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Una scommessa che abbiamo contribuito a vincere. La bellezza della normalità

Nel 2020, con la nascita del nostro progetto al femminile «Anch’io volevo il camion», lanciammo la sfida: incrementare, entro tre anni, la quota di donne tra gli autisti dal 2% al 5%. I dati IRU mostrano che questo traguardo è stato già raggiunto e addirittura superato con due anni di anticipo. Merito, forse, di una rivoluzione di pensiero che si è messa sapientemente in moto: mostrare e normalizzare che alla guida di un camion c’è una donna

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Lo ammettiamo: quando abbiamo letto l’ultimo rapporto dell’IRU sulla carenza di autisti (ne parliamo a p. 26) siamo rimasti sorpresi dallo scoprire che il nostro Paese si sia piazzato primo in Europa per avere la più alta percentuale di donne al volante di un camion (6,2%). Di fatto, è un risultato che va ben oltre le nostre stesse aspettative. Perché quando nel 2020 lanciammo il nostro blog-manifesto «Anch’io volevo il camion», nato proprio con lo scopo di incrementare l’occupazione rosa nel settore, avevamo in mente un obiettivo ben preciso: portare, entro il 2023, la presenza femminile al 5% tra gli autisti (dal 2% stimato nel 2020). E il fatto che questo traguardo sia stato già raggiunto con un anno d’anticipo, come confermano i dati IRU, è il segno che qualcosa sta positivamente cambiando. E anche noi, nel nostro piccolo – lo diciamo con una punta di orgoglio – ci sentiamo parte promotrice di questo cambiamento. Perché proprio con il nostro blog, trasformatosi nel tempo in una vera e propria community con tanto di idee, proposte, numeri, comparazioni, azioni e storie, abbiamo dato voce, volto ed eco mediatica a tantissime donne che «ce l’hanno fatta». A fare cosa? Ovviamente a inseguire il loro sogno: guidare il camion, sfidando i persistenti pregiudizi di chi si ostina a vedere le donne che lavorano in questo mondo con una certa sorpresa e con un po’ di diffidenza.

Storie di camioniste

Nei tre anni di vita del progetto «Anch’io volevo il camion» abbiamo raccontato tante storie di donne, provenienti da ambienti molto diversi, con situazioni e sensibilità differenti, ma tutte accomunate dal fatto di essere mostrate nella loro «normalità». Già, normalità. Perché è questa, a nostro avviso, la sensazione che si dovrebbe provare davanti a una donna che decide di salire su un camion. Non c’è nulla di straordinario, di atipico o di assurdo. Tutto è possibile e tutto si può fare, come ci ha ricordato l’autista Marta Bertazzo, 40 anni da Rovigo, 15 dei quali trascorsi a lavorare come grafica pubblicitaria, prima di decidere di lasciare tutto per ritrovare sé stessa, in cabina. «Tanti, soprattutto uomini, mi chiedono spesso come faccio a gestire la famiglia con questo lavoro, perché lo stereotipo c’è, è innegabile, ma siamo noi a dover dimostrare che invece è possibile». L’autista e nostra test-driver Laura Broglio non poteva che usare parole migliori per affinare questo concetto: «La parola camionista non ha genere. Non si declina. Rimane invariata sia riferita al maschile che al femminile. Una parola che ha un grande potenziale racchiuso in sé, quello di andare bene per tutti».

Contro gli stereotipi

Molte autiste che svolgono questo lavoro da diversi anni, come ad esempio Barbara Strozzi, bolognese, quasi sempre al volante di notte, ci hanno raccontato che negli ultimi tempi le cose stanno cominciando a cambiare. Nel senso che la mentalità si è evoluta e differenze salariali vanno pian piano scomparendo. «Semmai – appunta Barbara – servirebbero strumenti per aiutare a far andare maggiormente d’accordo il tempo del lavoro con quello della famiglia e della vita privata. Piccoli aiuti vanno dati per chi non vuole rinunciare alla propria passione». Qualcun’altra invece si scontra con resistenze dure a morire, come rileva Silvia Martellotta, 50 anni, da Livorno, con una grande esperienza maturata nel settore del trasporto di ferro e acciaio: «Purtroppo, nonostante i progressi, noi donne siamo ancora rappresentate poco, specialmente nel settore – come il mio – di chi lavora con camion centinati. Per dirne una: ci sono aziende che scartano le donne a priori. Puoi avere tutte le competenze del mondo, ma non prendono in considerazione neanche il curriculum».

I muri della disparità

Certo, i muri da abbattere sono ancora tanti. È inutile nasconderlo. Ma noi pensiamo che bisogna continuare ad andare avanti per sradicare gli stereotipi, promuovere la parità di genere e aumentare le opportunità. «Per esempio, tutti sbagliano, un sinistro può capitare a chiunque – punge Frida Fiocco, 46 anni, da Padova, da quasi sei alla guida di un bilico per il trasporto di frutta e verdura – ma se oggi sbaglia una donna allora quello stesso sbaglio che avrebbe potuto commettere anche un uomo assume tutto un altro valore».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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