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Scaffali vuoti e rifiuti in strada: il Regno Unito scopra cosa voglia dire fare a meno degli autisti di camion

È quella che si definisce la tempesta perfetta. Gli autisti di camion già di per sé erano carenti, ma con la pandemia e la frenata dell'economia sono diventati ancora meno, giacché molti conducenti giunti dall'Est sono tornati a casa, senza poter più tornare a causa delle nuove regole imposte dalla Brexit. In più, sempre a causa del Covid, molti giovani non sono riusciti a prendere le patenti e molti autisti hanno cambiato lavoro. Risultato: nel Regno Unito, a causa della mancanza di 60-70 mila autisti di camion, scarseggia la merce nei supermercati. E adesso si cerca di correre ai ripari aumentando gli stipendi, allungando le ore di guida, incrementando la capacità di carico dei semirimorchi. Basterà?

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C’è un paese europeo che sta toccando con mano cosa voglia dire organizzare la vita facendo a meno dei camion e dei loro autisti. Un paese europeo, ma non comunitario, perché è uscito dall’Ue proprio all’inizio dell’anno. Ma certo, stiamo parlando del Regno Unito e il riferimento alla Brexit non è certo casuale: nel paese mancano tra i 60 e i 70 mila autisti, stando alle stime della The Road Haulage Association. Ma non si tratta di proiezioni, quanto di vuoti creatisi improvvisamente nell’ultimo anno per la concomitanza di diversi fattori:
l’abbandono del paese da parte di molti autisti;
– il cambio di professione da parte di tanti altri;
– la mancanza di un ricambio generazionale contingente dovuto al fatto che diversi giovani nel corso del 2020 non sono riusciti ad acquisire le patenti a causa del Covid.

Il ritorno all’Est e la chiusura della Brexit

Insomma, fino allo scorso anno nel Regno Unito esistevano circa 320 mila autista, poi 15 o anche 20 mila di questi, provenienti da paesi diversi (per lo più esteuropei), nel momento di maggior picco del Covid, con l’economia quasi ferma e i trasporti ridotti drasticamente, hanno deciso di fare ritorno a casa. Ma soprattutto a creare scompensi è stato il fatto che, nel momento dell’uscita del Regno Unito dall’Europa, è stata creata normativamente una corsia preferenziale soltanto per determinate professioni, di solito quelle più qualificate o quelle più carenti. E gli autisti di camion fino a ieri non comparivano né nell’uno, né nell’altro elenco. Adesso si sta cercando di correre ai ripari, anche perché mentre tanti autisti lasciavano il paese, tanti altri lasciavano la professione perché non più disposti ai sacrifici che comporta. E la spinta decisiva in tal senso è stata anche qui prodotta dalla pandemia, che ha reso la vita quotidiana molto più stentata, privata di servizi igienici e di aree di sosta e, a quanto riferiscono le cronache, anche molto meno sicura, visto la decisa impennata fatta registrare dal numero di furti a danno di autotrasportatori.

Giovani senza patenti per colpa del Covid

Per ottenere la tempesta perfetta, poi, bisogna aggiungere altri due fenomeni:
i 15 e i 20 mila aspiranti autisti non sono riusciti a portare a termine il percorso formativo perché interrotto dalla pandemia;
– diverse centinaia di autisti di camion hanno preferito andare a lavorare per i corrieri impegnati nella consegna a domicilio degli acquisti on line (una professione che, vista l’elevata crescita dell’e-commerce, ha spinto le retribuzioni a livelli simili a quelli di un autista di lungo raggio, con il vantaggio, però, di fare ritorno a casa tutte le sere).

Gli scaffali vuoti nei supermercati a causa delle mancate consegne di generi alimentari

Conseguenze: scaffali vuoti e rifiuti per strada

E quando la tempesta si è scatenata ha colpito duro, mostrando subito all’opinione pubblica le conseguenze che è in grado di produrre. La prima, quella più preoccupante, riguarda lo svuotamento degli scaffali di molti supermercati ,come denunciano i principali quotidiani del paese.

La seconda è relativa alla presenza di rifiuti ammassati sulle strade per mancanza di autisti che guidano i camion destinati alla raccolta. Secondo un sondaggio quasi un terzo delle aziende di logistica del Regno Unito ha fatto o farà i conti entro l’anno con le carenze di autisti e almeno una su dieci sostiene che questo fattore potrebbe costituire anche una barriera a danno della ripresa.

Le possibili soluzioni: stipendi più alti e aperture all’immigrazione

Come si risolve la questione? Qui, contrariamente che da noi, l’urgenza costringe a prendere decisioni in fretta. Anzi, a volte non serve nemmeno prendere decisioni, ma è il mercato a piegarle in base alle sue regole: quelle della domanda e dell’offerta.

Prova ne sia che già oggi molti autisti impegnati nella distribuzione di prodotti alimentari hanno visto crescere i loro salari fino al 25% (in qualche caso sporadico, relativo più che altro di aziende che trasporto in conto proprio, le percentuali sono state anche più alte). Anche se mediamente un incremento del 10-15% lo hanno portato a casa tutti. E parliamo di stipendi netti che, nella quantificazione del National Careers Service (quindi un ente governativo), ballano tra le 18.500 e le 35.000 sterline, vale a dire tra i 22 mila e i 40 mila euro circa (si tenga presente che le retribuzioni e il costo della vita sono mediamente più alti). Anche perché per le aziende di autotrasporto non è difficile spiegare al proprio committente che, siccome la situazione è grave (ne toccano con mano già le conseguenze), è necessario pagare di più gli autisti e quindi incrementare anche le tariffe di trasporto. Cosa che ovviamente avrà ricadute anche sui prezzi finali di molti prodotti. 

Ma questo ovviamente non serve a risolvere il problema, quanto a frenare l’emorragia. Per il resto occorrono misure specifiche e articolate. La prima, rispetto alla quale si sta scomodando il governo guidato da Boris Johnson, è quella di includere gli autisti di camion nelle professioni più carenti, in modo tale da poter riaprire un canale facilitato di flusso migratorio. Una misura in parte simile a quella presa dall’Italia con l’ultimo decreto Immigrazione, anche se qui la speranza è quella non tanto di attrarre nuove leve, quanto di far tornare gli autisti partiti anche a causa del crollo del mercato coinciso con l’esplosione del Covid-19 e poi rimasti giocoforza fuori dal paese, a causa delle regole ricordate. Sul punto peraltro c’è da registrare il parere contrario del ministero dell’Interno che ritiene opportuno che le aziende britanniche «investano in forza lavoro domestica, piuttosto che farla arrivare dall’estero».

Dall’altra parte c’è chi propone di lavorare sia su misure di lungo periodo – come quella di aumentare le aree di sosta per camion, letteralmente stipate nelle ultime settimane (per la serie: tutto il mondo è paese), e sull’immagine sociale del lavoro e in particolare sulla sua utilità – sia su norme più tecniche. È abbastanza concreta, per esempio, la proposta di innalzare a 11 ore la ore di guida giornaliere (rispetto alle 9 attuali) o di aumentare la portata massima dei semirimorchi, in modo da riuscire a trasferire più merci con un solo viaggio. Infine, il segretario all’Istruzione, Gavin Williamson, proprio nei giorni scorsi ha annunciato che il governo aumenterà i fondi destinati all’apprendistato per i conducenti di veicoli pesanti già a partire dal 1° luglio.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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