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I tempi delle mele | #cosedifiliera

Ci vogliono autisti bravi e preparati, in grado di manovrare il bilico nel fango delle stradine di campagna. Ma soprattutto, per fare in modo che le mele - di cui l'Italia è il secondo produttore europeo – raggiungano le nostre tavole il più integre possibile, ci vuole rapidità. Per raggiungere il campo, caricare i pesantissimi bins nel cassone, tornare indietro fino agli stabilimenti refrigerati del distributore e rientrare in sede, passano appena otto ore. Piene di profumi e di colore

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Bisogna fare in fretta. Raccogliere dal coltivatore i bins ricolmi di dolci e croccanti mele e caricarli sul semirimorchio centinato. Su un bilico di 13,6 metri ce n’entrano 96 di questi grandi contenitori di plastica rigida lunghi 120 centimetri, larghi 80 e alti 60, ciascuno capace di accogliere un migliaio di mele Fuji (quelle succose, dal colore rosso-rosato) o di mele Golden (quelle leggermente acidule, prevalentemente gialle, con qualche puntino scuro). Ancora di più se si tratta di frutti più piccoli, come le Annurche o le Renette.

Ma le varietà di mela sono infinite. In Italia se ne contano circa 2 mila; la più diffusa è la Golden Delicious: se ne raccolgono oltre 650 milioni di chili, davanti alla Gala (riconoscibile dalle tipiche sfumature rosse e dai profumi e sapore aromatici) con quasi 400 milioni di chili e dalla Red Delicious con 240 milioni di chili contro gli oltre 150 milioni di chili per le Granny e le Fuji che sono fra le ultime a essere raccolte, in ottobre, a fine stagione. Tutte con un loro aspetto, un loro sapore e, soprattutto un loro profumo particolare, che obbliga a sciacquare e igienizzare i bins a ogni viaggio e a metterli ad asciugare capovolti per evitare che l’aroma delle mele appena scaricate si trasferisca a quelle da caricare domani.

Dal campo al consumatore

Bisogna fare in fretta. Perché, qualunque sia la varietà di mele che hanno a bordo, i camion devono farle arrivare al più presto nei magazzini refrigerati dei distributori (che ne hanno contrattato l’acquisto dal produttore) e scaricarle su un nastro, dove una macchina calibratrice le suddivide per dimensioni e qualità (tre livelli di qualità, seguiti da un controllo umano finale) e un’altra le bollina con quel marchietto adesivo che ne brandizza la provenienza, prima di farle ripartire verso i mercati ortofrutticoli o verso le industrie di trasformazione. E non solo in Italia, ma in tutta Europa: dalla Germania (che assorbe da sola oltre il 40 per cento delle nostre esportazioni di questo frutto) alla Spagna, dal Regno Unito alla Svezia, dalla Norvegia ai Paesi Bassi, dall’Austria alla Danimarca: in totale un saldo import-export di mele pari a quasi 800 milioni di euro.

L’Italia è il secondo Paese produttore europeo di mele

Ogni anno raccogliamo intorno ai due milioni di tonnellate di mele e tutte di grande qualità (il nostro Paese è secondo, dietro alla Polonia). Da noi ci sono ben 23 varietà che hanno riconoscimenti come la Denominazione d’origine protetta (DOP), l’Indicazione geografica protetta (IGP) o sono registrate come autoctone. E si concentrano per lo più in Alto Adige e in Trentino, dove le stime della produzione 2020 si avvicinano al milione e mezzo di tonnellate, praticamente i tre quarti della raccolta totale.

Franco Nardello, presidente del Consorzio Trasportatori Asolani (CTA).

Ma bisogna fare in fretta. «Abbiamo otto ore di tempo, una giornata di lavoro», spiega Franco Nardello, presidente del Consorzio Trasportatori Asolani (CTA), di Asolo, dove le Prealpi trentine degradano nella pianura veneta in una posizione strategica, alle falde dei rilievi dove spuntano frutteti (i meli crescono fra i 200 e i mille metri sul livello del mare) e a metà strada verso i principali assi autostradali. «E abbiamo bisogno», aggiunge, «di autisti svegli e preparati. Capaci di manovrare un bilico nel fango delle stradine di campagna, perché la mela si raccoglie a ottobre, quando le prime piogge hanno già inzuppato i percorsi». E spiega, con scrupolosa precisione, che il «bilico» è il trattore più il semirimorchio, più difficile da manovrare della «motrice» che ha attaccato un cassone di sei metri, ma meno dell’autotreno che alla motrice aggiunge un rimorchio di otto metri.

Non solo mele

Del trasporto di mele e della frutta in genere è un esperto Walter Filippin, direttore del Consorzio. Nato nel 1993, il CTA conta una cinquantina di mezzi – per lo più bilici, ma anche sei autotreni – e lavora per lo più nel siderurgico, ma un buon 15% dell’attività – tra giugno e novembre – è dedicata alla frutta: «A giugno le ciliegie, a fine agosto le pere, verso metà ottobre le mele, a novembre i kiwi», calendarizza. Ma il settore da qualche anno è in difficoltà, soprattutto le pere. «Da quando l’Unione europea ha tolto i contributi per le pere William, la produzione è crollata: i coltivatori hanno tolto i peri e hanno piantato vigneti per coltivare uve da prosecco». Reggono i kiwi: mezzo milione di tonnellate (i dati sono del 2018), secondo paese produttore mondiale, dietro i 2 milioni della Cina, superando anche la natia Nuova Zelanda (solo 400 mila tonnellate) per un frutto che, aggiunge Filippin, «tutti dicono che è più buono di quello neozelandese».
E reggono le mele. Che anzi nel 2019 hanno potuto approfittare di una stagione inclemente nell’Est europeo, con una gelata a maggio che ha dimezzato la produzione polacca e fatto crescere il nostro export del 40%. E nel 2020, tutto sommato hanno resistito anche al Covid: i cali dell’Alto Adige (-7%) e dell’Emilia Romagna (-8%) sono stati in gran parte compensati dagli aumenti del Friuli (3%), del Trentino (5%), del Piemonte (13%), della Lombardia (17%). Il danno principale, semmai, il Covid lo ha provocato alla raccolta, con gli ordini di quarantena che hanno trattenuto nei paesi d’origine i lavoratori stagionali stranieri che ogni anno si spostano nel Nord Est per la stagione.

Una missione in otto ore

Ma una volta staccate dall’albero, anche quest’anno le mele hanno potuto cominciare il loro lungo cammino verso le nostre tavole, viaggiando nel bilico di un’autista che ha dovuto raggiungere il frutteto sulle stradine di montagna, caricare nel cassone i pesantissimi bins, fare il viaggio a ritroso fino agli stabilimenti refrigerati del distributore e rientrare in sede. Il tutto in otto ore: perché bisogna fare in fretta se si vuol far arrivare nelle case la mela ancora integra. Sono stretti, molto stretti, i tempi delle mele.

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