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Contratto di trasporto, è valido anche se privo di data certa

La Cassazione ha confermato che la presenza di una data certa nel contratto di trasporto è un requisito di efficacia per stabilire la decorrenza dei suoi effetti, ma la certezza alla data può essere dedotta anche da elementi esterni al contratto, come lo scambio di mail, che provino l'avvenuta stipulazione e la collochino in un preciso intervallo temporale

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Oggi ci occupiamo della cosiddetta “data certa” nel contratto di trasporto merci su strada. Si tratta dell’art. 6, d.lgs. n. 286 del 2005, poi modificato dal d.lgs. n. 214 del 2008. L’articolo recita: «Il contratto di trasporto di merci su strada è stipulato, di regola, in forma scritta e, comunque, con data certa per favorire la correttezza e la trasparenza dei rapporti fra i contraenti, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge».
Vedremo come la presenza o meno della data certa (o la sua deducibilità attraverso altri indizi) sia stato oggetto di contestazione tra un committente e una ditta di autotrasporto. Ma andiamo con ordine.

IL FATTO

L’azienda di trasporto merci aveva adito il Tribunale di Bassano del Grappa, chiedendo che le venissero pagate prestazioni di trasporto merci effettuate per conto di un’impresa committente. Il tribunale aveva dato ragione all’azienda, ingiungendo alla committenza di pagare una cifra di oltre 262 mila euro.
Il committente si era però opposto alla sentenza ed era ricorso al Tribunale di Vicenza, affermando l’inadempienza del trasportatore che aveva – a suo dire – interrotto ogni prestazione dall’aprile 2012, esercitando un recesso illegittimo non preceduto da preavviso. Questo con l’aggravante di aver subito danni per i maggiori costi che aveva dovuto sostenere rivolgendosi ad altri trasportatori. A sua volta, quindi, il committente aveva chiesto la revoca del decreto e la condanna della controparte al risarcimento dei danni per 80 mila euro (in subordine, per quasi 48 mila euro).
L’azienda di trasporto contestò allora l’opposizione, basandosi sul fatto che, per lei, il contratto di trasporto merci su strada concluso non le era opponibile, in quanto privo di data certa; che si trattava di un mero accordo quadro che non l’obbligava ad accettare in via sistematica ogni ordinativo della committente; che, quindi, non aveva esercitato il recesso e non era tenuta a rispettare un termine di preavviso; che la determinazione di non effettuare trasporti per conto della committenza era stata assunta a fronte del mancato pagamento di un rilevante numero di trasporti.
Il Tribunale di Vicenza diede tuttavia ragione al committente, dichiarando la validità del contratto quadro del 2010, che, a seguito di tacito rinnovo, doveva ritenersi efficace fino al 31.12.2012. Il giudice ritenne che l’azienda trasportistica avesse esercitato di conseguenza un illegittimo recesso dal contratto, provocando alla controparte un danno, e la condannò al pagamento dei 48 mila euro.
Ricorso in appello, a questo punto, del trasportatore, che però si vedeva respinta la sua pretesa anche dalla Corte di Appello di Venezia.

LA DECISIONE

Ma l’azienda di trasporto non si dà per vinta e invoca anche la Cassazione, con una serie di motivazioni quasi tutte peraltro bocciate dalla Suprema Corte, che conferma infine le sentenze precedenti nella sua decisione del 15 novembre 2023, pubblicata lo scorso 19 febbraio 2024.
Di queste “bocciature” a noi interessa soprattutto quella sulla data certa. Cosa pretende in questo senso l’azienda di trasporto? Innanzitutto, censura il passaggio della sentenza impugnata in cui la Corte territoriale aveva affermato che il requisito della data certa «non è previsto a pena di nullità e di inefficacia. Altri sono gli elementi essenziali dell’accordo ovvero del contratto c.d. quadro di trasporto». Secondo il trasportatore il tenore letterale della norma «non lascia margine a interpretazioni soggettive: il contratto di trasporto su strada per essere valido tra le parti deve avere data certa» e rileva che il contratto in esame non possedeva questo requisito. Inoltre, esclude altresì che i giudici di merito potessero riconoscere allo scambio di corrispondenza intercorso fra le due parti la prova che esistessero rapporti certi tra di esse, considerando dunque questo criterio come alternativo a quello della data.
Ma alla Cassazione queste argomentazioni sono parse infondate. Il testo dell’art. 6, d.lgs. 286 – spiega la Corte – non prevede la data certa come requisito di validità del contratto, bensì «come requisito di efficacia del contratto e per stabilire la decorrenza dei suoi effetti. Questo è evidenziato dallo stesso enunciato normativo, che lega la data certa alla finalità di favorire la correttezza e la trasparenza dei rapporti fra i contraenti». Ha perciò ragione il giudice di merito quando afferma che la certezza alla data si può basare anche su elementi esterni al contratto (come in questo caso lo scambio di mail), che comprova «l’avvenuta stipulazione del contratto e la sua collocazione in un preciso intervallo temporale».

LE CONSEGUENZE

Risulta così respinta la tesi dell’azienda di trasporto, tranne per quanto riguarda l’importo delle spese di giudizio, che la Cassazione ha compensato dividendole a metà tra le parti.
Il principio che ne emerge è in conclusione di particolare importanza e fa, come si dice, giurisprudenza: se in un contratto di trasporto non viene riportata una data, questo particolare non rende nullo il contratto, potendosi desumere la validità e l’efficacia dello stesso da altri particolari alternativi.

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