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Autotrasportatore a processo per aver causato la morte di un autista con un camion vecchio e irregolare

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I fatti risalgono un due anni fa, ma soltanto adesso di fatto inizia il processo con una svolta imprevista: il datore di lavoro di un autista, morto in un incidente stradale, viene imputato al termine delle indagini di omicidio stradale per aver fatto lavorare un proprio dipendente con un camion troppo vecchio, poco sicuro e per di più dotato di un impianto supplementare di gasolio non regolamentare. La vicenda inizia nell’aprile 2017 quando un autista di Anzio di 40 anni, Domenico Di Liscia, rimane vittima di un incidente nei pressi di Orbetello: stava trasportando, per conto dell’azienda di Aprilia per cui lavorava, un carico di bottiglie di acqua, quando all’improvviso lungo l’Aurelia non riesce più a tenere il camion in carreggiata e finisce contro gli spartitraffico. Nell’arco di pochi secondi il camion va a fuoco e l’autista rimane carbonizzato. Un malore o magari un colpo di sonno giustificabile con l’ora dell’incidente (intorno alle dieci di sera)? La famiglia non ci crede. Si rivolge a un legale, vengono effettuate delle indagini dalla procura di Grosseto e alla fine si appura una possibile diversa verità. Acquisiti tutti gli strumenti di valutazione, infatti, la procura appura le condizioni del veicolo, immatricolato nel 1997 e in condizioni precarie e soprattutto scopre la presenza di un serbatoio supplementare di gasolio abusivo, in quanto non presente sulla carta di circolazione

Sulla base di questi elementi il giudice delle indagini preliminare, lo scorso luglio, chiede il rinvio a giudizio del giovane (23 anni) titolare dell’impresa di autotrasporto di Aprilia, datore di lavoro di Di Liscia, con l’accusa di omicidio stradale, in quanto – sostiene – con «negligenza, imprudenza e imperizia, nonché in violazione delle disposizioni normative, ha messo a disposizione per l’espletamento dell’attività lavorativa del dipendente Domenico Di Liscia un autoarticolato, immatricolato nel 1997, non idoneo ai fini della sicurezza del lavoratore». In più, aggiunge il giudice, avrebbe «omesso di sottoporre il veicolo a motore e il rimorchio a visita e prova (ovvero al collaudo) presso i competenti uffici della Direzione Generale della Motorizzazione Civile», né ad aggiornare «la carta di circolazione del veicolo a fronte dell’installazione di un serbatoio supplementare di 600 litri collocato sulla destra del trattore». E proprio questo elemento avrebbe avuto un ruolo fatale, in quanto nella ricostruzione della dinamica dell’incidente sarebbe emerso che, dopo l’impatto con la barriera stradale e il successivo ribaltamento, a causa del corto circuito determinato dal danneggiamento dell’impianto elettrico, il trattore avrebbe preso fuoco per l’incendio causato dalla fuoriuscita del gasolio dal serbatoio abusivo. Quell’incendio che poi, dopo aver investito la cabina, avrebbe causato la morte dell’autista. 

Adesso, nell’udienza del 24 gennaio davanti al Tribunale di Grosseto, i giudici hanno accolto la ricostruzione del pubblico ministero e deciso di sottoporre a processo il giovane imprenditore di Aprilia che dovrà comparire davanti al Tribunale stesso il prossimo 30 maggio.

 

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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