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Autotrasporto e distributori di carburante si alleano contro i prospettati aumenti delle accise sul gasolio

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Potrebbe aumentare il prezzo del gasolio? Può essere o, perlomeno, esiste una partita aperta. Poi, però, bisognerà anche vedere come e fino a che punto coinvolga i veicoli pesanti. Cerchiamo di spiegare in che senso. Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, a fine luglio lancia una consultazione pubblica per raccogliere pareri rispetto all’obiettivo di ridurre o rimuovere progressivamente alcuni sussidi ambientalmente dannosi. Viene raccontato come un percorso di partecipazione democratica, richiesto da una Commissione per sapere cosa pensano tutti i cittadini su sei proposte normative, tra cui quella che mira a livellare il livello di accise tra benzina e gasolio, visto che quelle che gravano sul primo carburante sono molto più pesanti di quelle addossate al secondo. Per la precisione il gasolio ha un’accisa di 0,617 euro/litro, rispetto a quello di 0,728 euro/litro della benzina. L’idea è di partire dal prossimo 1° gennaio 2021 per far lievitare poco a poco l’accisa sul gasolio per pareggiarla con quella della benzina nel 2030.

Bisogna comunque specificare che nel testo della proposta si fa specifico riferimento al fatto che questo percorso di riallineamento non toccherà il gasolio «utilizzato dalle aziende di autotrasporto merci (che utilizzano veicoli di massa superiore a 7.5 tonnellate) e trasporto regolare di passeggeri: il gasolio impiegato nei predetti usi di trasporto merci e passeggeri è infatti sottoposto ad una specifica ed indipendente aliquota di accisa», sulla cui base ogni tre mesi le aziende del settore ottengono indietro 214,18 euro per 1.000 litri di gasolio che hanno regolarmente acquistato.

Ciò non toglie che le associazioni di settore dell’autotrasporto, della logistica e del commercio carburante non hanno per nulla gradito l’iniziativa del ministro dell’Ambiente e tutte insieme hanno prodotto un comunicato in cui «denunciano l’imminente rincaro del gasolio, l’ennesimo inasprimento delle tasse, stavolta camuffato con presunte motivazioni ambientali, delle quali si fatica a trovare il reale fondamento».

Gli argomenti a cui ricorrono Assopetroli/Assoenergia, Assotir, CNA Fita, Confartigianato Trasporti, FAI, Fiap autotrasporti e Unitai sono diversi. Innanzi tutto sostengono che il minor livello di accisa sul gasolio non è un sussidio, perché di fatto si tratta di due prodotti diversi e anche con differenti impatti ambientali. «Rispetto alla benzina, il gasolio (grazie anche alla crescente efficienza dei motori) consente di fare più chilometri con un litro e produce minori emissioni di CO2».

Inoltre, ricordano che anche a livello europeo si rinviene la stessa misura (con le eccezioni di Belgio e Regno Unito) pensata originariamente per promuovere un graduale ricambio dei veicoli verso motorizzazioni con un ridotto impatto sul clima. Cosa che poi di fatto è avvenuta, tanto che gli italiani progressivamente si sono spostati sul gasolio. E quindi – osservano le associazioni – «sarebbe surreale adottare un atteggiamento punitivo verso quei cittadini che hanno fatto esattamente ciò che gli si chiedeva di fare!». Senza considerare che il 95% dei veicoli merci sono alimentati a gasolio. È vero che, come ricordato, quelli sopra le 7,5 ton, ottengono un rimborso (comunque a posteriori), ma ci sono pur sempre quelli sotto. Di conseguenza l’aumento delle accise sul gasolio «si tradurrebbe in un aumento dei costi di trasporto, con l’inevitabile aumento dei prezzi dei beni di consumo».

Infine, secondo le associazioni gli attuali livelli di accise sul gasolio «generano già un gettito sufficiente a controbilanciare gli effetti negativi derivanti dall’utilizzo di questo carburante». E qui si fa il caso di un camion Euro6 che genera un costo esterno pari a 13,1 centesimi di euro, mentre paga di sola accisa netta 40,3 centesimi

Ecco perché, a maggior ragione in una contingenza come quella attuale, l’incremento delle accise potrebbe avere un «effetto regressivo – cioè grava proporzionalmente di più sui poveri, che hanno mezzi meno efficienti e che destinano all’energia una quota maggiore della propria spesa per consumi», oltre a essere «politicamente ingiustificato» ed «economicamente dannoso». 

Da qui ovviamente la richiesta di mettere da parte la proposta e, in alternativa, concepire delle azioni che forniscano «opportunità tangibili di miglioramento della qualità ambientale e del tenore di vita delle persone», piuttosto che «scegliere una via punitiva che finisce per alimentare la percezione che la sostenibilità può essere perseguita solo a spese delle fasce sociali medio-basse» o colpendo «intere categorie produttive».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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