Veicoli - logistica - professione

HomeProfessioneIntervistaMassimo Artusi, vicepresidente truck e van di Federauto: «Siamo gli ammortizzatori del sistema»

Massimo Artusi, vicepresidente truck e van di Federauto: «Siamo gli ammortizzatori del sistema»

Pandemia, crisi dei microchip, carenza dei materiali, ritardi nelle consegne, stanno mettendo in crisi i concessionari di camion e van, riducendone i margini di operatività. In più i costruttori vogliono trasformarli in commissionarie o agenzie. E loro chiedono aiuto al governo e coesione con la filiera

-

Non si può dire che non abbia le idee chiare. A pochi mesi dalla sua nomina a vice presidente dell’associazione dei concessionari Federauto, con delega al settore di truck e van, Massimo Artusi dice chiaro e tondo che alla transizione ecologica «nessuno è pronto». E specifica: «Quando dico nessuno, intendo i produttori di veicoli, i distributori, i concessionari, i clienti e i committenti dei nostri clienti, le reti di distribuzione delle energie con cui questi mezzi dovrebbero rifornirsi per finire con la rete dei riparatori». E la carenza di autisti? «È stata affrontata con un piccolo intervento economico, mentre sarebbe necessaria una politica che rimettesse al centro del mondo l’autotrasporto – che è fondamentale per l’economia e per la quotidianità – e i suoi operatori, trattati come eroi nell’emergenza e come ’piloti incoscienti’ per tutto il resto dell’anno».
Del resto, l’autotrasporto Massimo Artusi lo conosce da quando è nato. Figlio di Mario, uno di titolari di Romana Diesel, una delle più grandi concessionarie d’Europa di camion, è nell’azienda di famiglia che ha cominciato a lavorare appena laureatosi in Economia nel 1993. E, dopo un paio d’anni in Inghilterra con Iveco Ford Truck, è tornato in Romana Diesel dove oggi, dopo aver ricoperto ruoli diversi, è responsabile vendite e marketing. È questa profonda conoscenza del settore, frutto di un mix di esperienze familiari e competenze lavorative, che gli dà la capacità di sintetizzare l’attuale situazione dei dealer con poche parole. «Siamo sempre stati una sorta di ammortizzatore tra costruttore e acquirente. Ma oggi i problemi sono tali e tanti che non riusciamo più a svolgere questo ruolo».


Massimo Artusi, vicepresidente dell’associazione dei concessionari Federauto, con delega al settore di truck e van.

È colpa degli aumenti del carburante, della transizione ecologica, della carenza di autisti o anche d’altro?

Sono tutti questi temi, ciascuno figlio di interessi diversi, a rendere difficile svolgere la nostra tradizionale funzione di elemento stabilizzatore sul mercato. Per di più, in una fase nella quale la produzione non cresce, i prezzi aumentano i margini si riducono, ci arriva tra capo e collo il rinnovo, a livello europeo, della regolamentazione sulla distribuzione detto VBER, nel quale ricade anche il mondo automotive, che nella sua formulazione, ammirabile ma generica, mira a difendere un consumatore senza tenere conto delle implicazioni specifiche per prodotti complessi e della loro destinazione d’uso…

Di che si tratta?

Con il modificarsi del regolamento VBER la linea che sta prendendo piede tra le case è quella di trasformare il rapporto con i concessionari – che sono degli imprenditori – in modelli di commissione o di agenzia, riducendone parte della funzione. E questa non è una prospettiva favorevole né per noi concessionari di veicoli industriali e commerciali (perché non vendiamo una commodity ma un bene industriale), né per i nostri clienti, perché temiamo che il controllo del mercato si accentri ancor di più nelle mani dei costruttori, non favorendo la concorrenza e la sicurezza.

I quali costruttori, peraltro, a causa della carenza di materiali ritardano le consegne di molti mesi. Come si sono organizzati i concessionari per colmare questo «buco» produttivo?

In realtà, abbiamo la fortuna di essere Italiani e di essere i più bravi al mondo nel non saper seguire le procedure ma anche nel trovare soluzioni efficaci. Molti di noi avevano fiutato uno scenario di questo genere e avevano creato stock. Nessuno, però, aveva previsto una simile situazione, con l’accumulo di ritardi tali da mettere a repentaglio l’intera filiera e chi ci lavora. Non abbiamo ancora formulato una richiesta al governo, ma saremo costretti a farlo. Per esempio, in questa situazione, sarebbe una beffa dover pagare costose penali per ritardi nelle forniture in gare pubbliche e private. Mi auguro che il governo intervenga rapidamente tramite una «moratoria di consegna», strumento legislativo che congela le penali per ritardato adempimento nelle forniture dovute a causa di forza maggiore.

I ritardi nelle consegne incidono sulla domanda d’acquisto dei veicoli? Mi riferisco soprattutto al rischio per l’acquirente di perdere gli incentivi pubblici.

Sì, i nostri clienti rischiano di non poter usufruire del credito di imposta al 10% e di quello, previsto per il 2022, del 6% perché le case costruttrici prevedono di consegnare tra luglio e novembre 2022. Se si considera che spesso i veicoli vanno finanziati, allestiti, collaudati e poi targati (speriamo che il documento unico sia rodato presto e che le Motorizzazioni possano lavorare come prima della pandemia) già siamo al 2023. Nubi all’orizzonte ci sono, poi, anche per la rendicontazione della seconda fase degli investimenti del Fondo per l’autotrasporto 2020-2021 rinviata a marzo, dopo una prima deroga per la pandemia, ma è un rinvio troppo breve. Siamo già vittime della pandemia, prima, e della crisi dei microchip, dopo, e non siamo pronti ad affrontare questa terza fase di mancanza delle componenti.

Insieme all’intera filiera dell’autotrasporto, avete già chiesto al governo un rinvio dei termini di presentazione delle domande per il credito d’imposta. Quali risposte avete avuto?

Stiamo seguendo due strade: la possibilità di poter almeno godere di quello in corso attraverso una riprogrammazione delle scadenze attualmente in vigore e la possibilità di rinnovare, possibilmente ampliandolo al 12%, lo stesso strumento per il prossimo anno e quello successivo. È scoraggiante avere a disposizione delle misure importanti per favorire lo sviluppo, ma non poterle utilizzare per mancanza del prodotto. Quanto alle risposte, stanno tardando ad arrivare; ma è normale che sia così, visti il momento, la complessità delle norme e la portata della richiesta, ma speriamo di ottenerle con la prossima legge di Bilancio.

L’incertezza sulle alimentazioni di cui dovranno essere dotati i veicoli nei prossimi anni sta incidendo anche sul mercato dell’usato e su quello del noleggio, nel senso che anziché un veicolo nuovo, che magari fra pochi anni non potrà più circolare, il cliente preferisce un buon usato o un noleggio. Funziona realmente così?

Vedo prima di tutto un grosso rischio. Che venga distrutto un modello virtuoso che sta nascendo e nel quale hanno investito tanti trasportatori e anche lo stesso Stato. Mi riferisco al Bio C-LNG, l’unica tecnologia attualmente disponibile, che risponde oltre ai criteri ambientali anche a quelli economici. L’impennata del prezzo del metano (fossile) sta annientando la domanda di questi prodotti. Senza questi mezzi l’industria del Bio C-LNG non potrà svilupparsi e soppiantare il prodotto fossile, che è assai più dannoso per l’ambiente, ma che è stato fondamentale per la creazione dell’infrastruttura con cui domani sarò possibile spiccare il salto di qualità. Quanto al mercato dell’usato, ha un andamento molto diverso da quello dei veicoli nuovi e in questo momento solo la più stringente necessità può spostare la scelta da un veicolo nuovo a uno usato. Anche per il mercato del noleggio dovremmo distinguere tra breve e lungo termine: è un comparto che ha dinamiche particolari e per il momento sente più la crisi della produzione che il passaggio alle nuove tecnologie.

L’incertezza sulle alimentazioni ha anche un altro effetto: la svalutazione dell’usato a gasolio. Che effetto ha questa circostanza sul mercato?

La maggiore svalutazione dell’usato è ancora data dalla valutazione della sua vita utile residuale e dalla sua efficacia e nel recente passato salti tecnici particolari non ce ne sono stati. L’ultimo è stato quello da Euro 6A a Euro 6B, nel quale i propulsori – magari legati ad altri elementi costruttivi – hanno aumentato in maniera significativa la loro efficienza diminuendo i consumi (e quindi anche l’impatto ambientale) e riducendo i costi per le aziende di autotrasporto. Chi lavora nel settore sa che il gasolio ha ancora lunga vita. Chi lavora con i mezzi sa che è ancora l’unica tecnologia sostenibile dal punto di vista economico e che consente di distribuire e consegnare le merci.

Cosa chiedete al governo – oltre alla proroga per il credito di imposta – per superare questo fase così complicata?

Noi riteniamo che l’azione più efficace sia quella che svolgiamo in comune con le rappresentanze di tutta la filiera. In questo senso non amiamo chiedere qualcosa per noi ma preferiamo ragionare sui benefici comuni. Seppure ci rendiamo altresì conto che per le imprese concessionarie ci sono alcune richieste di intervento necessarie e specifiche. Per esempio, a proposito della nuova regolamentazione europea, la difesa delle reti concessionarie di veicoli industriali e commerciali che hanno una funzione specifica di consulenza e assistenza, di medio e lungo periodo, che non si riscontra in altre reti di vendita e in altri prodotti; poi quella che ho chiamato «moratoria delle consegne» e, infine, un intervento di cassa straordinaria per le aziende concessionarie colpite dal calo di fatturato per i motivi anzidetti. Ma, poiché è necessaria soprattutto una strategia politica di sostegno al settore dei trasporti, occorrono anche interventi a monte e a valle dei concessionari, in favore dei costruttori e delle aziende di autotrasporto. Oggi i più urgenti sono il credito d’imposta strutturale per il rinnovo del parco nel settore merci e il sostegno del Bio C-LNG.

close-link