scoprire quando un mezzo ha bisogno di manutenzione, quanto carburante viene consumato e, grazie alla manutenzione proattiva, è possibile prevedere i guasti prima ancora di aver notato i segni di usura», ma «ancora più rilevante dal punto di vista ecologico, è la segnalazione dello stile di guida degli autisti, i problemi di traffico che richiedono alla vettura di intraprendere un percorso alternativo e l’utilizzo non autorizzato di carburante. Tutti aspetti utili da monitorare per aiutare la flotta a essere il più possibile efficiente e amica dell’ambiente».

Percorsi più efficienti

Ma l’indagine di ABI Research, basata su 1.300 interviste di fleet manager europei, 150 dei quali italiani, ha rivelato anche altri risultati positivi ottenuti grazie al corretto uso degli smart data ai fini ambientali. Il 54%di coloro che ha adottato sistemi di localizzazione GPS della flotta hanno diminuito il consumo di carburante (e dunque l’impatto ambientale). La tecnologia permette poi di correggere i percorsi, anche durante il viaggio, rendendoli più efficienti: i consumi e l’inquinamento prodotti da un ingorgo, con lunghe attese in coda a motore acceso, sono certamente maggiori di quelli di un percorso magari più lungo ma più veloce. Lo studio ABI ha registrato che le aziende equipaggiate con GPS per correggere gli itinerari sono riuscite a migliorare i consumi (e impatto ambientale) del 62%. Quanto ai paralleli vantaggi economici, l’indagine di ABI registra che il 76% delle flotte dotate di un software di localizzazione GPS lo trova «molto» o «estremamente vantaggioso» e il 48% ha raggiunto un risultato operativo positivo entro i 7-12 mesi dall’implementazione.
In questa panoramica europea, peraltro, l’Italia non sfigura: il numero di flotte che utilizzano la tecnologia GPS nel nostro paese è del 73% (dati 2022), il 2% in più della media europea. Colpisce, poi, che la differenza nell’impiego di questa tecnologia tra le imprese piccole (fino a 49 veicoli) e quelle grandi (oltre i 500 veicoli) è minima: il 71% delle prime contro il 78% delle seconde, mentre il divario è più alto nella localizzazione di beni/rimorchi/attrezzature, con il 25% delle prime e il 62% delle seconde.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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