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Eccesso di velocità, i dati del tachigrafo non provano l’infrazione

Anche il Giudice di Pace di Todi dà ragione a un trasportatore con due motivazioni: con la lettura postuma del tachigrafo e senza certezza del luogo dell'infrazione, il conducente non può essere stato informato dell'accertamento; i dati mostrano la velocità media su un percorso, ma in alcuni brevi tratti (discese) la legge può ammettere uno sforamento di velocità

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Si sta ancor più consolidando la tendenza giurisprudenziale a non considerare le registrazioni cronotachigrafiche come prova che dimostra inconfutabilmente l’eccesso di velocità di un veicolo pesante. Anche il Giudice di pace di Todi ha dato infatti ragione a un trasportatore, difeso dall’avvocato Roberto Iacovacci, che si era visto multare dalla Polizia Stradale di Perugia – ed essere raggiunto successivamente da un’ordinanza della Prefettura della stessa città – per un’infrazione di eccesso di velocità, dedotta esaminando la documentazione estratta a posteriori dalla memoria del cronotachigrafo.

Nella sentenza il Giudice ha premesso che “la normativa sull’eccesso della velocità è stata negli anni sempre più attenta, sino a giungere all’attuazione piena del principio che l’accertamento deve essere certo e documentalmente esaminabile anche in epoca successiva all’infrazione. E così l’eccesso di velocità è certamente riscontrabile solo con strumentazione atta alla rilevazione e di cui se ne abbia una taratura certa, ossia si abbia la certezza del suo funzionamento”

L’organo giudicante aggiunge però che la legislazione è poi andata oltre e ha previsto delle comunicazioni all’utente della strada che, nel caso di postazioni di accertamento fisse, sono date da un primo cartello di avvertenza dell’accertamento ed un secondo cartello che indica qual è l’autorità che esegue il controllo. “Se l’accertamento è eseguito con la lettura del cronotachigrafo – ne deduce il giudice – queste avvertenze, ovviamente, non possono essere comunicate perché, nel caso in esame, il rilievo è fatto in modo postumoné può essere individuato con certezza il luogo dell’avvenuta infrazione”. Come segnalato infatti dalla difesa, il posto dove il veicolo avrebbe infranto il limite non è riportato nel verbale e quindi non è certo che il trasportatore fosse stato “notiziato” dell’accertamento con apposita cartellonistica laddove ha commesso l’infrazione.

Un secondo argomento a favore del camionista è che il riscontro della velocità attraverso la lettura del cronotachigrafo può paragonarsi a quello che avviene in autostrada tramite tutor, poiché riguarda un tratto medio-lungo di percorso. Anche in questo caso chi percorre la strada viene adeguatamente informato dell’accertamento in corso. Come sappiamo il tutor, a differenza del classico autovelox che identifica la velocità al momento del passaggio davanti alla fotocamera, rileva la velocità media su un determinato tratto di strada. “Venendo esaminata quindi questa velocità media – conclude il giudice – il legislatore ha inteso tollerare che vi sia in un tratto di strada anche un eccesso di velocità, purché si tenga nella media una certa velocità. Esaminando la strisciata del cronotachigrafo prodotta, si nota che l‘eccesso effettivamente si è riscontrato per un breve tratto che, come affermato dal ricorrente, può essere coinciso con un pezzo di discesa particolarmente ripido, dove ci sono state delle oggettive difficoltà a mantenere la velocità entro i limiti consentiti”. Difficoltà indicate nel fatto che il limitatore di velocità del mezzo non era in grado di funzionare in presenza di tratti in forte pendenza

Conclusione: non ci sono prove sufficienti a provare la responsabilità dell’autista che ha così vinto la causa.

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