Un’Europa molto poco ferroviaria sul fronte del cargo e un’Italia a macchia di leopardo, ma con un Sud fanalino di coda quando si tratta di mettere le merci sui binari. È la foto scattata dal rapporto “Intermodalità e tendenze del trasporto merci in Europa” dal Research Department di Intesa Sanpaolo, sviluppato nell’ambito del programma europeo MOST (Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile) dall’economista Laura Campanini (leggi qui l’articolo sull’Europa e quello sulle regioni italiane). “Esistono vari fattori che possono incidere sulle decisioni delle imprese in merito al tipo di trasporto da utilizzare – spiega l’economista in questa intervista – Dall’analisi emerge che le caratteristiche dei prodotto sono importanti”.
Abbiamo visto che la quota del trasporto ferroviario delle merci rimane residuale, a tutto vantaggio della modalità stradale. Perché Banca Intesa Sanpaolo sta indagando questi trend?
Il Research Department di Intesa Sanpaolo ha partecipato a un progetto di ricerca nell’ambito del programma europeo MOST (Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile) che ha lo scopo di promuovere e sostenere lo sviluppo di soluzioni di mobilità moderne, sostenibili e inclusive in tutta Italia. In tale ambito il focus del nostro contributo è stato sul trasporto merci e sulla sostenibilità di tale servizio nella consapevolezza che fra le diverse modalità di trasporto, il ferroviario è quello che risulta strategico per l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2, l’inquinamento e la congestione delle strade.
Secondo il rapporto, tra le criticità più importanti, ci sarebbe l’insufficienza di risorse per l’intermodalità, in particolare in Paesi come Italia e Spagna che scontano un debito pubblico elevato. Quali misure servirebbero per superare l’impasse?
Gli sforzi dei prossimi anni dovranno innanzitutto portare al completamento della rete principale della TEN-T, la Trans-European Transport Network. I dati mostrano che gli investimenti in infrastrutture ferroviarie dei Paesi europei si sono posizionati su livelli modesti. Ma non è solo un tema di investimenti infrastrutturali, si tratta anche di superare i problemi legati alla disomogeneità della rete, alla frammentazione nella regolamentazione, alla scarsa diffusione di piattaforme digitali comuni. Sia il rapporto Draghi sia il rapporto Letta convergono su questi aspetti: armonizzazione normativa, semplificazione amministrativa, rafforzamento infrastrutturale e promozione dell’innovazione tecnologica sono fondamentali per superare le rigidità strutturali e istituzionali che oggi ostacolano l’intermodalità, favorendo in questo modo la transizione verso un sistema di trasporti europeo più efficiente, competitivo e sostenibile.
Veniamo all’Italia. Abbiamo visto che le regioni più “ferroviarie”, ovvero che usano maggiormente i binari per le merci sono Umbria, Friuli-Venezia Giulia e Liguria. Forse perché scontano gap importanti anche sul piano delle infrastrutture stradali?
Esistono numerosi fattori che possono influenzare le decisioni delle imprese in merito al tipo di trasporto da utilizzare per lo scambio di merci, tra gli altri: il paese di destinazione, le dimensioni e il peso delle merci trasportate, la velocità di consegna (ad esempio, merci deperibili), norme e regolamenti (ad esempio, riguardanti il trasporto di animali), considerazioni ambientali o di sicurezza (ad esempio, merci pericolose). Ad incidere sulle decisioni si pongono anche ovviamente le dotazioni infrastrutturali, le interconnessioni disponibili fra diverse modalità di trasporto (intermodale), nonché gli aspetti legati alle procedure. Dall’analisi emerge che le caratteristiche dei prodotti sono importanti. A livello settoriale, si evidenzia infatti la maggiore incidenza delle esportazioni che utilizzano il treno per i prodotti in metallo, per i mezzi di trasporto, per i prodotti del settore chimico, della gomma e della plastica. Considerando il totale delle esportazioni che viaggiano su treno, i due terzi delle quantità si riferiscono a prodotti di quattro specifici settori: minerali metalliferi ed altri prodotti, coke e prodotti petroliferi raffinati, prodotti alimentari, bevande e tabacchi, chimica, gomma e plastica.
Al Sud invece la modalità ferroviaria rimane molto al di sotto della (già bassa) media nazionale…
Esatto, i dati ci dicono che con l’unica eccezione dell’Abruzzo dove l’11,4% delle quantità esportate viaggia su ferro, le altre regioni del Mezzogiorno mostrano una modesta propensione a utilizzare il trasporto ferroviario sia per le importazioni sia per le esportazioni verso e dai paesi europei: la quota modale ferro è inferiore al 3% per tutte le regioni del Mezzogiorno.
Infine, dal rapporto emerge che l’abbigliamento prodotto in Toscana e Veneto viaggia sostanzialmente su strada. Non stupisce, ma viene da chiedersi perché, visto che si tratta di merce sostanzialmente non deperibile…
La preferenza per il trasporto su gomma dei prodotti del tessile-abbigliamento e della pelle è strettamente legata alle caratteristiche che, anche se non sono deperibili, presentano altre peculiarità che influenzano le scelte modali. I tessili hanno in genere pesi elevati e alto valore, mentre quelli dell’abbigliamento si contraddistinguono per l’ingombro dovuto al packaging utilizzato per i capi appesi. Per quanto riguarda i prodotti della filiera della pelle sono tipicamente prodotti TAG (Theft Attractive Goods) e hanno necessità di essere monitorati con grande precisione. L’elevato valore richiede maggiore possibilità di controlli durante il trasporto, tipicamente più accurati nel caso del trasporto su strada. Il trasporto è tipicamente su gomma anche per garantire tempi di consegna più compressi e maggiore flessibilità necessaria per rispondere tempestivamente alle mutevoli esigenze dei clienti. Il trasporto su ferro è più difficile perché richiede tempi di transito più lunghi. Spesso la dimensione dei lotti scoraggia il trasporto intermodale che è tipicamente caratterizzato dal carico completo.
CHI E’ LAURA CAMPANINI
Economista Responsabile dell’attività di ricerca su Local Public Finance all’interno del Research Department di Intesa Sanpaolo. Dal 2001 si occupa di servizi pubblici locali, sviluppo territoriale, sostenibilità, finanza locale, economia industriale. Dopo la laurea in Discipline economiche e sociali presso l’Università Bocconi ha collaborato con l’Università Bocconi, l’Università Bicocca e l’Università Statale in ambito didattico e di ricerca. Successivamente ha lavorato presso IRS, Istituto per la Ricerca Sociale e Federchimica, Direzione centrale Studi e Analisi economiche.


