5,16 ore è il tempo medio in cui si attende al carico e allo scarico. Poi, trascorso quell’arco temporale il viaggio riprende. Ma in che modo? Abbiamo nuovamente girato la domanda a Paolo Moggi, responsabile Qualità Sicurezza e Ambiente di Federtrasporti, per trovare una risposta numerica adeguata. Quella che ci ha fornito, sempre traendola dalla banca dati Districò in cui Federtrasporti custodisce l’attività di 95 mila carte tachigrafiche, è molto eloquente: il 27,4% degli autisti non effettua una pausa tra le 12 e le 14. E siccome, in questa fascia oraria normalmente ci si dedica al pranzo, ne consegue che un autista su quattro lo salta o, al massimo, consuma qualcosa mentre è alla guida. Il resto degli autisti, il 72,6%, nel lasso temporale a cavallo del pranzo si ferma mediamente per 47 minuti, quindi esattamente quelli che servono per rispettare la normativa sui tempi di guida e di riposo.
Perché un pasto serale può essere poco sicuro
Due considerazioni urgono. La prima legata alla salute e alla sicurezza stradale: saltare un pasto non sempre è un’opzione saggia, perché espone al rischio di non fornire al cervello un necessario apporto di zuccheri. E in tal caso si produrrebbe un calo di concentrazione e una minore reattività in caso di bisogno. Senza considerare che, se a pranzo non si mangia, per forza di cose a cena bisognerà recuperare e quindi lo si farà in maniera più o meno veloce e smodata. Ma soprattutto, come ha più volte ribadito la Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylania, un unico pasto consistente assunto in ore serali rende più difficoltosa la digestione, in quanto rende più faticosa la metabolizzazione di grassi e carboidrati e, di conseguenza, condiziona negativamente la qualità del sonno.
Inserire il «lettino» durante una fase di impegno
Ma questo è l’aspetto eventuale, ciò che può o meno accadere. La cosa certa, invece, è un’altra: un autista per riuscire a saltare il pranzo (viaggiando nel rispetto della normativa) deve aver consumato la pausa obbligatoria per legge durante l’attesa. Molto banalmente, visto che le cose andavano per le lunghe, ha ben pensato di mettersi già in una prospettiva di recupero (indotta magari dal pensiero di dover andare a ricaricare e quindi a effettuare un’altra consegna) spostando il tachigrafo nella posizione «lettino». Quindi, quella con cui si segnala che è in riposo. Ma per essere tale, l’autista dovrebbe dedicare questo tempo esclusivamente a se stesso. Cosa possibile, magari, in quei rari casi in cui magazzinieri particolarmente organizzati comunicano all’autista che «per almeno tre ore non riusciremo a scaricarti, quindi ti conviene ripassare più tardi». A quel punto, se il conducente mette il tachigrafo sul lettino e schiaccia un pisolino, ha effettivamente riposato. Ma se rimane con gli occhi sbarrati a fissare un tabellone elettronico nell’attesa che la sua targa sia abbinata a una baia di carico, la situazione cambia: non sta guidando, ma è comunque a disposizione. E quindi questo tempo in cui rimane «ad occhi aperti» è comunque di impegno, come si usa dire. E a un controllo attento questo uso allegro del tachigrafo verrebbe sanzionato con 52 euro da moltiplicare per ogni giorno lavorativo in cui si è verificato.
Le conseguenze possibili nel caso in cui si faccia male
L’eventualità più disgraziata, però, è quella in cui l’autista sposta il tachigrafo in posizione «lettino», attende l’inizio dello scarico e poi la lascia attiva anche quando questa operazione prende avvio. A quel punto scende dal veicolo per prestare quell’assistenza e collaborazione che gli viene richiesta e si muove in un’area in cui si spostano anche strumenti per la movimentazione.
La speranza è che non si faccia male, ma se nella malaugurata ipotesi una tale eventualità dovesse accadere potrebbe diventare particolarmente fastidiosa. Perché a quel punto verrebbero chiamati immediatamente i soccorsi sanitari e insieme a loro arriverebbero anche gli agenti di controllo. Questi operatori, appena giungono sul posto hanno l’obbligo di scaricare i dati dal tachigrafo o di richiederli all’azienda. A quel punto se dovesse venir fuori che l’incidente è avvenuto in un momento in cui il dipendente stava osservando una pausa lavorativa, si corre il rischio di non avere una copertura per i costi derivanti dall’incidente. Detto altrimenti, il rischio è che l’Inail non paghi.
Il diritto alla pausa pranzo: se ne discute nel rinnovo del CCNL
Tutto questo aiuta a comprendere anche il perché, tra i tanti temi trattati sul tavolo riunito per stendere il nuovo Contratto Collettivo di settore, è stata posta attenzione anche a quello relativo al riconoscimento all’autista del diritto alla pausa pranzo, presente in alcuni accordi locali e a cui le organizzazioni sindacali vorrebbero riconoscere un valore economico, analogamente a quanto avviene in altri contratti di lavoro. Che ci si riesca non è ancora detto.