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Se il vettore italiano non ha voce in capitolo

Ho letto che in un recente incontro bilaterale in materia di autotrasporto internazionale tra Italia e Serbia, è emerso che le imprese italiane del trasporto sono del tutto irrilevanti o assenti nell’interscambio commerciale. È davvero così? A cosa è dovuta la scarsa appetibilità dei nostri vettori? Inoltre, cosa sta facendo l’Europa per rendere più agevoli le restrizioni transfrontaliere?
Giovanni P_Udine

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In effetti, alcune questioni che in questi ultimi mesi hanno interessato l’autotrasporto di merci  meritano particolare attenzione per le possibili ripercussioni sull’attività delle imprese italiane del settore, e anche per l’intera economia nazionale. La prima problematica è emersa appunto in occasione dell’incontro fra Italia e Serbia in materia di autotrasporto internazionale di merci, tenutosi nel mese di giugno, dove sono passate sotto silenzio le decisioni assunte sulle autorizzazioni bilaterali, se si esclude la reazione di Anita, la sola associazione di categoria presente ai lavori: pur non essendo stata accolta la richiesta di parte serba di liberalizzare i trasporti da e verso l’Italia, in anticipo rispetto all’adesione all’Unione europea (tuttora in stand by), è stato confermato per il 2024 il contingente di autorizzazioni, senza tener conto del fatto che la relazione di traffico è praticamente monopolizzata dai vettori serbi (per il 75%) e da quelli di Paesi terzi con permessi CEMT, con assenza pressoché totale del vettore italiano. Appare evidente, infatti, come la mancanza di reciprocità nell’utilizzo dei permessi sia in contrasto con gli obiettivi dell’accordo bilaterale esistente fra i due Paesi.

Anita ha portato il problema a livello di Governo, sottolineando gli effetti negativi dei continui aumenti di contingenti autorizzativi con diversi Paesi non comunitari, con conseguente liberalizzazione di fatto dei trasporti stradali di merci. Sta di fatto che i committenti preferiscono tuttora vendere la merce «franco-fabbrica», e perciò il vettore viene scelto dal compratore, che è anche il destinatario del trasporto. C’è quindi da augurarsi che sia attivato il tavolo di confronto con i ministeri competenti e le organizzazioni associative di rappresentanza dei diversi operatori interessati, richiesto da Anita, e che in quella sede si affronti con priorità l’obiettivo di incentivare il «franco-destino», come da tempo sostenuto, per tutelare l’interscambio commerciale italiano, dai diversi Piani dei trasporti e della logistica redatti nell’ambito del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Un altro tema da prendere in considerazione riguarda la recente presentazione, da parte della Commissione europea, del «Pacchetto ecologico per il trasporto merci», allo scopo di aumentare l’efficienza all’interno del settore e contribuire all’obiettivo di ridurre le emissioni dei trasporti del 90% entro il 2050, come stabilito nel Green Deal europeo: si tratta di tre atti legislativi che mirano a spostare le merci dalla strada alla ferrovia e alle vie navigabili, a ridurre l’impronta del carbonio nel settore del trasporto merci, a rendere più facile e preciso il calcolo delle emissioni di gas serra, nonché a reprimere il cosiddetto greenwashing, ovvero la pratica, da parte di molte aziende, di pubblicizzare iniziative e attività green non veritiere o fuorvianti.

Fra le proposte del Pacchetto, vanno sottolineate:

  • l’incentivazione all’acquisto di autocarri a basse emissioni, attraverso una nuova direttiva destinata a rivedere le norme sui pesi e le dimensioni dei mezzi pesanti, consentendo un peso aggiuntivo per i veicoli che utilizzano tecnologie a zero emissioni e incoraggiando la diffusione di cabine più aerodinamiche e altri dispositivi per il risparmio energetico. La Commissione ritiene che, con lo sviluppo della tecnologia e il minor peso dei sistemi di propulsione a zero emissioni, i veicoli più puliti potranno beneficiare di un carico utile supplementare rispetto agli autocarri convenzionali. La nuova direttiva tenderà anche a promuovere il trasporto intermodale con un’unità di carico standardizzata, autorizzando gli autocarri, i rimorchi e i semirimorchi a trasportare un peso supplementare e ad avere una maggiore altezza, per facilitare il trasporto di container con veicoli standard;
  • un approccio metodologico comune, basato sulla norma ISO/CEN (recentemente adottata per la quantificazione e la comunicazione delle emissioni di gas serra inerenti il trasporto di passeggeri e merci), per il calcolo delle emissioni da parte delle imprese che decidono di rendere pubbliche le relative informazioni, oppure sono obbligate a condividerle per motivi contrattuali. Si tratta di un’iniziativa di particolare interesse, in quanto consentirà di valutare la qualità dei servizi di trasporto anche sulla base di dati affidabili sulle emissioni inquinanti dei veicoli utilizzati.

Si tratta di proposte da seguire con attenzione nel corso dell’esame del Parlamento europeo e del Consiglio, nell’intento di favorire l’attuazione del Green Deal senza penalizzare le ragioni dell’economia.

Clara Ricozzi
Clara Ricozzi
ex direttore di dipartimento c/o ministero Trasporti
Scrivete a Clara Ricozzi: ministerieco@uominietrasporti.it

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