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Cristiana Vinci, AD Vinci & Campagna Autotrasporti«Date alle donne le occasioni adeguate e saranno capaci di tutto»

Prima la passione per la geologia, poi la folgorazione per la logistica. Potremmo riassumere così l’inizio dell’avventura di Cristiana Vinci, oggi al timone di una storica azienda di autotrasporto e presidente della sezione trasporti di Confindustria Sardegna Meridionale. Un cambio di rotta di cui non si è mai pentita e che le ha permesso di realizzarsi, umanamente e professionalmente

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Il papà le aveva trasmesso la passione per le Scienze della Terra e così aveva deciso di iscriversi alla Facoltà di Geologia. Scelta comprensibile, considerate le meraviglie che la sua terra di origine nasconde: la Sardegna. Poi il cambio di rotta. La società di famiglia, la Vinci & Campagna Autotrasporti, realtà storica dell’isola, aveva bisogno di nuove leve per continuare a crescere e così Cristiana Vinci insieme al fratello, nipoti del fondatore Salvatore Vinci, danno il via alla terza generazione aziendale. Scelta di cui non si è mai pentita perché la passione per la logistica era scritta nel DNA e non a caso è stato amore a prima vista. Cristiana Vinci ripercorre così i suoi esordi in azienda: «Fu un momento di svolta nella mia vita. Era il 14 luglio 1992 quando, su richiesta dei miei genitori, io e mio fratello fummo nominati nel consiglio di amministrazione. All’epoca eravamo molto giovani, anche se avevamo da sempre respirato il mondo dei trasporti, e così iniziai la mia gavetta, prima nella contabilità e poi nell’ufficio logistica, cercando di imparare il più possibile dalle persone che già lavoravano in azienda».

Sono passati trent’anni da quel giorno. Ha mai dubitato della sua scelta?
Questo mondo mi ha appassionata fin da subito e ancora oggi continua a farlo. È un settore che ben si sposa con il mio carattere dinamico: ogni giorno c’è una decisione da prendere e una soluzione da trovare, si impara sempre qualcosa. Non mi sono mai pentita di aver lasciato l’università per dedicarmi al 100 per cento all’attività di famiglia e, anzi, spero di saper trasmettere questa passione anche a mio figlio, che oggi già lavora con noi e rappresenta la quarta generazione di Vinci.

A proposito di figli, quello dei trasporti è un mondo in cui spesso non è facile conciliare il lavoro con la famiglia. È quindi difficile pensare di avvicinare le donne al settore senza politiche di sostegno. Lei cosa ne pensa?
Occorre prima di tutto fare un distinguo tra ruoli apicali e operativi, perché sono due vite molto differenti. Con un lavoro d’ufficio, in qualunque ambito, è più facile organizzarsi. Mi rendo conto che per una donna autista ci sono esigenze e complessità diverse. La necessità di fare trasferte e rimanere fuori casa per diversi giorni costringe a ribaltare i modelli cui siamo abituati, ci deve essere cioè una figura maschile disposta a sostituirsi e supportare la donna. Forse solo oggi qualcosa sta iniziando a cambiare in tal senso. Il retaggio culturale, infatti, vede ancora l’uomo al lavoro e la donna a casa a curare i figli. È quindi la cultura, prima di tutto, che va cambiata.

Ci sono donne alla guida dei mezzi della Vinci & Campagna Autotrasporti?
Purtroppo oggi ancora no, anche se è un mio obiettivo. La verità è che di autiste non se ne trovano.

Perché secondo lei?
Oltre al problema culturale, c’è quello infrastrutturale. Mancano aree di sosta sicure in cui le donne autiste possano riposare in tranquillità. Penso che questo rappresenti un forte disincentivo alla presenza di donne alla guida di un camion. Le aree di sosta, oggi, non sono attrezzate adeguatamente.

Lei è anche socia di Wista Italia, la Women’s International Shipping and Trading Association. Qual è il contributo di questa realtà nei confronti dell’occupazione femminile nel settore?
Uno degli obiettivi di Wista Italia è proprio quello di valorizzare il talento femminile e sostenere una significativa presenza delle donne negli organi decisionali nel privato e nel pubblico. Ad oggi siamo oltre ottanta donne provenienti da tutta Italia, tra cui imprenditrici del settore marittimo, avvocate, commercialiste, docenti, consulenti e donne che operano in compagnie armatoriali, nelle agenzie marittime e nelle imprese di logistica. Il settore dello shipping sconta ancora una grande disparità tra uomo e donna, anche se si stanno facendo passi in avanti; ma il cambiamento va sostenuto e alimentato con la formazione e l’informazione, due attività che Wista porta avanti dal 1994.

Quali sono i progetti più interessanti che si stanno intraprendendo?
A inizio ottobre è stato rinnovato il consiglio direttivo ed è stata nominata alla presidenza la dottoressa Costanza Musso. Poi, nel prossimo futuro, Wista sarà promotrice della certificazione per la parità di genere all’interno delle aziende, introdotta con la legge 162/2021. Manca ancora il decreto attuativo, ma siamo fiduciose che tale processo verrà sostenuto e accelerato. Non si fermeranno inoltre le attività di formazione professionale che svolgiamo tra le socie, sia per quanto riguarda la leadership che su specifiche tematiche come l’ambiente o l’innovazione tecnologica. Si tratta di momenti preziosissimi di scambio di conoscenze, idee e progetti, oltre che un’occasione di networking.

Dal suo punto di vista, perché è così difficile per le donne raggiungere ruoli apicali in questo settore?
Spesso si dimentica un concetto importante: sono l’inclusione e la collaborazione, tra uomo e donna, tra Marte e Venere, come direbbe lo scrittore John Gray, ad arricchire e a permettere di generare risultati positivi, anche a livello economico. È stato dimostrato che le attività logistiche con più donne nei consigli di amministrazione hanno rendimenti più alti rispetto ai concorrenti in cui le donne sono escluse. Per cui è importantissimo coinvolgere le donne, anche in ruoli apicali, consentendo loro di lavorare sinergicamente con gli uomini. In generale, coinvolgere in un progetto persone diverse per sesso, età e storia apre le porte alla varietà di attitudini, visioni ed esperienze che possono solo fare bene al business.

Lei si è mai scontrata con la cultura maschilista?
Scontrata no, ma mi sono sicuramente trovata in un mondo molto maschile, nel 1992 ancor più di oggi. Sono stata forse una delle prime donne in Sardegna a gestire un’azienda di trasporti e i miei interlocutori erano quindi tutti uomini. Noto che qualcosa ha iniziato a cambiare solo da 15 anni a questa parte. Oggi dire che questo non è un lavoro per donne è un concetto assolutamente obsoleto, oltre che non più accettabile. Se prima la logistica era più muscolare, legata all’idea di forza fisica, con la tecnologia odierna la logistica si fa cerebrale. Grazie all’innovazione, digitale e culturale, le donne possono diventare una realtà in questo settore, è quello che mi auguro.

Ha citato la sua terra, la Sardegna. Ci sono peculiarità o esigenze particolari legate al mondo dei trasporti?
La Sardegna si trova di fronte a un bivio: scegliere se essere solo un’isola turistica o fare anche impresa. Se si opta per questa seconda alternativa, le industrie hanno bisogno di vettori, sia per poter ricevere le merci da lavorare che per poter portare fuori i prodotti finiti. Il fatto che ancora oggi non ci sia una continuità territoriale per le merci è vergognoso. In Confindustria sono presidente della sezione trasporti Sardegna Meridionale e consigliere di Presidenza per la continuità territoriale e questo è un tema di cui ci stiamo occupando. Ci è stata riconosciuta l’insularità, ma mancano gli strumenti effettivi affinché venga applicata. Servono aerei e navi che ci colleghino al resto della penisola continuativamente. Serve stabilità per attrarre investitori e servono infrastrutture che speriamo con il Pnrr vengano adeguate. Solo così si può sperare di fare impresa in Sardegna.

Per concludere, c’è un personaggio al quale si ispira o che la ispira?
Mi piace leggere gli aforismi e ce ne è uno, di Oscar Wilde, che mi piace molto e dà molta autostima: «Date alle donne occasioni adeguate ed esse saranno capaci di tutto».

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