La subvezione è una pratica diffusa nel settore dell’autotrasporto, ma qual è il suo reale impatto sulle imprese? Un sondaggio condotto sulle nostre pagine social ha fornito un quadro chiaro: più della metà dei rispondenti (52,2%) opera come vettore di primo livello, ovvero prendendo il carico dal committente senza intermediari, mentre il restante 47,8% – una percentuale tutt’altro che trascurabile – si trova all’interno della catena di subvezione, confermando quanto il fenomeno sia radicato nel settore.
Entrando nel dettaglio, il 21,7% degli intervistati opera come secondo vettore, mentre il 26,1% arriva fino al terzo livello (e quindi di fatto sulla base di un contratto nullo). Oltre questa soglia, nessuno dichiara di essere «attivo», segno che la subvezione oltre un certo punto diventa difficilmente praticabile, probabilmente a causa di un’eccessiva frammentazione della filiera.
Quanto è accettabile lavorare in subvezione?
Il sondaggio ha quindi approfondito quale percentuale di fatturato derivante dalla subvezione sia considerata sostenibile. Il 36% dei rispondenti ritiene che il limite massimo debba restare sotto il 10%, mentre il 40% lo accetta tra il 10% e il 20%. Solo il 12% considera sostenibile spingersi fino al 30% e un ulteriore 12% è disposto ad andare anche oltre.
Dati che suggeriscono come la subvezione sia comunque affrontata con cautela dalla maggior parte degli operatori: sebbene una quota controllata di fatturato destinata a questa pratica possa essere tollerata, superare certe soglie rischia di trasformare l’azienda che si limita a delegare il trasporto in qualcosa di diverso rispetto a un autotrasportatore.

I rischi (non sempre noti) della subvezione
Uno degli aspetti più critici emersi è quello assicurativo: il 64% dei partecipanti al sondaggio sapeva che, dal secondo livello in poi, l’assicurazione potrebbe rivalersi sul vettore in caso di danno, ma il 36% ne era all’oscuro.
In pratica, un operatore su tre non è pienamente consapevole delle implicazioni legali ed economiche della subvezione, rimarcando la necessità di una maggiore informazione e trasparenza nei contratti , così da garanti re che chi opera in filiera conosca i rischi e possa tutelarsi adeguatamente.
Dove si risparmia quando i margini si riducono?
Un altro aspetto delicato riguarda le conseguenze economiche della subvezione. Poiché questa pratica erode i margini di guadagno, su quali voci di costo si tende a risparmiare? Per oltre la metà dei partecipanti al sondaggio (53,8%), il primo costo a essere sacrificato è quello del personale, con retribuzioni più basse e minori investi menti nella formazione. Il 26,9% indica come area critica la sicurezza, sia in termini di tecnologie di sicurezza attiva e passiva, sia per quanto riguarda gli investimenti strutturali in questo campo. L’11,5% sottolinea, invece, come la pressione economica porti al mancato rispetto dei tempi di guida e riposo, aumentando il rischio di incidenti, mentre il 7,8% segnala risparmi sulla manutenzione del mezzo, con possibili conseguenze sulla sicurezza e sull’efficienza operativa.
In definitiva, il sondaggio conferma che la subvezione, se eccessivamente estesa, può diventare un fattore critico per la stabilità delle imprese di autotrasporto, riducendo sicurezza, sostenibilità economica e qualità del lavoro.

Questo articolo fa parte del numero di marzo/aprile 2025 di Uomini e Trasporti: un numero che contiene un’ampia inchiesta sul fenomeno della subvezione nell’autotrasporto, con numeri, approfondimenti e voci dal settore.
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