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Cosco acquisisce il 25% di un terminal di Amburgo: le polemiche tedesche fanno breccia in Italia

Cosco, compagnia di Stato cinese, puntava al 35% della HHLA, società che oltre al terminal tedesco detiene il 51% della Piattaforma Logistica di Trieste. Il governo di Scholz gli ha concesso il 24,9%, spiegando che così i cinesi non hanno diritto di voto. Ma a molti ministri tedeschi, "scottati dal gas russo", questo compromesso non è piaciuto. E anche in Italia il ministro per le Imprese Adolfo Urso si è affrettato a dire che «non ci consegneremo nelle mani dei cinesi». La capogruppo Pd Serracchiani, invece, minimizza: «Il controllo dello Stato sui porti non è mai stato messo in discussione e non esiste il rischio che Trieste finisca in mani cinesi»

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Alla fine il governo tedesco ha scelto la strada del compromesso. La compagnia statale cinese di spedizioni Cosco, intendeva acquistare il 35% della società tedesca HHLA, quella che gestisce uno dei terminal container del porto di Amburgo (e che in Italia – lo ricordiamo – detiene il 51% della Piattaforma Logistica di Trieste, posto all’interno della zona di porto franco), ma il governo di Berlino, sostenuto in tal senso dallo stesso cancelliere Olaf Scholz, ha deciso di concedergli la possibilità di acquisire soltanto il 24,9%. Così, con una percentuale così ridotta si è tolta, secondo fonti governative, la possibilità alla società cinese di poter avere voce in capitolo negli investimenti e nelle decisioni dell’infrastruttura tedesca, né di appellarsi a un diritto di veto rispetto a decisioni altrui. Tutte cose che avrebbe ottenuto se fosse riuscita a mettere le mani sul 35% del capitale. E peraltro, stando a quanto specificato dal governo tedesco, l’attuale soglia di un quarto non potrebbe essere superata nemmeno in futuro senza un processo di revisione degli investimenti. Il ministero degli Affari economici tedesco ha anche aggiunto che la decisione è stata presa per impedire un investimento strategico cinese nel terminal e per «ridurre l’acquisizione a un investimento puramente finanziario». E il il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, gli ha fatto eco augurandosi che «la parte interessata veda la cooperazione pratica tra Cina e Germania in modo razionale e smetta di dare peso alla questione in modo ingiustificato».

Gli scetticismi tedeschi

In ogni caso questa vicenda non è stata molto gradita in Germania e ha trovato oppositori all’interno della stessa compagine governativa. D’altra parte bisogna tener presente la contingenza e la storia passata. Quella che ha visto Berlino dare campo libero al gas russo, consentendo investimenti di Gazprom importanti e di fatto ha finito per diventarne dipendente. Con tutte le conseguenze che questa dipendenza ha generato. Forse anche per questo la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, ha redatto una nota in cui esprime in modo netto la sua contrarietà a quanto accaduto. Con l’ingresso di Cosco nel capitale della società tedesca – ha spiegato – si «espande in modo sproporzionato l’influenza strategica della Cina sulle infrastrutture di trasporto tedesche ed europee, nonché la dipendenza della Germania dalla Cina». Peraltro, viene aggiunto, senza che ci sia una reciprocità, in quanto «la stessa Cina non consente alla Germania di partecipare ai porti cinesi». E poi laddove sorgano criticità, l’acquisizione aprirebbe alla Cina la possibilità di strumentalizzare politicamente parte delle infrastrutture in difficoltà della Germania e dell’Europa. 

Urso: «Non ci consegneremo nelle mani dei cinesi»

Echi di quest’ultimo atteggiamento hanno fatto breccia in Italia. «Se i tedeschi intendono fare quello che hanno annunciato – ha tuonato il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, a margine del Salone della Giustizia – certamente noi, che ne siamo più consapevoli perché siamo la frontiera nel Mediterraneo, rispetto a questo progetto egemonico non li seguiremo. Non ci consegneremo nelle mani dei cinesi». Urso ha anche fatto riferimento alla «politica di dominio che la Cina realizzava o voleva realizzare attraverso la via della seta» definendola una «sfida titanica che la Cina ha lanciato contro l’occidente». 
E poi a proposito della possibilità di ricorrere alla Golden Power (quello strumento normativo che consente a un governo di bloccare o apporre condizioni a operazioni finanziarie che confliggano con l’interesse nazionale), ha aggiunto che «tutta la nostra politica, anche economica e produttiva, sarà quella di garantire l’autonomia strategica italiana ed europea su tutte le filiere che sono importanti per mantenere nelle nostre mani decisioni sullo sviluppo economico e produttivo del nostro Paese e della nostra Europa». 

Serracchiani: «Non esiste il rischio che Trieste finisca in mani cinesi»

Affermazioni che non sono piaciute alla capogruppo Pd alla Camera, Debora Serracchiani, che ha spiegato come «il controllo dello Stato sui porti finora non è mai stato messo in discussione e quindi non esiste il rischio che Trieste finisca in mani cinesi, neppure indirettamente». «Invece di agitare spauracchi – ha poi aggiunto – il Governo si impegni per rendere sempre più competitivi i porti italiani attuando puntualmente i progetti previsti dal Pnrr, facendo attenzione a non snaturare le Autorità portuali e accelerando gli investimenti per modernizzare le reti trans-europee, le connessioni, i sistemi logistici e la digitalizzazione». 

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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