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PROTESTA | L’esasperazione scende in piazza. Manifestazioni spontanee di camionisti in tutta Italia contro il caro-gasolio

Blocchi stradali, tir lumaca, raduni: i camionisti hanno raccontato così il dramma di una categoria che ha visto il prezzo del gasolio superare i 2 euro al litro, senza poter ribaltare l’aumento sulle loro tariffe. E le associazioni hanno gestito la loro protesta spontanea per premere sul governo

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Il primo campanello d’allarme è suonato prima della metà di febbraio, quando il prezzo del gasolio era arrivato a 1,708 euro al litro, dopo aver aperto l’anno a 1,588.
Era l’ultimo aumento di una serie partita all’inizio del 2001, quando un litro di gasolio costava 1,385 euro. E – per essere chiari – Vladimir Putin non aveva ancora ordinato l’invasione dell’Ucraina, scattata dieci giorni dopo.

Camion in piazza

Ma tanti autotrasportatori italiani, da sempre vittime di una crisi di settore che si trascina stancamente da decenni senza che se ne intravveda una soluzione definitiva, hanno deciso di scendere in piazza senza aspettare il via delle associazioni di rappresentanza nazionali. Blocchi spontanei sono spuntati soprattutto al Sud – dove le distanze da percorrere sono maggiori e l’incidenza del costo del carburante è più importante – ma anche al Centro e al Nord non sono mancate manifestazioni di protesta. In Puglia, il 13 febbraio, un centinaio di camionisti si è radunato in un’area di servizio sulla SS16 tra Foggia e San Severo per reclamare contro i rincari. Poi la protesta si è estesa lungo le statali della Regione e l’autostrada A14: Canosa, Andria, Cerignola, Massafra, Taranto, Bari dove è stata programmata una giornata di «tir lumaca». Nelle stesse ore gli autotrasportatori della FAI-Conftrasporto di Latina hanno organizzato una protesta spegnendo simbolicamente il motore di un centinaio di camion davanti al mercato ortofrutticolo di Fondi. E pochi giorni dopo, il 22 febbraio, le manifestazioni hanno toccato la Campania, sulla Salerno-Reggio Calabria e sulla A1 tra Capua e Caianello con blocchi mobili, per non incorrere nelle sanzioni. Lo stesso giorno, un centinaio di camion, piazzati sotto il ponte che permette l’accesso ai terminal portuale di Ravenna, hanno impedito le operazioni portuali e hanno creato lunghe code nelle strade della zona.
Ma l’epicentro della protesta è stata la Sicilia, dove lo stesso 22 febbraio blocchi di autotrasportatori dell’Aitras – un’organizzazione siciliana – sono spuntati al casello di San Gregorio, sulla A 18, nel ragusano, e altri hanno costellato le grandi vie di comunicazione da Catania a Ragusa, da Palermo a Messina. Bloccato anche il porto di Palermo, dove una ventina di autotrasportatori ha fermato i mezzi pesanti tra due varchi mentre un altro gruppo si è piazzato davanti all’ingresso nella zona del molo Santa Lucia. E c’è stato anche qualche episodio di violenza. Da Confagricoltura Ragusa denunciano che il camion di un associato «è stato inseguito e bloccato alle porte di Gela e, sotto minaccia, gli sono state sottratte le chiavi e tagliati gli pneumatici».

Le associazioni si dissociano

Quanto bastava per far prendere le distanze alle associazioni regionali e nazionali. «Pur condividendo le motivazioni e la rabbia che spingono alla protesta (per il caro gasolio, navi e tutte le materie prime)», hanno subito dichiarato le associazioni della Consulta regionale (Fai Sicilia, Assotrasporti, Confartigianato, Fita-Cna, Assiotrat, Alis, Anita ed Assotir), «non ne condividiamo le modalità. Le regole, anche nei fermi, vanno rispettate. Non si possono dichiarare scioperi e/o presidi non autorizzati anche perché siamo ancora in stato di emergenza a causa del Covid-19».
Una linea su cui si sono tenute tutte le associazioni nazionali che – nel loro ruolo di elastico che collega la base e il governo – si sono dissociate dal metodo della protesta, ma non dal merito e hanno fatto pesare i diffusi focolai della protesta sul tavolo della trattativa. E, puntando i piedi, hanno ottenuto, in seconda battuta, 80 milioni in più per il settore. Il nuovo pacchetto di proposte del governo è servito a raffreddare il dissenso della piazza, ma non del tutto.
Il fronte della protesta, infatti, si articolava soprattutto su due rivendicazioni: un intervento diretto sui costi, riducendo la parte fiscale, o una richiesta di aumenti tariffari a carico dei committenti, sostenuta da obblighi e controlli. Entrambi obiettivi difficili da raggiungere: il primo perché lo sconto sull’accisa è ai massimi consentiti dall’Unione europea (e, dunque, richiede l’apertura di una trattativa con Bruxelles), il secondo perché riversare per intero gli aumenti dei carburanti sulla committenza significa far galoppare l’inflazione.

La solidarietà

La concessione di ulteriori risorse legate ai tradizionali canali di sostegno e alle consuete procedure burocratiche, però, ha lasciato molti con la bocca amara. Tant’è che qualche autotrasportatore è tornato a farsi vedere in piazza, e quando, due giorni dopo il vertice, il gasolio ha superato i 2 euro al litro, Alessandro Peron, segretario generale di Fiap, ha potuto lanciare un segnale al tempo stesso alla base e al governo, ammonendo: «Tempo scaduto! Con il gasolio che supera i 2 euro le imprese fermeranno i mezzi per non fallire». E ha concluso: «La politica si sta rivelando troppo lenta».
Una richiesta rafforzata dal fatto che, questa volta, la protesta di piazza non è rimasta isolata.  Se il famoso pastificio La Molisana (quella che ha come testimonial Marcel Jacobs), nel sospendere la produzione per mancanza di materia prima, ha dichiarato di «affiancare gli autotrasportatori contro il caro-carburante, Filomena Mezzomo, di Ideal trasporti e logistica di Fondi, a K44 Risponde il videocast di Uomini e Trasporti e Trasporti Europa, ha detto: «Prima abbiamo parlato con gli agricoltori e i commercianti del mercato ortofrutticolo e abbiamo trovato molta comprensione, perché gli aumenti che ci sono non colpiscono solo l’autotrasporto, ma anche l’agricoltura e il commercio». E anche privati cittadini, che – ha raccontato sempre Mezzomo – «venivano nei presidi a Fondi stessa e a Sabaudia, ci portavano da mangiare e ci dicevano che quello che stavamo facendo era importante anche per loro».

Manifestazioni nazionali

Consapevoli di questa condivisione, le associazioni di categoria, soprattutto a livello locale, hanno cominciato a far circolare la parola «fermo». Più caute, quelle nazionali hanno preferito parlare di «manifestazioni» e Unatras ne ha indetto una per sabato 19 marzo (in attesa dell’incontro con il governo fissato per il 15), parlando di «situazione drammatica» e denunciando che le imprese «non riescono a farsi riconoscere dalla committenza i maggiori costi dovuti agli stessi aumenti» e paventando la possibilità che «potrebbero autonomamente decidere di fermarsi in maniera spontanea in alcune zone del Paese» perché sarebbe economicamente più conveniente.
Più oltre è andato Trasportunito, di Maurizio Longo che, pur evitando di parlare di «fermo» o di «sciopero» ha preferito, in una lettera al governo per spiegare l’iniziativa, l’espressione «sospensione per causa di forza maggiore». Ma ha scelto come giorno il 14 marzo, quello prima dell’incontro con la vice ministra. Un contropiede per anticipare le altre associazioni (soprattutto Unatras), impegnate in un gioco d’equilibrio da una parte per non perdere il contatto con la base, dall’altra per ottenere il massimo risultato dal governo. È stata la Commissione di garanzia sugli scioperi ha tagliare la testa al toro invitando Trasportounito a «revocare l’azione collettiva», in mancanza del previsto preavviso di 25 giorni.
Qualche camion, tuttavia, è sceso ugualmente in piazza (anche se non i 70 mila annunciati da Longo), ma la decisione della Commissione scioperi ha di fatto impedito a Trasportounito di intestarsi la protesta e la palla è ritornata a Unatras e alle associazioni tradizionali che gestiscono la trattativa con il governo. Per questo il presidente di Conftrasporto, Paolo Uggè, ha rilanciato ammonendo che l’incontro del 15 sarebbe stato decisivo. E l’elastico delle rappresentanze tra la piazza e il governo è tornato ad allentarsi. Per ora. Ma sempre con un occhio preoccupato ai listini del gasolio.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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