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Milano, parla l’autista che ha protetto la ragazza caduta dal cavalcavia

Vito Russo, l’autista del camion che lunedì 28 marzo ha usato il suo camion come «scudo» per proteggere una ragazza caduta da un ponte della tangenziale di Milano, non ama definirsi eroe. Ai microfoni di Uomini e Trasporti spiega di aver «agito d’istinto. Mi è venuto naturale fare quello che ho fatto, nonostante faccia questo lavoro da poco tempo e quindi non abbia tanta esperienza sulle spalle»

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La fonte è primaria, nel senso che un giornalista di Uomini e Trasporti ha sentito direttamente l’autotrasportatore che lo scorso 28 marzo ha usato il suo camion come «scudo» per proteggere una ragazza caduta da un ponte della tangenziale di Milano. Avevamo raccontato il fatto qui e lanciato anche un appello per cercare di individuare l’autista autore di questa incredibile e provvidenziale manovra, che dopo aver fatto tutto il possibile per tutelare una vita umana, mettendo anche in secondo piano i rischi che lui stesso poteva correre, ha terminato la sua missione sparendo senza lasciare traccia. 

Questa mattina la nostra redazione ha ricevuto la telefonata da parte dell’autista, che ora ha un nome e un cognome. Si chiama Vito Russo, 31 anni, pugliese di origine ma milanese di adozione, al servizio della Pegaso Trasporti. Fa questo mestiere da appena un anno. Pochi chilometri macinati e quindi poca esperienza sulle spalle, ma decisamente tanto coraggio, unito a una buona dose di concentrazione e prontezza di riflessi, per affrontare una situazione che lui stesso definisce come «fuori dall’ordinario».

Vito ci tiene però subito a sgomberare gli equivoci e in particolare a smentire alcune versioni dell’accaduto riportate sui quotidiani, secondo cui avrebbe visto la ragazza precipitare dal ponte. «In realtà non è andata così, non ho visto la ragazza cadere giù», ci racconta. «Il cavalcavia dove è avvenuto il fatto si trova subito dopo una curva. E solo dopo averla imboccata mi sono accorto che c’era qualcosa di non meglio identificato sulla strada. Inizialmente ho pensato fosse un oggetto: aveva le sembianze di un materasso o qualcosa del genere. Ma quando sono arrivato a una distanza di circa 15-20 metri ho intravisto un braccio che si alzava. Solo lì ho realizzato che si trattava di una persona e non ci ho pensato due volte a fermarmi».

Seguendo l’istinto, Vito ha quindi inchiodato il suo camion mettendolo di traverso sulla carreggiata, impedendo di fatto che gli altri veicoli in arrivo alle sue spalle potessero travolgere il corpo della ragazza già martoriato per la caduta. Una volta fermato il camion, Vito racconta come la sua priorità sia stata innanzitutto quella di avvisare i conducenti che viaggiavano dietro di lui del fatto che vi era un ostacolo poco più avanti. «Ho sbracciato più forte che potevo per segnalare il pericolo e invitarli a rallentare. Tra l’altro in quel momento avevo una grossa responsabilità, perché il fatto è accaduto in prossimità di una curva e quindi correvo il rischio di mettere a repentaglio non solo la mia sicurezza, ma anche quella di tutti gli altri utenti della strada». Una volta rallentato il flusso di traffico, Vito si è quindi avvicinato alla ragazza. «C’era anche un’altra persona che nel frattempo era scesa dal veicolo ed era andata a sincerarsi delle sue condizioni – dice – Ho cercato di parlarle, rispondeva a malapena, ma comunque sembrava cosciente. Abbiamo chiamato subito i soccorsi. È stato un momento molto forte che non dimenticherò mai».

«Quello che ho fatto è stato veramente molto complesso – aggiunge – Solo quando sono tornato a casa ho realizzato quanto fosse stata delicata, anzi quasi da incosciente, la manovra che ho effettuato. Anche perché quando sei alla guida di un mezzo pesante è molto più difficile, rispetto a un’autovettura, fermarsi subito di fronte a un ostacolo. Ma sul momento ho agito d’istinto, mi è venuto naturale fare quello che ho fatto, nonostante faccia questo lavoro da poco tempo e quindi non abbia chissà quale esperienza alla guida. Ad ogni modo ho già messo in conto che la strada può riservare tante sorprese. Non si è mai tranquilli. Quel che è certo, però, è che non si viaggia mai da soli. Siamo tutti sulla stessa strada. E penso che quando vediamo una persona in difficoltà, dovrebbe essere la normalità sentire l’istinto e il bisogno di aiutarla».

Vito chiude la telefonata con un po’ di emozione e una richiesta, che sa di speranza. «Sarebbe un grandissimo desiderio per me poter condividere un abbraccio con la ragazza, ovviamente quando sarà possibile, augurandomi che stia bene. Se potete aiutarmi a far sì che questo avvenga, ve ne sarò grato». La nostra redazione ha quindi trasmesso il messaggio di Vito all’ospedale dove la ragazza è attualmente in cura.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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