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Il paradosso italiano della carenza di autisti

Cresce la domanda di lavoro delle imprese di autotrasporto, ma il 40,9% del personale non si trova. È la contraddizione di un sistema che sta mettendo a serio rischio la normale operatività del comparto. Ad incidere sul difficile reperimento di conducenti è la concorrenza delle imprese di Paesi con un basso costo del lavoro, ma anche il peso della nostra tassazione, che è tra le più elevate d'Europa. E poi c'è il fattore «green pass» che sta mettendo in agitazione le aziende, con i nodi che restano da scogliere da qui al 15 ottobre in merito alla sua obbligatorietà per il personale viaggiante. Tempismo perfetto per rendere il quadro ancora più incerto

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Il settore del trasporto e della logistica sta vivendo una delle stagioni più delicate della sua storia, compresso da stati tensionali di segno opposto.

Da un lato, gli indicatori di mobilità e di attività produttiva stanno registrando un marcato recupero. Sta inoltre crescendo la movimentazione delle merci, tanto è vero che nei primi sette mesi del 2021 le vendite al dettaglio hanno recuperato i livelli pre-Covid-19, mentre sale la domanda di servizi di spedizioni indotta dal boom dell’e-commerce. 

Dall’altro lato, a fronte della crescita della domanda di lavoro delle imprese di autotrasporto, corrisponde una grande difficoltà di trovare personale. Una recente indagine di Confartigianato Trasporti stima al 40,9% la percentuale di posizioni lavorative di difficile reperimento nel settore dell’autotrasporto, una quota che risulta in aumento di oltre due punti rispetto al già elevato 38,8% di due anni prima. Un problema, questo, che sta mettendo a serio rischio la normale operatività del comparto.

Dall’indagine emergono poi altri dati interessanti che dettagliano il fenomeno in profondità. Il reperimento del personale è maggiormente critico con l’innalzamento dell’età media dei lavoratori: in cinque anni la quota di dipendenti over 50 delle imprese di autotrasporto è aumentata di 8,4 punti, passando dal 24,9% al 33,3%.

In chiave territoriale, le entrate di autisti di camion che sono difficili da reperire rappresentano il 44,7% della domanda prevista, con valori che superano la metà degli ingressi previsti dalle imprese in Trentino Alto Adige con il 60,3%, Friuli Venezia Giulia con il 58,7%, Veneto con il 57,0%, Toscana con il 54,0%, Emilia Romagna con il 53,2%, Umbria e Marche, entrambe con il 52,3%.

Ma quali sono i fattori che hanno influenzato questa situazione? Sicuramente spicca la concorrenza delle imprese di Paesi con un basso costo del lavoro, che hanno conquistato quote di mercato crescenti nella movimentazione internazionale delle merci. Confartigianato Trasporti, nella sua analisi basata su dati Eurostat, scrive che «il costo medio del lavoro delle imprese di autotrasporto dei dieci Paesi maggiori competitor nel trasporto internazionale tra Italia e Unione Europea è più che dimezzato (-58,4%) rispetto a quello delle imprese di autotrasporto italiane, il quale, a sua volta, è superiore del 16,3% alla media del costo sostenuto dalle imprese francesi, tedesche e spagnole».

Tra l’altro, sottolinea sempre l’associazione, sul gap di concorrenza delle imprese dell’autotrasporto e sull’attrattività della professione pesa anche il più elevato cuneo fiscale, che in Italia nel 2020 è stato del 46,0%, contro il 34,6% della media dei paesi Ocse.

«La problematica della mancanza di autisti, che segnaliamo ormai da tempo – sottolinea il Presidente di Confartigianato Trasporti Amedeo Genedani – sta emergendo in tutta la sua gravità. Occorrerebbe, da un lato, attenuare l’emergenza con misure shock di immediato impatto, quale la previsione di incentivi pubblici per il conseguimento dei costosi titoli abitativi alla guida e sgravi sulle assunzioni di nuovi conducenti. Dall’altro, creare le premesse culturali e normative per valorizzare il ruolo dell’autotrasportatore, rendendo attraente per giovani, disoccupati ed inoccupati una professione sostanzialmente disprezzata nonostante il ruolo essenziale e strategico per l’economia».

Per l’associazione il rischio che si profilerebbe all’orizzonte, senza la messa in campo di correttivi, è quello di un blocco delle attività economiche con il conseguente mancato approvvigionamento dei beni di prima necessità. Un rischio che potrebbe aggravarsi a partire dal 15 ottobre, giorno in cui entrerà in vigore l’obbligo per le aziende di munirsi del green pass per accedere ai luoghi di lavoro. Il dibattito sull’introduzione di questa normativa, o meglio sui nodi ancora da sciogliere che stanno mettendo in apprensione le imprese, ha infiammato le associazioni destabilizzando non poco il comparto dell’autotrasporto.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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