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Quando il Tutor non prova l’eccesso di velocità

Il giudice di pace di Reggio Emilia ha stabilito che l’omologazione dell’apparecchiatura di rilevazione è un atto primario e imprescindibile e deve essere dimostrata, non bastando la semplice approvazione del dispositivo

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È toccato al giudice di pace di Reggio Emilia – con una sentenza dello scorso 8 maggio – esaminare l’ennesima contestazione di un’ordinanza del Prefetto che imponeva il pagamento di una multa per eccesso di velocità rilevata da un tutor. Ma in questo caso la motivazione è in parte differente rispetto a quelle che abbiamo esaminato in passato. Vediamo perché.

IL FATTO

Il ricorrente (difeso dall’avv. Roberto Iacovacci) si opponeva all’ordinanza/ingiunzione per una multa di 346 euro comminata dalla Polizia Stradale per violazione dell’art. 142 comma 8 Codice della Strada (superamento liniti di velocità) lungo l’A1 Milano Roma Napoli, direzione Nord, nel tratto del Comune di Reggio Emilia. Tra i motivi del ricorso si contestava in particolare la legittimità del verbale per omessa indicazione dell’omologazione/approvazione del sistema di rilevamento SICVE (ovvero quello che comunemente viene chiamato tutor). A questa motivazione il Prefetto di Reggio Emilia opponeva la legittimità del verbale, ritenendo equivalenti i termini omologazione e approvazione dei dispositivi, e concludeva chiedendo il rigetto del ricorso e la conferma dell’ordinanza impugnata.

LA DECISIONE

Dopo aver respinto l’eccezione di nullità dell‘ordinanza ingiunzione impugnata, il giudice reggiano ha però dato ragione nel merito all’utente multato. Il punto è la mancata indicazione nel verbale dei dati relativi alla prescritta omologazione del tutor. Infatti – dice l’organo giudicante – la rilevazione della velocità risulta essere stata effettuata da apparecchiatura SICVE approvata, provvista di taratura e sottoposta a verifiche di funzionalità. Ma «l’art.142 comma 6 CdS stabilisce che per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate». Come recita l’art.192, commi 1-2-3. Reg. CdS, l’omologazione viene stabilita dall’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del ministero dei Lavori Pubblici, anche mediante prove. In questo modo viene attestata «la rispondenza e l’efficacia dell’oggetto di cui si richiede l’omologazione alle prescrizioni stabilite dal regolamento, omologando il prototipo quando gli accertamenti abbiano dato esito favorevole». Inoltre, l’art. 345, comma 2, Reg. CdS stabilisce che «le singole apparecchiature devono essere approvate dal ministero dei Lavori Pubblici». Da queste norme il giudice di pace deduce che l’omologazione è finalizzata a verificare la rispondenza e l’efficacia di un determinato apparecchio (e non solo del prototipo omologato) alle prescrizioni stabilite nel predetto regolamento e il comma 3, in tema di approvazione, specifica che essa riguarda la richiesta relativa a elementi per i quali il regolamento non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni.

L’omologazione, insomma, è un atto primario e imprescindibile, come riconosciuto anche dalla sentenza n. 113/2015 della Corte Costituzionale con riferimento agli autovelox quali strumenti di misura della velocità e, di conseguenza, riguarda tutte le apparecchiature utilizzate per accertare la velocità su strada. Non è invece sufficiente l’approvazione che deve essere riferita soltanto a quelle apparecchiature che non fanno sanzioni, come i rilevatori del flusso del traffico o l’etilometro.

LE CONSEGUENZE

Tirando le somme, le risultanze di apparecchi non omologati «non possono quindi essere considerate fonti di prova dell’accertamento della velocità… né prova certa della perfetta funzionalità del modello utilizzato e dell’attendibilità dei rilievi dell’apparecchiatura».Di conseguenza, in mancanza di mezzi di prova, le sole deduzioni della Polizia di Stato inserite nel verbale di contestazione non consentono di ritenere sufficientemente provata la responsabilità dell’opponente per la violazione contestata. Lo ribadisce anche la Cassazione, che in una sentenza del 2022 ha spiegato che «la prova dell’esecuzione delle verifiche sulla funzionalità ed affidabilità dell’apparecchio non è ricavabile dal verbale di contravvenzione, il quale non fa fede fino a querela di falso, non rivestendo gli elementi della fede privilegiata in ordine all’attestazione degli agenti circa il corretto funzionamento dell’apparecchiatura al momento della rilevazione dell’eccesso dì velocità»).

Pertanto, il ricorso è stato accolto, l’ordinanza del Prefetto annullata e le spese di giudizio interamente compensate tra le parti.

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