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EDITORIALE | Albo, Ponte e prevenzione: a cosa servono?

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Albo autotrasporto, Ponte sullo Stretto e prevenzione nella sicurezza. Tre argomenti distanti, che in questo numero teniamo insieme ponendoci, rispetto a ognuno, la medesima domanda: a cosa serve?
Partiamo dall’Albo. La sua utilità è fuori discussione: dalla sua costituzione, avvenuta alla fine degli anni Settanta, ha di fatto consentito al settore di instaurare un rapporto diretto e continuativo con le istituzioni e di fornire un contributo tecnico alle politiche e alle normative che lo riguardano. In più, dalla partecipazione all’Albo le associazioni di categoria traggono più o meno direttamente quei fondi utili a garantire la formazione e, di conseguenza, la crescita professionale di tanti operatori. Ma proprio perché utile l’Albo deve applicare all’esterno quel metodo di trasmissione tanto caro ai social chiamato «condivisione». Invece, dopo la sentenza del TAR del Lazio che ha riammesso Assotir nel Comitato Centrale e ha obbligato, un po’ come si fa quando torna l’ora solare, a rimettere indietro le lancette dell’orologio, si fatica a comprendere come si andrà avanti. Né c’è qualcuno che voglia provare a spiegare la ragione all’origine di questa strana transizione da compiere in retromarcia. Ma veramente quanto accaduto è la conseguenza della volontà di contenere il numero delle associazioni rappresentate nell’Albo? O serviva invece a rintuzzare i tentativi di accesso da parte di nuove associazioni? O a soddisfare l’esigenza di qualcuno di ribadire che le confederazioni sono gerarchicamente superiori alle associazioni, così come la committenza lo è rispetto all’autotrasporto? In questa fase tacciono tutti. Ci piace pensare che si è aperta la stagione della riflessione silente a cui seguirà quella delle scelte condivise.

Veniamo al Ponte sullo Stretto. Cosa pensino, rispetto alla sua utilità, gli ambientalisti, i benaltristi, gli infrastrutturalisti e anche i sismologi, i geologi, i futurologhi lo sapete già. Noi abbiamo pensato di raccogliere l’opinione degli autotrasportatori, di chi cioè su quell’opera dovrà viaggiare e lavorare tutti i giorni. E al di là del merito delle risposte, ciò che colpisce è la loro forma articolata e ampiamente giustificata. In estrema sintesi, gli autotrasportatori sono convinti che, il poter andare da Messina a Villa San Giovanni tramite una strada, faccia risparmiare tempo. E per chi compra tempo e poi lo vende – ci hanno detto – già questa sarebbe una conquista. Un parere che chi di dovere dovrà mettere insieme agli altri, prima di tradurre il tutto in capitali e comprendere se sia o meno opportuno realizzare l’infrastruttura.

Infine, chiedersi se la prevenzione nella sicurezza sia utile suona un po’ come una petizione di principio. Perché se la sicurezza è un valore da proteggere, è ovvio che tutto quanto eviti di metterla a repentaglio diventi beneaccetta. Speriamo funzioni così anche rispetto ai due diversi casi prospettatici da altrettanti trasportatori, l’uno relativo al trasporto di prodotti chimici, l’altro a quello di rifiuti ferrosi, ma entrambi riferiti a lacune operative ad alto tasso di pericolosità. La prima si manifesta quando si scarica una cisterna e la si attacca a un serbatoio; se il raccordo tra questi due elementi fosse sempre il medesimo, si eviterebbe il rischio di utilizzarne alcuni non congeniali o di creare linee di travaso improvvisate e più esposte a errori. È troppo complicato individuare uno standard? Abbiamo girato la domanda a chi produce, riceve e spedisce la merce in questione. Auspichiamo che la risposta si manifesti mettendo tutte le parti coinvolte attorno a un tavolo per ragionare. La seconda riguarda il malcostume adottato da alcune acciaierie di chiedere agli autisti di scoprire le vasche da scaricare fuori dagli impianti. Vale a dire in luoghi non deputati e dove, in caso di caduta, l’Inail potrebbe anche girarsi dall’altra parte. Qui la domanda è quasi retorica: è così complicato predisporre nelle aree di scarico delle linee vita a cui agganciarsi? Ovvio che la risposta è «no»: basta pagare per realizzarle.

In definitiva, per colmare queste pericolose lacune servono standard e linee vita, da mettere in fretta a disposizione di chi scarica, prima che un raccordo improvvisato faccia cadere prodotto corrosivo addosso a un malcapitato o prima che un autista si faccia male cadendo da un semirimorchio parcheggiato a pochi metri da un’acciaieria in cui lo attendevano per ricevere la merce. Insomma, bisogna «fare prima che». E questo in fondo significa prevenire.

Daniele Di Ubaldo
Daniele Di Ubaldo
Direttore responsabile di Uomini e Trasporti

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