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Le principali aziende familiari del trasporto. Generazioni al volante

Tra le prime cinquanta aziende di trasporto e logistica per fatturato sono almeno una ventina le aziende di famiglia che fanno autotrasporto, ma il numero sale se si considera quelle che hanno cominciato con il camion e oggi – alla seconda o terza generazione – sono diventate imprese di logistica da milioni di euro di fatturato

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Per capire il peso che hanno le famiglie imprenditoriali italiane nella logistica e nell’autotrasporto nazionali, basta scorrere la classifica per fatturato pubblicata ogni anno da Il Giornale della Logistica, dove da tempo il primo posto è una partita a due fra il colosso tedesco DHL e la Savino Del Bene. Che è soprattutto un’agenzia di spedizioni marittime, da un miliardo e mezzo di fatturato, fondata nel 1889 dall’imprenditore di cui porta ancor oggi il nome e racconta emblematicamente nella sua lunga vita (comincia con il trasporto degli emigranti ed è segnata dal recupero delle opere d’arte dai nazisti) la storia di due famiglie: prima quella che ha dato il nome alla società, poi – dopo una serie di giri proprietari che l’hanno portata in borsa e poi al delisting – quella di Paolo Nocentini, attuale presidente novantunenne, detentore del pacchetto di maggioranza, dietro il quale si profila già la successione del figlio vice presidente, Fabio, cresciuto in azienda e delegato di fatto al mercato americano.

Così come, al terzo posto nella classifica del 2022, figura BRT, sigla del corriere Bartolini, fondata nel 1928 a Bologna da Divo Bartolini, retta per quasi cento anni dai suoi eredi e ceduta poco a poco, a partire dall’inizio del nuovo secolo, alla francese La Poste, fino alla sostituzione nel 2019 di Daniele Bartolini, con il direttore generale Dalmazio Manti e, dall’ottobre 2023, da una manager esperta come Stefania Pezzetti.

Tra multinazionali straniere e famiglie italiane

Poi tutta la classifica continua così, alternando multinazionali straniere (TNT, SDA, UPS, Schenker, DSV) a famiglie italiane, con la presenza nella top ten di due famiglie ancora saldamente in sella: Fercam (sesta con oltre 900 milioni euro di fatturato, salito nell’ultimo bilancio a 1,128 miliardi) e Arcese Trasporti (decima, con 630 milioni). La prima, nata nel 1949 a Bolzano, con l’idea (futuristica per l’epoca) di coniugare il trasporto stradale con quello ferroviario, entra a pieno titolo nelle imprese di famiglie nel 1963, quando Eduard Baumgartner la rilevò, insieme ai suoi cinque camion, trasformandola nel tempo in un’organizzazione internazionale e passando la mano nel 1981 al figlio Thomas, che lo scorso luglio ha concluso il passaggio alla terza generazione, con la nomina del figlio Hannes ad amministratore delegato.

Solo due generazioni, invece, si contano nella storia – più recente – della Arcese trasporti, fondata nel 1966 da Eleuterio Arcese come ditta individuale, che vede ancora al vertice il fondatore, oggi novantenne, ma con la presenza in azienda dei quattro figli, in particolare di Matteo, Executive President del gruppo.

Se, poi, allarghiamo lo sguardo alle prime cinquanta aziende della classifica de Il Giornale della Logistica, la presenza di società familiari – o di origine familiare – si fa più fitta e più legata al trasporto merci su strada che alla logistica: se ne contano 18, a cominciare dalla BCube di Casale Monferrato (14° posto con un fatturato di 500 milioni di euro), fondata dalla famiglia Bonzano nel 1952 per la lavorazione e il trasporto del legname e arrivata lo scorso febbraio – da multinazionale della logistica integrata – alla terza generazione, con Carlo Piero, presidente e figlio del fondatore Luigi, che ha affidato ai suoi figli, Luigi e Umberto, gli incarichi rispettivamente di amministratore e consigliere delegato.

O come il Transmec Group (18° posto), fondato, ad onta del nome inglese, a Pavullo e poi spostatasi a Campogalliano (Modena) dalla famiglia Montecchi, addirittura nel 1850 (da non perdere le foto d’epoca di Domenico Montecchi con il suo carretto a cavalli) e – dopo la scomparsa a 99 anni del nipote del fondatore, anch’egli di nome Domenico – arrivato alla quarta generazione, con Danilo, Mariangela e Massimo alla guida di quello che oggi è un gigante da quasi 400 milioni di fatturato.

Oppure il Gruppo Gruber di Ora (Bolzano), 20° con 340 mila euro di fatturato (lievitato poi a 720 milioni dopo l’acquisizione nel settembre 2022 della tedesca Universal Transport) e oltre 2300 unità di trasporto, fondato nel 1936 da Josef Gruber e partito subito, data la posizione, con i trasporti internazionali; diventata Gruber Logistics, dal 2014 è guidata da un Consiglio direttivo del quale fa parte la seconda e la terza generazione della famiglia Gruber: il figlio di Josef, Kurt, e i nipoti Christian, Michael e Martin Gruber, quest’ultimo amministratore delegato.

E subito dietro Gruber, altre due aziende di famiglia: 21° posto con 334 milioni di fatturato, per la Italtrans di Bergamo, partita nel 1985 con una Fiat di terza mano per portare ortofrutta a Milano, e oggi guidata da Laura Bertulessi, che ha fondato la società insieme al marito e al cognato, Claudio e Germano Bellina, e dalle sue due figlie, Paola e Sheela. E al 22° posto il Gruppo Codognotto, fondato da Attilio, con due camion, nel 1946, che oggi è una realtà da oltre 300 milioni di fatturato, 600 veicoli, 1.500 semirimorchi e 1.000 container intermodali, con al vertice il figlio del fondatore, Maurizio.

Storie parallele

E poi tante storie parallele: il Gruppo Smet, (28° con 268 milioni di fatturato e 450 di aggregato), nato nel 1947, per opera di Domenico De Rosa, passato nel 1975 al figlio Luigi e dal 2008 nelle mani della terza generazione: Domenico, che ne è l’amministratore delegato, Andrea e Lorella; oggi conta un parco di 5.500 veicoli e oltre trenta sedi in tutta Europa. La Arco spedizioni, fondata da Giovanni Riva nel 1970 a Milano e oggi – oltre 200 milioni di fatturato e più di cento filiali in tuta Italia per trasporti di collettame, ADR e vino – guidata dai tre figli del fondatore, Lanfranco, Lucrezia e Leandro. Torello Trasporti di Montoro (Avellino), il cui fondatore, Nicola Torello, che ha appena festeggiato i suoi 80 anni, è tuttora presidente dell’azienda (35° posto e 200 milioni di fatturato), ma ha distribuito gli incarichi ai tre figli: a Umberto l’area fleet e clienti, a Concetta l’amministrazione, ad Antonio i rapporti con gli stakeholder e la guida di un team Controller Logistics Service.

Ancora il Gruppo Pacorini di Trieste (36°, 196 milioni), fondato nel 1933 a Trieste come trasportatore di generi coloniali da Bruno Pacorini e oggi – specializzato nella distribuzione del caffè – guidato, come CEO, dal nipote Enrico Pacorini. E Brivio e Viganò Holding di Pozzuolo Martesana, Milano (39°, 189 milioni), fondata da Giovanni Viganò e Luigi Brivio, con due camion a metà degli anni Settanta, in transizione verso la seconda generazione, con i figli Stefano e Mauro Brivio e Alessandro Viganò, in consiglio d’amministrazione, insieme al padre Giovanni. Albini e Pitigliani, (41°, 169 milioni), fondata Albo Albini e Alessandro Pitigliani nel 1945 a Prato, con un camion in affitto e oggi, raggiunta una dimensione globale, arrivata alla terza generazione (Piero e Ferdinando Albini con Fabrizio Pitigliani). Pezzoli Petroli, di Bregnano, Como (50°, 139 milioni), creata nel 1964 da Adriano Pezzoli e dalla moglie Anna Guarnerio per distribuire stufe, bombole a gas e fustini di cherosene, prima di diventare concessionaria di Agip petroli. Oggi l’azienda – diventata leader nella commercializzazione di prodotti petroliferi – è gestita dalla terza generazione della famiglia.

L’elenco potrebbe continuare a lungo, anche perché più cala il fatturato, più è recente la nascita della ditta, più la famiglia resiste. D’altra parte, ogni azienda individuale, all’inizio è un’azienda familiare. Almeno nella testa e nel cuore del fondatore.

Questo articolo fa parte del numero di novembre 2023 di Uomini e Trasporti: uno speciale monografico di 64 pagine interamente dedicato al tema del passaggio generazionale nelle aziende di autotrasporto.

Leggi l’editoriale: I giovani sono fannulloni? E mo’ basta! 

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