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Confetra diserta la presentazione del rapporto ART. Marcucci: «È un abominio senza simili in Europa»

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Il 25 giugno, a Roma, si celebra il giorno dell’ART, quello in cui a Montecitorio l’Autorità di Regolazione dei Trasporti, tramite il presidente Andrea Camanzi, illustrerà il rapporto annuale 2019. Ma Confetra ci tiene a sottolineare la sua decisione di non prendere parte all’appuntamento. «Il nostro stile istituzionale è noto a tutti i decisori pubblici – ha puntualizzato il presidente Nereo Marcucci – mai avremmo pensato di giungere a questo punto, ma la situazione non è davvero più sostenibile».

Qual è la ragione di questa presa di posizione? «Sono anni che ART – risponde il presidente di Confetra – tenta, invano, di estendere i propri poteri regolatori su settori e categorie del tutto esclusi dalle funzioni a essa affidate dalla sua stessa legge istitutiva. Abbiamo vinto ricorsi in tutte le sedi amministrative, addirittura fino a un pronunciamento della Corte Costituzionale a noi favorevole». D’altra parte, ricorda Marcucci, l’ART «nasce per regolare l’utilizzo delle infrastrutture rese in concessione dallo Stato in regime di monopolio naturale. Tra queste, certo, non possono rientrare porti o interporti, meno che mai terminalisti portuali o imprese ferroviarie private. Come se non bastasse, a seguito del Decreto Legge Emergenza Genova, ART ora si pone l’obiettivo di assoggettare a regolazione anche imprese logistiche che con le infrastrutture non hanno proprio niente a che fare, e addirittura gli autotrasportatori solo perché caricano o scaricano merci in porto».

«Ora basta» – tuona il presidente – Va sciolto l’equivoco di fondo: ART non può svolgere la sua funzione a carico di una tassa aggiuntiva che le stesse imprese regolate devono pagare – lo 0,6 per mille del fatturato – al regolatore. È un abominio che non ha simili in Europa e che, a nostro avviso, spinge l’Autorità a improprie invasioni di campo business oriented in settori che nulla hanno a che fare con la gestione di una infrastruttura in regime di monopolio naturale». E poi, ribadisce che se veramente l’ART vuole svolgere «le poche (forse) utili» che gli sono state affidate deve farlo «a carico della fiscalità generale come ogni istituzione pubblica che si rispetti».

Infine l’appello di Marcucci al presidente del Consiglio Conte, al ministro Danilo Toninelli, al ministro Luigi Di Maio, al Parlamento tutto, affinché attuino quanto richiesto con numerosi ordini del giorno parlamentari che li vincolavano a verificare il modo di operare di ART, a partire da quelle dimensioni sempre crescenti, anche e soprattutto in termini di personale, che lo stanno rendendo una sorta di secondo ministero dei Trasporti.

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