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L’Italia sprofonda nel trasporto internazionale: Anita chiede a Delrio di uscire dalla CEMT

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C’è un dato che fotografa meglio di tanti altri l’economia italiana. Su scala mondiale siamo il quarto paese per esportazioni, eppure abbiamo un trasporto internazionale clamorosamente debole. Le ragioni sono molte, ma su una punta il dito Thomas Baumgartner, presidente di Anita: le autorizzazioni CEMT.  Nel’ultima graduatoria – quella per il 2015 – sono state attribuite 197 autorizzazioni su un contingente di 268 e soltanto 71 sono state interessate da rinnovo per aver effettuato l’anno scorso un numero minimo di viaggi. Ma soprattutto la partecipazione alla CEMT, produce un effetto svantaggioso per i nostri trasportatori, visto che soltanto in piccola parte approfittano delle autorizzazioni, mentre in Italia ci sono migliaia di trasporti svolti da parte di vettori stranieri con autorizzazioni CEMT e autorizzazioni a viaggio, sia in traffico bilaterale sia triangolare. Tutto ciò evidenzia lo scivolamento verso il passo delle nostre imprese, che si è generato nell’ultimo decennio e che, «in assenza di radicali scelte politiche da parte del governo, si tradurrà – prevede Baumgartner –nella definitiva uscita del vettore nazionale dalla scena internazionale del traffico delle merci. Basti pensare che il solo costo del conducente è fino a tre volte più alto che nell’Est europeo ».

Se poi a questo si aggiunge che, con l’allargamento dell’Unione europea, 28 dei 43 Paesi aderenti alla CEMT sono Stati membri dell’UE (dove si trasporta quindi con licenza comunitaria), tanto vale fare il passo decisivo: assumere il coraggio di uscire dalla CEMT. Tale uscita – che Baumgartner richiede esplicitamente al ministro dei Trasporti Graziano Delrio – «permetterebbe alle imprese italiane di trasporto di recuperare quote di mercato internazionale contrastando il fenomeno del dumping sociale, attraverso una reale attività che non sia puramente simbolica, come avviene attualmente, e che comporterebbe un vantaggio per l’economia nazionale; al contrario, la permanenza italiana nella CEMT, assicurerebbe solamente un ricco mercato del trasporto ai vettori extra e neo-comunitari, i quali si contenderanno i traffici internazionali con origine/destino nel nostro Paese».

Detto ciò, Baumgartner specifica che di per sé Anita «non è contraria all’apertura dei mercati, a patto che vi siano parità di condizioni tra gli operatori che oggi, purtroppo, ancora non si verificano nemmeno all’interno dell’Unione, dove il dibattito sui trasporti di cabotaggio e la mancanza di condizioni paritarie costituisce un freno a ulteriori aperture del mercato dei servizi di trasporto». E proprio per questo il presidente di Anita scommette pure sull’imminente uscite dalla CEMT anche di altri paesi europei, «per far recuperare quote di traffico alle proprie imprese».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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