C’è chi, come Patrizio Ricci, presidente di CNA-Fita e vice presidente dell’Albo degli autotrasportatori, parla di «Lista dei desideri»; chi, come Riccardo Morelli, presidente di Anita, è convinto che il 2025 sarà «in continuità con il precedente»; chi, come Sergio Lo Monte, segretario generale di Confartigianato Trasporti, chiede se basta un numero della nostra rivista per elencare tutte le attese della categoria; chi, come Claudio Donati, segretario generale di Assotir, preferisce un eufemismo («Le prospettive non sono splendide»), ma poi aggiunge di nutrire «forte preoccupazione» per l’aumento dei costi nel 2025. Che Maurizio Longo, segretario generale di TrasportoUnito, calcola nel 5,6% nel secondo semestre del 2024. «E a questi bisogna adesso aggiungere l’aumento del gasolio alla pompa superiore al 2%, l’aumento dei pedaggi autostradali dell’1,8%, i transiti dei trafori aumentati dell’1,35%, i listini dei pneumatici del 4%, il costo medio delle assicurazioni del 6,8% e poi complessivamente il costo dei dipendenti aumentato nell’ambito del rinnovo del Ccnl nazionale».
Certo le associazioni dell’autotrasporto guardano al 2025 con ansia più che con speranza. E a chieder loro la «lista dei desideri», battezzata da Ricci (ma anche quella delle attese concrete), infilano un elenco di perle che profuma tanto di dejà vu: la questi one dei valichi, la carenza degli autisti , le difficoltà della transizione green, le regole del settore. E chi più ne ha più ne metta.
Brennero e valichi
Sulla prima si concentra l’attesa più carica di speranze. «Il nostro auspicio per il 2025», sottolinea Morelli, «è che la Corte di Giusti zia europea metta fine ai divieti imposti dall’Austria sull’asse del Brennero e che si accenda a livello nazionale ed europeo un faro sull’intero arco alpino, interessato da divieti e restrizioni capaci di ostacolare la libera circolazione». Ma, poi, basta spostare lo sguardo a Ovest per scoprire che i lavori di ripristino del traforo del Monte Bianco continuano a creare problemi. E se Donati si limita a sperare che i traffici migliorino anche su quella direttrice, il presidente di Fai (e di Unatras) Paolo Uggè, punta il dito contro l’«ecologismo esasperato» e alza il tiro: «Chiederemo la rimessa in discussione del protocollo Trasporti della Convenzione delle Alpi: non è possibile che il sistema economico italiano sia penalizzato dalle decisioni dell’Austria sul Brennero e della Francia sul Bianco».
E Alessandro Peron, segretario generale di Fiap, completa il ragionamento: «Le limitazioni all’esportazione che ci impongono ai valichi, aggiunte all’ETS (Emission Trading System), la nuova tassa ambientale per ora applicata al marittimo (che la riversa sull’autotrasporto) ma pronta a colpire anche i camion, stanno trasformando la nostra penisola in un’isola. E sono problemi per la competi ti vità delle imprese italiane».
La transizione green

E l’«ecologismo esasperato» di Uggè, lo si ritrova anche nel Green Deal, imperniato sui trasporti a trazione elettrica, che l’Unione europea vuole imporre anche ai camion nonostante i costi esorbitanti e la mancanza di una rete adeguata di rifornimento. Lo Monte chiede al 2025 e al governo che in questa direzione «venga fatto uno sforzo importante», perché «non si possono chiedere alle imprese di sostenere ingenti investimenti per il necessario rinnovo del parco, senza mettere in campo adeguati strumenti di incentivazione pubblica a sostegno di questa transizione. È necessario superare l’approccio ideologico che ha contraddistinto l’implementazione delle normative comunitarie».
Mentre Morelli si rivolge all’Europa, augurandosi che «riveda al più presto il regolamento Standard CO2 per il Trasporto Pesante, rendendo vincolanti gli obiettivi di riduzione delle emissioni piuttosto che le tecnologie utili a raggiungerli e dando vita a un percorso virtuoso che permetta alle realtà dell’autotrasporto merci di realizzare progressivamente la decarbonizzazione per mezzo della neutralità tecnologica».

Gli autisti
Poi c’è la questione degli autisti. Donati ricorda che, secondo le ultime stime, in Italia ne mancano 20-22 mila e che le imprese sono costrette a tenere fermi i camion perché non c’è chi li guida. «Le abbiamo provate quasi tutte: il governo e le Regioni hanno messo i soldi per le patenti, ma non funziona, così come il decreto flussi: gli autisti invecchiano e ogni anno c’è personale che esce dal mercato senza essere sostituito. È un problema non solo per l’autotrasporto, ma per l’economia italiana, di cui si dovrebbe occupare la stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, attivando una politica del lavoro che riesca a mettere in contatto le parti: c’è gente che è uscita dal ciclo economico, perché è stata licenziata a 40-50 anni e che si potrebbe intercettare. Altrimenti le imprese di autotrasporto italiane rischiano di essere sostituite, un po’ come è avvenuto nelle bisarche, dove i lituani, che sono dotati di un reclutamento degli autisti più efficace, hanno comprato un gran numero di bisarche italiane e hanno guadagnato consistente fette di questo mercato».
La carenza dei conducenti è un tema sensibile e condiviso. Uggè la lega anche alle condizioni di sicurezza dei lavoratori, ricordando la tragedia di Calenzano dove tre conducenti hanno perso la vita, lo scorso dicembre, per un’esplosione mentre erano in attesa nel piazzale di un deposito Eni. «Questa roba deve finire, non solo per tutelare la vita dei lavoratori, ma anche per l’impatto che questi episodi drammatici hanno sulla capacità attrattiva del mestiere presso le giovani generazioni. E Longo lamenta che il ministero abbia ignorato «una nostra ampia proposta strutturale» per risolvere un problema «gravissimo», dal quale il governo si mostra «troppo distante», anche perché nel 2025 «la previsione dei danni inerente al rapporto con i conducenti si dimostrerà altamente deteriorante».
Il tavolo delle speranze
Ma se valichi, transizione e autisti raccolgono le preoccupazioni del settore per questo 2025, tutte le speranze si concentrano sulle risposte del governo. Ricci ha ricordato tutte le «vecchie e nuove criticità». La sua «lista dei desideri» è ampia: «Misure che possano contribuire al contenimento dei costi di gestione, garanzie per il mantenimento dell’accisa agevolata, l’introduzione di adeguate risorse per l’acquisto di veicoli a basso impatto ambientale, interventi concreti per sopperire alla carenza di autisti, l’utilizzo degli extraprofitti da ETS per arricchire le risorse destinate all’ex Marebonus, l’aumento dell’indennità di trasferta, la conferma del fondo per l’autotrasporto, il rafforzamento e la manutenzione programmata delle infrastrutture viarie, la risoluzione delle criticità della circolazione ai valichi alpini, e così via. Si richiede infine un maggiore investimento nella digitalizzazione delle pratiche burocratiche per ridurre il carico amministrativo, favorire l’efficienza operativa e ridurre i tempi di attesa delle imprese».
Ed è il cuore del Tavolo delle regole aperto dal governo con le associazioni. A che punto è? Lo Monte riassume: «Per Confartigianato Trasporti è essenziale che al Tavolo delle regole arrivino quelle norme richieste dalle associazioni di categoria e predisposte dal MIT a seguito di un’istruttoria normativa fatta dall’Albo dell’autotrasporto, al quale il viceministro Edoardo Rixi aveva affidato l’incarico. L’istruttoria normativa si è chiusa, il lavoro è stato consegnato al gabinetto del ministro, sono state predisposte delle norme, adesso attendiamo che le proposte diventino provvedimenti di legge». Ma quali norme? «Parliamo», risponde Lo Monte, «del rafforzamento della norma sui tempi di pagamento, della modifica della norma sui tempi di carico e scarico con la corresponsabilità di filiera. Questo tema, che purtroppo rimane un vulnus nell’attività quotidiana dell’autotrasportatore, spesso costretto – appunto – a stare nei luoghi di carico e scarico svariate ore per inefficienze altrui, compromettendo il rispetto degli obblighi previsti in materia sociale». E sottolinea la diversità del metodo: «Non è che abbiamo solo lamentato il tema senza offrire delle soluzioni. Le soluzioni sono sul campo. Adesso aspettiamo che il governo le faccia diventare norme e le renda cogenti per la regolarità del mercato e per rendere competitiva questa professione».
Più scettico sul tavolo del governo è Donati: «Purtroppo», afferma, «non è mai decollato». E insiste sul cavallo di battaglia di Assotir: il recepimento della Direttiva comunitaria che «introduce il principio della proporzionalità di veicoli e di personale rispetto all’attività che viene svolta, cioè al fatturato. Invece abbiamo ancora soggetti iscritti all’Albo che fatturano milioni di euro, ma non hanno veicoli ». Se fosse applicata, spiega, salterebbe l’intermediazione che è «la vera palla di piombo di questo settore, tant’è che le imprese più grandi da una decina d’anni non investono più nei camion: prendono i contratti e li danno in sub vezione anche a imprese ben strutturate». Longo contesta addirittura il metodo: «Il ministro anziché aprire il tavolo delle regole ha impegnato l’Albo dell’autotrasporto per elaborare un testo di sintesi il quale, dopo l’avvenuta consegna, sembra sia stato totalmente inserito in un cassetto chiuso». E scalpita anche Uggè: «Ci sono problemi irrisolti ormai da 7-8 mesi. Aspettiamo che il ministero mantenga l’impegno che era stato assunto formalmente dal ministro e cioè che una volta al mese avremmo dovuto incontrarci. Questo non è avvenuto». E a chi gli obietta che però il governo sta facendo qualcosa, risponde: «Sono tanti anni che si sta facendo qualcosa, però i problemi restano».
Ma non tutti guardano al governo. Fuori del coro è Peron: «Pensare che l’esecutivo risolva i problemi delle nostre imprese porta ai risultati che ha portato negli ultimi vent’anni, cioè niente». E allora? «Io mi aspetto dal 2025 che faccia comprendere ai nostri imprenditori quanto sono importanti e quanto sia importante che si facciano rispettare per loro stessi, come imprese, e soprattutto per i loro dipendenti».


