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Un autista va in Grecia a caricare e… il 10 giugno rischia una condanna a 400 anni

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C’è un autista di un’azienda di Fondi, la Ideal Trasporti,che lunedì prossimo, 10 giugno, rischia di essere condannato a 400 anni dicarcere

La sua colpa è di essersi recato tre anni fa in Grecia percaricare agrumi da portare in Italia. 
 La sua colpa è di aver terminato le operazioni di caricoverso le 17.30 e quindi di non essere riuscito a prendere in tempo la nave inpartenza da Patrasso alle 16. 
La sua colpa a quel punto è stata di aver trascorso la nottein un’area di servizio, dopo essersi assicurato di aver chiuso il semirimorchiofrigo con un grande lucchetto antifurto. L’indomani, giunto all’imbarco, vienesottoposto a un controllo e il doganiere di turno gli dice di aprire ilrimorchio. L’autista toglie l’antifurto e spalanca le porte. Ma, quando ildoganiere butta un occhio dentro, fa un’espressione contrita: quella di chi havisto, nascosti in mezzo alla frutta, sopportando una temperatura di 5 gradiper un’intera giornata, ben 20 persone, di cui 17 minori
Il conducente del veicolo resta sbigottito e cerca dispiegare che lui con quella storia non c’entra niente e che fa fatica pure acapire come sia accaduta. Ma non c’è verso. Tempo mezzora si ritrova in carceree processato per direttissima, mentre l’intero convoglio veicolare vienesequestrato. 
Inizialmente le cose sembrano mettersi bene. Nel senso cheal processo – stando a quanto racconta l’avvocato che viene dato d’ufficioall’autista – viene appurato come sono andati i fatti, vale a dire chel’«intrusione» è stata resa possibile dallo svitamento delle barre posterioridel rimorchio. E sembrerebbe pure che il giudice dia credito alla versioneperché, dietro pagamento di una cauzione, concede la libertà all’autista
Nel frattempo il semirimorchio viene dissequestrato, mentreil trattore è trattenuto, perché il contratto di noleggio con cui l’IdealTrasporti l’aveva acquisito scade nel febbraio dell’anno successivo, ma lasentenza che decide sul dissequestro arriva a marzo. E così ilgiudice sostiene – un po’ paradossalmente – che l’azienda non ha più titolo perchiedere alcunché. 
Trascorrono due anni. Un paio di settimane fa arriva – comeuna doccia gelata – una telefonata dell’avvocato di ufficio che informa che: 
 – il pm ha chiesto appello; 
 – l’udienza è stata fissata per il 10 giugno; 
– c’è da pagare un’ulteriore cauzione, oltre al compensoprofessionale dell’avvocato, per poter andare avanti. 
Tutto molto fumoso. Non si sa perché sia cambiato così tantolo scenario, non si sa perché bisogna pagare ancora, non si sa che gioco ci siadietro. Ma non c’è tempo nemmeno per pensare. La cosa urgente, adesso, è fare,ma al consolato dicono che non sanno cosa. 
Eppure che esista un grande traffico di clandestini gestitoda organizzazioni che fanno base in Grecia, ma sono ramificate in ogni dove, ècosa risaputa. Così come è risaputo che queste organizzazioni sfruttano, per unverso, persone in fuga dalla disperazione e, per un altro, i tanti camion intransito come strumenti inconsapevoli per i loro traffici. 
Ma perché della spregiudicatezza di queste organizzazionidovrebbe pagare un povero autista italiano? Perché, vista l’esistenza dicentinaia di organizzazioni criminali attive nel traffico di clandestini,qualcuno pensa che un conducente di un camion organizzi un’operazione cosìcomplessa in totale solitudine? Perché un onesto lavoratore si deve trovare conla prospettiva di subire una pena che, soltanto per scontarla, occorrerebberosei o sette vite? 
Non esiste presso il nostro ministero degli Esteri, pressoil nostro consolato qualcuno che possa evitare tutto questo?
Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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