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Chiude per Covid il terzo porto del mondo per traffico container: la logistica globale singhiozza, le tariffe di trasporto aumentano

La Cina chiude per contagio il porto di Ningbo e in particolare l'area del terminal container da cui nel 2020 era transitati 5,4 milioni di teu. Il rischio congestione è elevato, i tempi di consegna delle merci su allungano e si innalzano ancora le tariffe di trasporto. Fonti cinesi parlano di una riapertura definitiva dal 1° settembre

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Lo scenario ormai è noto, ma il suo riproporsi lo rende sicuramente più preoccupante. Parliamo della perdita di equilibrio del traffico container determinato dalla pandemia. Nei giorni scorsi a causa di un contagio (abbastanza circoscritto) di Covid-19, la Cina ha deciso di chiudere il terminal del porto di Ningbo-Zhoushan, il terzo più grande al mondo per traffico container, assestando un altro duro colpo alla logistica globale del settore. A essere chiusa, in particolare, risulta l’area di Meishan del porto, quella da cui nel 2020 era transitati 5,4 milioni di teu, vale a dire circa il 20% del traffico complessivo del porto.

In termini pratici la chiusura ha determinato una crescita dei tempi di attesa per le navi. Per la precisione ci sono 350 imbarcazioni cargo che attendono un segnale per poter attraccare in banchina. Attraverso riposizionamenti in altri terminal si spera di contenere l’attesa in tre giorni, ma il rischio che si possa salire fino a sette o a nove giorni è estremamente concreto.  D’altra parte, quando nello scorso giugno anche il porto di Yantian era stato chiuso per contagio, nell’arco di circa un mese di stasi si erano accumulati più di 360 mila container. Tutto questo per dire che il trasporto container funziona come un orologio e che quindi quando qualcosa finisce per allungare i tempi, la congestione diventa inevitabile e i disagi estremamente concreti. Non a caso nei giorni scorsi le grandi compagnie marittime hanno mostrato qualche nervosismo. Cma Cgm, per esempio, ha diffuso una nota per chiarire che molti traffici saranno trasferiti a Shanghai. Hapag-Lloyd, invece, ha parlato chiaramente di possibili ritardi rispetto alle spedizioni già pianificate.

Tutto questo finisce per mettere nuovamente in crisi le filiere produttive che stanno cercando di far fronte a una crescita della domanda spinta dalla ripresa economica. Problema che contribuisce ad aggravare la carenza di materiali e i ritardi nelle forniture, già lamentate da molte imprese. Ma soprattutto l’intera situazione contribuisce a far schizzare ulteriormente in alto le tariffe per i servizi di trasporto. Dalla Cina all’Olanda, ormai, per il trasferimento di un container vengono richiesti anche 14 mila euro, mentre per la rotta che dai porti cinesi muove verso gli Stati Uniti si arriva anche a 20 mila dollari. E i profitti della grandi compagnie di navigazione continuano a lievitare. Un esempio in tal senso è piuttosto eloquente: la compagnia Hapag-Lloyd nel corso dei primi sei mesi del 2021 ha visto triplicare i profitti, toccando la soglia di 2,7 miliardi di euro, rispetto ai 900 milioni delle stagioni precedenti.  

Un incremento dei margini che non corre parallelo rispetto al livello del servizio, visto la percentuale di ritardi nelle consegne è andata progressivamente aumentando. Se fino a fine 2019 non superava la mezza giornata, ora mediamente si arriva a tre giorni, con punte che raggiungono i sei giorni nei collegamenti tra Cina e Los Angeles.

Intanto proprio nelle ultime ore si sono diffuse voci di fonte cinese secondo cui il porto di Ningbo sta facendo di tutto per riaprire parzialmente il 24 agosto e poi completamente dal 1° settembre. Ma in ogni caso – si ammette – per smaltire gli arretrati sarebbero necessarie circa due settimane di tempo.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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