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Trasporto delle merci pericolose: petrolifero a secco, chimico riconvertito

Se la auto circolano pochissimo e gli aerei sono a terra, i carburanti non si vendono né si trasportano. Più salvaguardato il settore della chimica, un po’ perché quella di base continua a lavorare, un po’ perché il boom dei disinfettanti ha aiutato a bilanciare alcune difficoltà

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Tra le filiere più in sofferenza per l’impatto del lockdown compare la distribuzione dei carburanti. Tra marzo e aprile in media solo il 10% dei camion hanno acceso i motori. La riduzione drastica del traffico, che sulle autostrade ha registrato una flessione intorno al 55-60% e negli aeroporti rispetto ai voli passeggeri è stata pressoché totale (quasi azzerando la richiesta di jet fuel), ha inciso in modo determinante sull’intera filiera, seppure riconosciuta come essenziale dai decreti del Governo e quindi tenuta a prestare servizio. Ha retto meglio, nell’ambito del trasporto delle merci pericolose, il settore della chimica che, stando alle prime rilevazioni delle aziende, è rimasta più o meno costante nei volumi, salvo leggere contrazioni, peraltro fisiologiche, nella seconda parte del mese di marzo. 

Il settore petrolifero ha subito pesanti perdite di fatturato, con punte vicino al 90%

«Per i carburanti abbiamo il 90% dei mezzi fermi – conferma Claudio Villa, presidente del Conap, consorzio nato a Piacenza negli anni Sessanta per trasportare carburanti e prodotti chimici – mentre il comparto della chimica sta reggendo. Nel complesso dobbiamo registrare una perdita che in bilancio si attesterà almeno intorno al 15%». 

Stessa situazione per il consorzio Transadriatico, da più di 70 anni attivo nel rifornimento delle stazioni di servizio. «Stiamo lavorando tra il 10% e il 15% dei volumi rispetto allo stesso periodo del 2019 – ammette il presidente Natalino Mori – Su 300 mezzi, a marzo ne abbiamo impegnati 32. Da questa settimana (8 aprile, ndr) accusiamo di più il calo delle forniture chimiche al settore automotive. Finora questo calo è stato compensato dalla chimica di base, indispensabile per la produzione di detergenti e disinfettanti».

Esemplare, in tal senso, la diversificazione operata dal Cacif di Follonica. «Fino allo scorso anno il trasporto di ipoclorito di sodio, quella che commercialmente parlando si definisce come candeggina ed è anche la componente fondamentale di molti disinfettanti – spiega il presidente Roberto Nocciolini – era concentrata nella stagione estiva. Adesso abbiamo anche un paio di viaggi al giorno e in questo modo riusciamo in parte a compensare il calo registrato in altri segmenti».

L’andamento dei traffici del settore chimico sono rimasti stabili, con tendenza all’aumento

La situazione non è rosea neanche nei porti dove la criticità è rappresentata dalla giacenza dei prodotti che, ordinati con molto anticipo, sono arrivati in un’Italia chiusa per Covid-19. «C’è un aumento degli stoccaggi nel settore petrolifero – ha confermato Gianluca Palma, direttore Ente Zona Industriale di Marghera – per le problematiche connesse alla distribuzione dei prodotti ai destinatari finali o per il blocco dei consumi. Un esempio è il jet fuel che non viene approvvigionato alle compagnie aeree in quanto la quasi totalità dei voli passeggeri è sospesa».

Non è l’unico colpo a una filiera già claudicante e che, negli ultimi 10 anni (2007-2017, dati Eurostat), ha visto i volumi di merce trasportata ridursi del 30%. L’organizzazione del quotidiano in questa supply chain è risultata difficile anche a causa della chiusura fino a metà aprile dei magazzini delle strutture non ritenute essenziali. Questa condizione ha inciso sulla crescita di viaggi a mezzo carico o addirittura a vuoto, poco remunerativi per le aziende. «Il problema dei magazzini è rimasto costante durante questo periodo – aggiunge Villa – Spesso i mezzi sono tornati in sede vuoti facendo un viaggio in perdita che le aziende di autotrasporto hanno continuato a fare come servizio per i clienti. Situazione poi aggravata dal fatto che, alcuni committenti si sono affrettati e bloccare i pagamenti, mettendo in difficoltà i vettori».

Le criticità sono aumentate anche nei magazzini e nelle piattaforme rimaste aperte rimaste a corto di addetti. «In molti casi – spiega Mori – per esigenze sanitarie o per l’ottimizzazione del personale bisogna trascorrere lunghe attese al carico e scarico e, molto spesso, gli autisti sono di fatto costretti a scaricarsi il camion da soli e, talvolta, persino a smistare la merce nel magazzino. La chiusura delle aziende a macchia di leopardo e le differenti disposizioni regionali hanno generato una rarefazione bidirezionale dei carichi: il camion deve viaggiare carico sia all’andata che al ritorno. Se ciò non accade, la tariffa non sostiene il servizio e ovviamente in questo momento non possiamo chiedere aumenti alla committenza».

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