Parliamo sempre di autotrasporto, mentre intorno accade di tutto. Concedeteci allora di far entrare per un attimo questo «tutto» attraverso la storia di un uomo che ha più di un legame con l’autotrasporto e con la guida. Si chiama Alan Henning. O meglio si chiamava, perché l’Isis lo ha sgozzato qualche giorno fa. La sua unica colpa era di essere occidentale, ma per il resto si era messo semplicemente al servizio di una causa. Alan Henning era figlio di un camionista e per un po’ ha provato a seguirne le orme. Poi, nella contea di Manchester, dove era nato e vissuto senza mai spostarsi altrove, ha pensato fosse più semplice – o forse meno faticoso – portare persone piuttosto che merci. Così, quando un giorno ha ascoltato per l’ennesima volta le notizie delle vittime che il regime di Assad stava mietendo in Siria, ha pensato che fosse giusto fare qualcosa. Così, un uomo che non aveva mai messo il naso fuori dal Regno Unito è volato verso Sud e si è messo al servizio di un’organizzazione umanitarie per fare l’unica cosa che sapeva fare: guidare. E gli è toccato trasportare di tutto: feriti e a volte, per destino beffardo, anche merci, sempre se si vogliono considerare tali le medicine e gli aiuti da far giungere alla popolazione siriana.
Questo era Alan Henning: un conducente prestato a una causa, una persona normale che ha capito di poter dare una mano a chi aveva bisogno facendo semplicemente ciò che sapeva fare. Chi lo ha conosciuto riferisce che non parlava mai di politica, né faceva grandi racconti delle sue missioni. Aiutava e basta, senza sentirsi un eroe, né in qualche modo speciale.
Ecco, sapere queste cose, sapere pure che lascia una moglie e due figli (di 15 e 17 anni), aiutano a capire lo sguardo sgomento e confuso dei suoi ultimi istanti, così come appare lo mostravano nel video diffuso dall’Isis. Lo sguardo di chi non capisce attraverso quale strano percorso la vita lo abbia condotto a quel capolinea. Di chi non capisce attraverso quale distrazione la sua guida lo abbia portato fuori strada.