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Camionista deceduto per mesotelioma da amianto, Inail condannata a risarcire la moglie

La Corte d'appello ribalta la sentenza di primo grado che aveva respinto la richiesta di indennità di Susanna Vannucci, moglie di Emilio Corbo, morto nel luglio 2012 a soli 62 anni. L'amianto causa della morte, secondo la Corte, si trovava nei componenti dei veicoli che guidava e nei guanti usati per ispezionare freni e motore

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Gli autotrasportatori che lavorano a stretto contatto con l’amianto, sviluppando per questo motivo tumori che ne provocano il decesso, rientrano nella categoria delle vittime che hanno diritto a essere risarcite a favore dei familiari più stretti, una volta dimostrato il nesso tra attività lavorativa e malattia. È questo il fondamentale principio ribadito da una sentenza della Corte d’appello di Firenze che ha deciso in favore del risarcimento da parte dell’Inail di Susanna Vannucci, moglie dell’autotrasportatore Emilio Corbo, ucciso a soli 62 anni da un mesotelioma da esposizione ad amianto. Il verdetto, che accoglie il ricorso presentato dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto (ONA), ribalta la sentenza del 2013 del tribunale di Pistoia che invece aveva negato ogni indennizzo alla donna, rimasta vedova nel 2012, e al figlio all’epoca 28enne.

I giudici hanno accertato che il raro tumore di cui fu vittima Corbo fu causato dalla continua e ripetuta esposizione all’amianto, dal 1979 al 2009. L’autotrasportatore per trent’anni avrebbe respirato fibre cancerogene a causa del suo lavoro, con l’amianto presente sia nei componenti dei veicoli che guidava così come nei guanti indossati per proteggersi dal calore nell’ispezionare i freni e i motori dei camion. Cade così l’ipotesi dell’Inail – accolta dal tribunale pistoiese, ma giudicata “non plausibile” in appello – che il tumore fosse stato causato dalle tubature in asbesto della stufa di casa sua.

«Il mesotelioma – si legge nella decisione – è una malattia tabellata nel settore industria, come neoplasia causata dall’asbesto. Al lavoratore basta provare la malattia e di essere stato addetto alla lavorazione nociva, mentre resta la possibilità dell’Inail di provare una diagnosi differenziale», che però in questo caso è mancata.
Il risarcimento, secondo l’ONA, ammonterà a circa 240 mila euro dal Fondo vittime amianto, oltre a una rendita mensile di reversibilità di circa 1.800 euro, più gli interessi legali e il cosiddetto “assegno funerario” (a cui hanno diritto i superstiti di lavoratori deceduti a causa di malattia professionale).

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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