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Primo incontro fra il neo ministro Giovannini e le associazioni dell’autotrasporto. Ne riparliamo a maggio

Deluse le attese di chi pensava di poter parlare di autotrasporto. La riunione – allargata a tutte le modalità del trasporto – ha affrontato i temi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, definiti prioritari dallo stesso ministro. Caute le reazioni delle associazioni che hanno sollecitato un incontro specifico sui temi del settore

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Un sorriso a denti stretti, un sospiro di pazienza, un pizzico di delusione, qualche mugugno. Cominciano così i rapporti fra il nuovo ministro titolare, Enrico Giovannini, e le associazioni dell’autotrasporto, celebrati mercoledì 17 marzo attraverso i canali del web, unica modalità di incontro ormai consentita dalla pandemia, e imperniati sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che – ha subito spiegato il ministro – ha la priorità su tutto il resto, perché deve essere presentato entro il 30 aprile alle autorità europee se vogliamo avere i soldi del Next Generation UE. Alla fine, perciò, le dichiarazioni ufficiali sono state all’impronta della cautela. «Bene il ministro sul finanziamento del rinnovo del parco veicolare sia leggero che pesante», ha dettato il presidente di Unatras e di Confartigianato Trasporti, Amedeo Genedani. Peccato che non lo abbia detto a loro, ma alla commissione della Camera, il giorno prima, tant’è che su questo punto il comunicato sottolinea «con favore le dichiarazioni dei giorni scorsi del ministro».
Senza giudizi espliciti il comunicato di Conftrasporto, che si limita a riferire le priorità esposte dal segretario generale, Pasquale Russo: «Una riforma che sburocratizzi e semplifichi strumenti giuridici per utilizzare le risorse del Next Generation» e «la destinazione dei fondi per la transizione tecnologica al rinnovo del parco veicoli pesanti e della flotta navale italiana». Anche se Russo, poi, spiega che «la creazione di un team per rivedere le procedure di spesa, annunciata dal ministro, è una buona notizia anche per l’autotrasporto. La velocità con cui vengono messe in circolo le risorse si ribalta su tutto il sistema, compreso l’autotrasporto».  Ma nel complesso nessun giudizio. «Non sono questi gli incontri nei quali si possono approfondire certe tematiche anche urgenti. Restiamo in attesa». Concetto che più o meno si ritrova nel comunicato di Confartigianato Trasporti che parla di «primo confronto».

LE RICHIESTE DI UNATRAS

Perché le richieste – e le attese – dell’autotrasporto erano assai diverse. Unatras le aveva elencate pochi giorni dopo la nomina di Giovannini, il 24 febbraio, secondo un canovaccio diventato ormai un classico dell’epistolario autotrasportistico italiano: prima le congratulazioni e gli auguri e subito dopo un «vediamoci al più presto perché c’è da risolvere una serie di questioni urgenti». Il tutto con il linguaggio felpato delle lettere di inizio rapporto.
E dunque, per prima cosa la rivendicazione per l’autotrasporto di aver già avviato il percorso di «transizione ecologica, sostenibilità ambientale e rinnovo del parco veicolare», tanto caro al nuovo governo. Che in concreto vuol dire che c’è bisogno di «continuità nella pianificazione pluriennale condivisa con i soggetti di rappresentanza» (tradotto: decidiamo e programmiamo insieme gli incentivi al rinnovo del parco), di intervenire contro i «gravi danni dell’abusivismo e della concorrenza sleale» degli «operatori esteri» (tradotto: controlli e sanzioni pesanti contro il cabotaggio irregolare e le violazioni del Pacchetto Mobilità), contro lo «squilibrato rapporto contrattuale con la committenza» (tradotto: ci avete ridato i costi di riferimento e adesso non cedete alle pressioni dell’industria) e contro «il ritardo dei tempi di pagamento» (non c’è bisogno di traduzione), nonché contro «una serie di problematiche e oneri che, se non troveranno soluzione in tempi rapidi, finiranno con l’acuire il gap di competitività» (tradotto: trovate il modo di abolire il contributo all’ART). A parte l’Europa, con «il contrasto alle misure unilaterali di paesi membri» (tradotto: Bruxelles deve impedire a Vienna di ostacolare i nostri transiti in Austria). In conclusione, non solo ci vuole un incontro (dove prendere gli impegni politici), ma anche un tavolo di confronto dove trovare le soluzioni a questa caterva di problemi.

L’INCONTRO CON GIOVANNINI

Senonché il neo ministro ha preso in contropiede le associazioni del settore. Proprio mentre queste ultime stavano per decidere un nuovo passo, è stato lui a far partire le convocazioni: per mercoledì 17 marzo, la stessa data in cui si sarebbe dovuta riunire la presidenza di Unatras che è stata costretta ad anticipare di un giorno la riunione per prepararsi a un incontro diverso dal solito e non solo per il collegamento online. Intanto l’invito era stato rivolto a una cinquantina di soggetti di tutto il mondo dei trasporti – e a livello confederale – per cui molte associazioni di rappresentanza sono rimaste tagliate fuori dalla discussione. La quale discussione, data la nutrita partecipazione, ha limitato la durata degli interventi a pochi minuti ciascuno. Giovannini ha fatto il punto del Piano, poi sono partiti i singoli interventi – a cui il ministro ha risposto uno per uno – a cominciare da Confindustria, poi è toccato ai sindacati, quindi ai rappresentanti delle altre modalità e, quando stava cominciando il turno degli autotrasportatori, Giovannini si è alzato e se n’è andato per un altro impegno, lasciando a rappresentarlo il capo della struttura tecnica di missione, Giuseppe Catalano.
Peccato, perché di domande le rappresentanze dell’autotrasporto ne avevano un bel po’. Anche sul PNRR, perché il pacchetto riservato a Giovannini dalla bozza del Piano è consistente. Il neo ministro aveva precisato il giorno prima in audizione in Commissione alla Camera che al suo ministero sono «riconducibili 40 dei 169 target dell’agenda 2030» relativi, tuttavia, prevalentemente alla parte infrastrutturale (compresa nella missione 3 «Mobilità» delle 6 in cui è articolato il piano) a cui sono assegnati 32 dei 48 miliardi di euro previsti per il ministero, destinati quindi alle linee ferroviarie, ai porti, agli aeroporti e alle infrastrutture logistiche. Altri 13,2 miliardi andranno alla missione 2 «Transizione ecologica» (idrogeno, trasporto pubblico locale, edifici pubblici, sistema idrico) e altri 2,8 alla missione 5 «Inclusione e coesione» (rigenerazione urbana e housing sociale).
E all’autotrasporto? E gli incentivi per il rinnovo del parco? Nella sua introduzione Giovannini non ne ha parlato, limitandosi a un accenno generico – e preoccupante – all’impossibilità di accontentare tutti e a un altro cenno alla politica dei Sussidi ambientalmente dannosi (SAD) – tra i quali c’è lo sconto per le accise agli autotrasportatori – che vale 20 miliardi. E quando gli autotrasportatori glielo potevano chiedere nel dettaglio, il ministro si era già allontanato, e si sono dovuti accontentare di quanto abbozzato il giorno precedente a Montecitorio.
Alle associazioni non è rimasto che ribadire il concetto, rinunciando all’elenco di questioni poste nella lettera di febbraio. Ma non all’incontro, che Genedani – nel ribadire la richiesta degli incentivi per svecchiare il parco e un rifinanziamento del Marebonus che vada agli autotrasportatori che scelgono le vie del mare anziché agli armatori – ha sollecitato a Catalano. Il capo della struttura di missione ha risposto che per l’incontro non c’è problema, salvo che la priorità ora spetta alla stesura del Piano. «Questo vuol dire che se ne riparlerà a maggio», trae le conclusioni Patrizio Ricci, presidente di CNA-Fita, infastidito anche dalle modalità dell’incontro. «Troppi partecipanti, poco tempo per approfondire e il ministro che non resta fino alla fine», sintetizza. «È come se lo avessero organizzato solo perché l’Unione europea gli impone di ascoltare le parti sociali prima di varare il Piano».

ART E BRENNERO

E intanto, l’Autorità per la regolazione dei trasporti, prosegue come un treno nella sua richiesta di contributo agli autotrasportatori la cui prima rata è in scadenza – guarda caso – proprio il 30 aprile. Anche se limitata ai veicoli al di sopra delle 26 tonnellate di portata, la norma è fortemente contestata da tutto il settore che si sente colpito alle spalle dall’inserimento a sorpresa, nel decreto per la ricostruzione del ponte Morandi, di un cavillo che estende l’obbligo del contributo anche a soggetti come gli autotrasportatori che non sono «regolati» direttamente dall’Autorità, ma attivi in collegamento con stazioni, aeroporti e porti sottoposti a regolazione.
Una disposizione così stiracchiata che le associazioni ne hanno chiesto da tempo l’abrogazione, ottenendo dal precedente governo un impegno mai andato in porto. «Oltretutto», protesta Claudio Donati, segretario generale di Assotir, «in mezzo a tante proroghe per il Covid, il contributo all’ART è l’unico che non sia stato procrastinato, nonostante sia davvero complicato capire come individuare il fatturato prodotto dai mezzi oltre le 26 tonnellate che lavorano con stazioni, porti e aeroporti». Tanto più che una procedura maliziosa prevede che l’Autorità mandi il conto – lo 0,6 per mille del fatturato alle aziende con più di 3 milioni di giro d’affari – calcolato sull’intera attività e siano le imprese a dover dimostrare come e perché devono pagare di meno.
E in attesa – urgente – di interventi c’è anche il traffico sul Brennero. È vero che il primo atto di Giovannini da ministro è stata una lettera alla commissaria europea ai Trasporti, Adina Valean, perché sia data «piena attuazione dei principi delle Green Lanes» stabiliti per ridurre i rallentamenti provocati dalle misure anti Covid, ma la questione riguarda soprattutto la Germania. Il vero nodo è il comportamento dell’Austria che continua immarcescibile a emanare divieti su divieti che limitano fortemente il transito di camion (e merci) italiani da e verso il centro dell’Europa. L’ultimo è il nuovo dosaggio (300 veicoli l’ora) prolungato anche per la seconda metà dell’anno: sono 16 giorni e valgono solo per i transiti in direzione Sud. Di tutta la questione, Genedani è arrivato a protestare, per lettera, anche con il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi e con la presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen. Con Giovannini non è riuscito a parlarne.
Insomma, c’è tanto vuoto da riempire. E anche questa storia di far sparire la parola «trasporti» dal nome del dicastero, che dal 9 febbraio si chiama ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili non è piaciuta fin dall’inizio. «Un cambiamento che genera perplessità», aveva lamentato la Fiap. «Inaccettabile», aveva tuonato Conftrasporto, evocando forme di «vetero ambientalismo». La previsione di un paio di mesi di vuoto, in attesa che si completi l’iter del PNRR, prima di affrontare i problemi del settore alimenta le perplessità manifestate subito dopo la comunicazione della nuova denominazione. «Hanno dato il nome al bambino», scuote la testa Ricci, «ma la ragazza non è ancora incinta».

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