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La Consulta boccia la riforma dei porti: «Vanno coinvolte le Regioni»

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Uccisa in culla: è il destino che sembra colpire la neonata riforma dei porti. Una sentenza della Corte Costituzionale n. 261/2015 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il primo comma dell’art.29, del decreto-legge Sblocca Italia. Motivazione: i porti e gli aeroporti sono, dopo la riforma costituzionale del Titolo V, una materia di competenza concorrente tra Stato e Regioni, nel senso che rispetto a tali argomenti le Regioni hanno potestà legislativa, ma lo Stato fissa i principi fondamentali. Di conseguenza il Piano Strategico Nazionale della Logistica e della Portualità andava adottato in sede di Conferenza Stato-Regioni: senza il supporto delle istituzioni regionali, cioè, il Governo non può da solo varare la riforma portuale.

A promuovere il ricorso alla Corte Costituzionale lo scorso 21 gennaio era stata la Regione Campania a guida Stefano Caldoro.

Adesso il problema è legato anche al Programma Operativo Nazionale (PON) reti e infrastrutture 2014-2020, che vale 1.8 miliardi di finanziamenti pubblici da investire nelle regioni Convergenza quali Puglia, Calabria, Sicilia, Campania e Basilicata.

Un programma già approvato dall’Unione europea (che peraltro lo finanzia al 75%) in vista della riforma portuale. Ma se la riforma si blocca non è detto che a Bruxelles la prendano bene. E allora? Va cercata una soluzione. Presto sapremo quale.

 

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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