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10 domande a… Domenico Lizzi

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CARTA DI IDENTITÀ

NomeDomenico
CognomeLizzi
Età45
Stato Civileconiugato
Punto di partenzaPescara
Anzianità di Servizio23 anni
Settore di attivitàtrasporto rifiuti
  • Come mai hai scelto di salire sul camion?

A differenza di molti, non ho parenti in famiglia che mi hanno insegnato il mestiere, non mi considero un «feticista» del camion né sono uno di quelli che «lo faccio per passione». All’epoca, erano i primi anni 2000, decisi di fare l’autista per scelta economica. Le paghe erano buone. Si guadagnava più del doppio rispetto a un operaio. Poi i tempi sono cambiati, è arrivata la crisi e le cose sono andate sempre peggio. Ma in qualche modo sono rimasto legato al camion.

  • Cosa ti ha convinto a restarci?

Beh, sai, dopo un certo numero di anni che fai un mestiere, poi è difficile cambiare. Anche perché la vita da autista non ti permette di frequentare scuole o formarti in altro. Questo è ormai il mio lavoro e continuo a svolgerlo come se facessi qualsiasi altra occupazione, con impegno e professionalità.

  • Cosa trasporti?

Lavoro presso un’azienda del pescarese che si occupa di smistamento e trasporto di scarti industriali di vario tipo: carta, cartone, ferro, rame, televisori, macchinari non più utilizzati ecc. Il mio compito è trasportare questi rifiuti verso gli impianti di smaltimento dedicati, che in genere si trovano al Nord Italia o all’estero.

  • E il viaggio di ritorno?

Se c’è merce da ritirare per il nostro impianto a Pescara, la ritiriamo. Altrimenti c’è il conto terzi.

  • Com’è lavorare nel settore rifiuti?

Sicuramente non ti annoi. Ogni viaggio è diverso dall’altro. Trasportando vari materiali, si cambiano tanti tipi di rimorchio. Devi essere pratico con centinati, cisterne, ribaltabili, cassonati, casse mobili. Insomma, devi avere le competenze per saper fare tutto.

  • E le tue passioni?

I libri, la cucina e la musica. E fare video sul mio canale YouTube.

  • Dicci di più sulla tua attività da youtuber…

È una passione nata per caso. Alcuni anni fa mi imbattei in due autisti che non riuscivano a chiudere il telone di un camion. Erano anziani, quelli che io chiamo «gli ex», cioè persone che avevano cambiato lavoro o avevano la vecchia patente del militare. Col tempo incontrai anche altre persone di una certa età poco avvezze al mestiere. Nacque così l’idea di fare video didattici e aprii il canale «sQuola di camion», volutamente con la «Q» per dare l’idea di un approccio elementare, in cui spiegavo, ad esempio, come si lega un carico, come si cambia una ruota, a cosa stare attenti.

  • Come è proseguito questo progetto?

Col tempo si è trasformato e oggi è diventato piuttosto un canale di attivismo in cui parlo dei diritti degli autisti.

  • A proposito di tutele, c’è qualcosa di cui non si parla abbastanza e che invece meriterebbe più considerazione?

L’assenza dei defibrillatori nelle nuove aree di sosta per camion. Nei regolamenti europei c’è scritto di tutto, da quanti watt devono avere le lampadine dei parcheggi a quanta distanza ci dev’essere tra l’erba e il recinto, ma dei defibrillatori non c’è traccia. È assurdo. Anche perché la nostra professione è tra le più a rischio per gli infarti.

  • Se dovessi fare un ritratto del camionista moderno, come lo dipingeresti?

Imbruttito, incazzato e sempre in polemica, anche con i nostri stessi colleghi. Il fatto è che la solitudine di questo lavoro è pesante. Quando trascorri parecchio tempo con te stesso, cominci a farti tanti ragionamenti che poi quelli degli altri ti sembrano tutti sbagliati e solo i tuoi sono giusti. E quindi critichi tutto e tutti. Io stesso ricado in questo leitmotiv.

Per leggere altre interviste ai protagonisti della strada, vai a «Voci on the road».

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