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Insonnia e apnee notturne: il rischio incidente può triplicare

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Si torna a parlare del problema delle Osas collegato alla sicurezza stradale. A farlo è la testata californiana Plos One (una rivista scientifica di tipo “open access” del Public Library of Science (PLOS) che diffonde ricerche in ambito scientifico) che ha dedicato un servizio alla problematica delle apnee notturne riprendendo uno studio coordinato dal neurologo Sergio Garbarino del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Genova e dal professore di Medicina del Lavoro Nicola Magnavita dell’Istituto di Salute Pubblica dell’Università Cattolica Sacro Cuore di Roma.

La ricerca – realizzata all’interno del Progetto Check-Stop di Iveco – si è basata su un sondaggio che ha coinvolto 949 autotrasportatori (che in forma anonima hanno effettuato controlli e questionari); nel 27,5% di questi è stata riscontrata una diagnosi di insonnia, oltre a malattie cardiovascolari, diabete, disturbi respiratori e depressione.

In particolare, secondo la ricerca, l’insonnia, associata a malattie come l’apnea notturna, può moltiplicare significativamente il rischio di incidenti stradali, fino a tre volte, mettendo a rischio la propria e l’altrui incolumità.

Un problema da non sottovalutare per le persone che soffrono di Osas che non possono guidare se non si sottopongono a cure specifiche, come prevede un decreto legge del 22 dicembre 2015 e pubblicato in G.U. il 13 gennaio 2016 che recepisce una direttiva europea.

Un problema che anche l’Albo degli Autotrasportatori ha affrontato avviando lo scorso anno uno screening su stili di vita, abitudini e condizioni di salute degli autotrasportatori per scattare una fotografia sulle condizioni di una delle categorie più a rischio, data l’alta percentuale di sedentarietà, l’alimentazione non sempre regolare e l’alterazione del ritmo sonno/veglia che caratterizzano la professione dell’autotrasportatore.

Oltre ai consigli classici, utili per combattere l’insonnia – evitare di bere the o caffè dopo le 16,00, assumere cibi facilmente digeribili, fare un minimo di attività sportiva, evitare la televisione in camera, ecc – i ricercatori dell’università olandese di Eindhoven hanno recentemente reso noto uno studio secondo cui aprire porte e finestre dell’ambiente in cui si andrà a dormire può ridurre la concentrazione di anidride carbonica (CO2) della stanza e migliorare la qualità del riposo. Lo studio ha coinvolto una ventina di persone, monitorate per cinque notti, che hanno dormito sia con porta e finestra della camera da letto aperte, sia con porta e finestra chiuse. La qualità del sonno dei volontari è stata valutata sia soggettivamente sia oggettivamente con strumenti ad hoc (uno strumento da indossare al polso e alla caviglia che rileva e registra il sonno in tempo reale e un sensore di movimento da posizionare sotto il cuscino). Dai report è emerso che laddove l’anidride carbonica nella stanza era minore, il sonno è risultato più profondo, la qualità del sonno migliore e il numero di risvegli notturni minore.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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