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Non è punibile chi non è grado di riferire l’identità del conducente

Secondo il Giudice di Pace di Lecce non si può sanzionare il proprietario di un veicolo che agisca in buona fede quando dichiari di non poter essere in grado oggettivamente di fornire i dati richiesti su chi era al volante al momento dell’infrazione, a condizione che mostri disponibilità e collaborazione con le autorità preposte

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Oggi rivediamo il tema della mancata identificazione del conducente di un veicolo (in questo caso un’auto, ma il ragionamento varrebbe egualmente per un mezzo commerciale o industriale). Questione da noi già affrontata, che in questo caso però parte da un altro punto di vista del giudice, ovvero la buona fede del proprietario della vettura.

IL FATTO

Il documento che esaminiamo è una sentenza del Giudice di Pace di Lecce (n. 1793/2025) che si occupa di una sanzione inflitta al proprietario di un’auto per non aver saputo fornire l’identità di chi guidava al momento dell’infrazione comminata. La contravvenzione era stata rilevata dalla Polizia locale di Cavallino, cittadina del Leccese, e nel verbale si contestava appunto anche la mancata comunicazione dei dati del conducente. Il proprietario si era difeso dichiarando, tramite PEC, di non sapere chi fosse alla guida, poiché l’auto era usata abitualmente anche da suoi dipendenti.

Sottolineiamo che nel caso di veicolo industriale questo caso potrebbe verificarsi più raramente, vista la «schedule» che solitamente viene predisposta dalle aziende per l’uso dei mezzi, ma che comunque ci potrebbe essere l’ipotesi di un utilizzo illecito o ancora negligente o in via di emergenza, quindi non segnato per distrazione o fretta.

LA DECISIONE

Il GdP di Lecce ha affrontato la questione richiamando alcune sentenze della Corte Costituzionale. Innanzitutto la n. 27/2005, in cui veniva preso in esame l’art. 126-bis Codice della Strada. Questo articolo, come sappiamo, obbliga il proprietario del veicolo a comunicare, entro 60 giorni dalla notifica del verbale, i dati del conducente che ha commesso la violazione. In caso contrario, era prevista una sanzione amministrativa autonoma. Tuttavia tale norma era stata dichiarata incostituzionale nella sua originaria formulazione, poiché permetteva la decurtazione dei punti al proprietario anche se non responsabile diretto della guida. In particolare, il legislatore era intervenuto precisando che il proprietario doveva comunicare i dati del conducente, ma solo in assenza di giustificato motivo.

Seconda sentenza citata dal giudice pugliese la n. 165/2008, che distingue tra chi non collabora e chi invece agisce in buona fede, ma non è in grado comunque di fornire informazioni.

L’organo giudicante si rifà infine all’art. 3 della legge 689/1981, per cui la responsabilità amministrativa è personale e, se l’errore di fatto non deriva da colpa, non è sanzionabile; ed ancora alla giurisprudenza univoca della Suprema Corte, secondo cui la buona fede può costituire causa giustificativa per l’omissione.

Su queste basi di diritto il comportamento del proprietario della vettura è stato considerato dal giudice collaborativo e in buona fede. Poiché in altri termini non è stato in grado di identificare il conducente e avendo tempestivamente comunicato tale impossibilità, il proprietario non può essere sanzionato.

LE CONSEGUENZE

L’invio tramite PEC al Comando della Polizia locale da parte del proprietario del veicolo della comunicazione della non conoscenza dell’identità del guidatore, quindi, testimoniata dai verbali agli atti del processo, dimostra secondo il GdP la sua buona fede, in quanto giustificata e rapidamente dichiarata. L’omissione è stata in questo senso assolutamente «positiva», perché non poteva dare riscontri diversi. Il verbale è stato perciò annullato.

In conclusione la sentenza riafferma che non si può sanzionare chi agisce in buona fede e per questo motivo non è oggettivamente in grado di fornire i dati richiesti, a condizione che mostri disponibilità e collaborazione con le autorità preposte.

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