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Revisioni. Verifiche ai privati. Dopo tre anni

A novembre un decreto ministeriale ha fissato i requisiti delle officine private per le revisioni dei mezzi pesanti che, a settembre, erano state estese anche a rimorchi e semirimorchi. E ora, a tre anni dalla legge istituiva, mancano ancora i decreti attuativi degli esami per gli ispettori

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Più che una svolta storica, una svolta biblica. Varata nel gennaio 2019 con il fragore della grancassa – dichiarazioni entusiastiche e titoli di giornali all’insegna del mutamento epocale, con immancabile evocazione della rivoluzione copernicana – a tre anni dal varo della legge che le istituiva, le revisioni dei mezzi al di sopra delle 3,5 tonnellate non sono ancora approdate alle officine private. E non per colpa del Covid.

«Il risultato», scuote la testa il segretario generale di Assotir, Claudio Donati, «è che oggi sulle nostre strade viaggiano migliaia di veicoli non in regola con la revisione nei tempi previsti. Basta che abbiano la richiesta di revisione presentata entro i termini». E snocciola i tempi di attesa dei singoli uffici provinciali della Motorizzazione: 8-9 mesi nella maggior parte dei casi, con punti di un anno come a Cagliari.

La svolta storica

Eppure in quei primi giorni del 2019, l’intero mondo dell’autotrasporto non aveva lesinato elogi al governo per aver dato corso a questa innovazione storica che segnava (parole di Thomas Baumgartner, presidente di Anita) «un ulteriore passo di avvicinamento dell’Italia alle prassi in atto negli altri Stati dell’Unione europea»: in altre parole, l’apertura dell’affidamento delle revisioni dei mezzi pesanti ai privati avrebbe dovuto metter fine ai ritardi che da un paio d’anni si registravano presso gli uffici della Motorizzazione, per far applicare le nuove procedure dettate dall’Unione europea in carenza di personale sufficiente e con problemi di presenza diffusa sul territorio.

È del maggio 2017, infatti, l’ultima riunione presso l’allora ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti prima del ritiro della circolare ministeriale che varava le nuove disposizioni, durante la quale, il presidente di Unatras, Amedeo Genedani, aveva chiesto di procedere «all’affidamento totale delle revisioni ai soggetti privati, con un rigido sistema di controllo sul loro operato da parte delle motorizzazioni».

Ma i rimorchi e i semirimorchi?

Una richiesta soddisfatta dopo un anno e mezzo, con la legge di Bilancio del 2019 e con l’impegno a emanare entro gennaio (anzi, entro 30 giorni) i decreti attuativi. Certo, la facoltà di rivolgersi ai privati escludeva, per motivi di sicurezza, i veicoli adibiti al trasporto di merci pericolose (ADR) e quelli a temperatura controllata (ATP), che – insieme – assommavano a circa 160 mila veicoli di ogni portata, ma l’esclusione più pesante era quella di rimorchi e semirimorchi. La modifica all’art. 80 del Codice della strada, infatti, parlava di «veicoli», ma la maggior parte delle motrici (i «veicoli») traina un rimorchio o un semirimorchio. Che senso ha, obiettavano gli autotrasportatori, farsi revisionare il veicolo da un privato, quando poi bisogna attendere i tempi della Motorizzazione per il traino?

Risultato: altro che gennaio; ad aprile è ancora tutto fermo. Il ministero cerca di metterci una pezza, promettendo di partire, entro il 2019, con una sperimentazione da affidare a officine che già effettuano riparazione di mezzi pesanti e quindi autorizzati in base alla Legge n. 870/86, che già in qualche modo prevede la possibilità di effettuare le revisioni presso sedi esterne alla Motorizzazione, rinviando al risultato della sperimentazione il tema delle revisioni ai privati anche di rimorchi e semirimorchi (e, magari, di ADR e ATP). In realtà, la sperimentazione non è mai partita e nel 2020 è esploso il dramma del Covid che, a furia di proroghe, ha rinviato anche il problema delle revisioni, con il risultato di lasciare in circolazione veicoli non controllati da anni, proprio quando proprio all’autotrasporto è affidata la distribuzione dei beni di prima necessità in tutto il Paese.

In realtà non c’era nulla in materia di revisioni neppure nella legge di Bilancio di quell’anno, prima ancora, cioè, dell’arrivo del virus. Bisogna, perciò, aspettare quella per il 2021 per trovare un emendamento, non del governo, ma dell’intera commissione Trasporti della Camera che estendeva la possibilità di far revisionare da officine private anche a rimorchi e semirimorchi. Neanche a dirlo, l’emendamento non è stato mai approvato. «Un’occasione persa», ha commentato il vicepresidente e direttore generale di Alis, Marcello Di Caterina, «in termini di sicurezza stradale, snellimento burocratico e accelerazione dei processi legati ai controlli che, a distanza di due anni, non ha ancora trovato una soluzione».

Il decreto infrastrutture

Ma ci vorranno altri nove mesi perché, finalmente (?), la revisione ai privati di rimorchi e semirimorchi (ma non di veicoli per merci pericolose e a temperatura controllata) diventi legge. A settembre del 2021, infatti, il cosiddetto decreto Infrastrutture, approva la modifica. Inutile segnalare che ancora una volta piovono «svolte epocali» e «rivoluzioni copernicane». Ma c’è una postilla: a svolgere le revisioni nelle officine private dovranno essere ispettori autorizzati dal ministero delle Infrastrutture, che per questo dovrà fissare numero e composizione delle commissioni d’esame, nonché requisiti e modalità di nomina degli esaminatori.

Nell’attesa, a novembre 2021, un decreto ministeriale chiarisce requisiti tecnici e attrezzature richieste alle officine private per effettuare le revisioni dei mezzi pesanti e autorizza l’impiego provvisorio come ispettori di revisione di ausiliari da reperire anche fra ex ispettori della Motorizzazione attualmente in pensione. Naturalmente anche il loro utilizzo va disciplinato, come le modalità d’esame, i loro costi e via burocratizzando, per cui perché diventi pienamente (?) operativa la misura serve l’emanazione di una serie di decreti di secondo livello.

Non è mancato per l’occasione il conforto della soddisfatta dichiarazione con cui il viceministro alle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, Alessandro Morelli, titolare della delega sulle questioni relative al Codice della strada, ha presentato il decreto: «La nuova disciplina», ha detto (al futuro), «consentirà di garantire maggiore sicurezza sulle nostre strade, a beneficio di cittadini e imprese e di smaltire in tempi ragionevoli migliaia di pratiche pendenti negli uffici della Motorizzazione civile di tutta Italia, velocizzando le procedure per i veicoli impiegati nella catena strategica della logistica».

Era il 23 novembre scorso. Da quel 1° gennaio 2019 che segnò l’entrata in vigore della norma che apre le revisioni dei mezzi pesanti ai privati erano già passati 1.058 giorni. Dopo di allora, il silenzio. Nel frattempo, l’età media dei veicoli industriali (dati Unrae, tra 3 dicembre 2018 e 30 giugno 2021) è cresciuta da 13,2 a 14 anni, a tutto scapito della sicurezza stradale e dell’inquinamento ambientale. In tempi di transizione ecologica davvero non c’è male.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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