Veicoli - logistica - professione

HomeProfessioneLeggi e politicaI rapporti tra associazioni dell'autotrasporto e governo. Aspettando il Recovery fund

I rapporti tra associazioni dell’autotrasporto e governo. Aspettando il Recovery fund

Una lettera di Unatras chiede (con garbo) il rispetto degli impegni assunti dalla ministra De Micheli un anno fa su costi di riferimento e tempi di pagamento, ma protesta (con durezza) per l’allineamento delle accise proposto dal ministro dell’Ambiente, Costa, nonostante ne siano esclusi i mezzi pesanti. Sullo sfondo i 209 milioni in arrivo dall’Europa. Quanti ne arriveranno al settore?

-

Facciamo un passo indietro, come si fa in certi film polizieschi. Il 14 novembre 2019 – un anno fa – un verbale d’intesa sottoscritto dalle associazioni dell’autotrasporto con la ministra per le Infrastrutture e i Trasporti, Paola De Micheli, fissava entro il successivo 31 gennaio il ritorno sul sito del dicastero dei «costi di riferimento», eredi dei famigerati «costi della sicurezza», rigenerati dalle sentenze della Corte di Lussemburgo, dalla Corte costituzionale, dal Tar del Piemonte e dalla stessa Autorità Antitrust. Lo stesso verbale stabiliva che un tavolo tecnico con il ministero per l’Economia sarebbe stato istituito entro la fine del mese per trovare una soluzione capace di far rispettare i tempi di pagamento. Del tavolo non si è mai avuta traccia, così come dell’emendamento al Decreto Semplificazioni dello scorso luglio, annunciato dalla stessa De Micheli, che avrebbe dovuto ricalcare per l’autotrasporto le norme in materia adottate in agricoltura: 30 giorni per il pagamento dei prodotti deperibili e 60 per quelli non deperibili, con decorrenza dall’ultimo giorno del mese della fattura, data oltre la quale scattano interessi di mora e sanzioni molto pesanti.

costi e tempi, richieste garbate

Due temi – costi di riferimento e tempi di pagamento – che hanno costituito negli ultimi tempi il cardine delle richieste di Unatras al governo, presenti in tutte le lettere inviate alla ministra dal presidente Amedeo Genedani e sempre all’inizio della lista. Eppure, l’ultima di queste missive – datata giovedì 24 settembre, praticamente un anno dopo il verbale con quegli impegni ancora non mantenuti – il tono è garbato e conciliante: si apre con un «sincero apprezzamento per lo sblocco dell’annosa vicenda delle deduzioni forfettarie», corroborato da un entusiastico «impegno mantenuto!», con tanto di punto esclamativo, nonostante che l’Agenzia delle Entrate abbia comunicato la misura all’ultimo momento, costringendo le imprese a fare una corsa contro il calendario per spedire in tempo gli F24, e che l’aumento del rimborso sia arrivato solo a 48 euro al giorno (promessi dalla De Micheli) anziché ai 51 (richiesti dagli artigiani).
Altrettanto garbato il memento ai costi («appreso del completamento dello studio sui calcoli dei costi d’esercizio, riteniamo che non sia più procrastinabile l’immediata pubblicazione») e ai tempi di pagamento («rammaricandoci per la mancata approvazione della norma da Lei proposta siamo a chiedere un pronto chiarimento»). Ma ancora dopo tre settimane – superata la metà ottobre – non si aveva notizia né della pubblicazione dei nuovi costi, né del chiarimento di tempi di pagamento.
Sarà colpa del Covid, si dirà; un atteggiamento comprensivo nei confronti di un governo impegnato da otto mesi a combattere contro un nemico tenace e insidioso. Che però ha reso ancor più drammatica la crisi dei pagamenti nel settore dell’autotrasporto, che ha continuato a garantire servizi di prima necessità nei giorni del lockdown, malgrado abbia subito ulteriori ritardi da committenti anch’essi in difficoltà. Oppure il fatto che la categoria non appare compatta sulle due richieste, con Anita che non si scalda per la ripubblicazione dei costi e – all’interno della stessa Unatras –Fiap che chiede per i tempi di pagamento una misura diversa e più stringente come l’indeducibilità delle fatture non pagate nei termini di legge.

IL DOLCE STIL NOVO DELLA LETTERA DI UNATRAS
«Con la presente desideriamo esprimerLe sincero apprezzamento per lo sblocco dell’annosa vicenda delle deduzioni forfettarie che, sebbene arrivato in extremis per effettuare le dichiarazioni fiscali relative ai redditi 2019, ha permesso a migliaia di microimprenditori dell’autotrasporto di poter alleggerire il carico fiscale con l’importo di euro 48, come lei ci aveva promesso. Con un’esclamazione si può affermare: impegno mantenuto! Allo stesso tempo, con l’obiettivo di proseguire il proficuo confronto che Lei ha avviato con Unatras, il coordinamento delle associazioni dell’autotrasporto che rappresento, è utile sottolineare che il percorso avviato deve proseguire senza soluzione di continuità sui provvedimenti che la categoria attende da troppo tempo. È per questo che con la presente, appreso del completamento dello studio sui calcoli dei costi di esercizio, riteniamo non sia più procrastinabile l’immediata ripubblicazione dei valori indicativi di riferimento dei suddetti costi, da parte della competente Direzione Generale Trasporto Stradale e Intermodalità del Ministero da Ella guidato» (…)
Sembrerà strano, ma quello qui sopra è l’attacco della seconda o terza lettera di Amedeo Genedani alla ministra Paola De Micheli. Notare che si sta chiedendo un qualcosa – la ripubblicazione dei costi di riferimento – che da anni occupa l’agenda del ministero. Eppure, il tono è garbato e conciliante. Il periodare, cioè, appare assolutamente opposto a quello utilizzato contro il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, preso di mira per aver soltanto ipotizzato di aumentare in più di 10 anni le accise del gasolio, escludendo però i veicoli sopra le 7,5 tonnellate. Per quale ragione? Ma è ovvio: De Micheli è la ministra chiamata ad aprire il forziere del Recovery Fund ed eventualmente canalizzarne una parte verso l’autotrasporto. Costa, invece, presto nessuno nell’autotrasporto si ricorderà che faccia avesse.

la proposta di costa

Quali che ne siano le ragioni, colpisce che nella stessa lettera un altro ministro di questo governo, quello dell’Ambiente, Sergio Costa, venga invece apostrofato con linguaggio bellicoso, per la sua «scellerata proposta» di aumentare le accise sul gasolio, parificandole a quelle sulla benzina, «mascherando tale scelta con motivazioni di tutela ambientale di dubbia veridicità e scarsa efficacia». Proposta che «se si sommasse all’eliminazione del rimborso accise sul gasolio» per i veicoli euro 3 dal 1° ottobre e per gli euro 4 dal 1° gennaio del prossimo anno, «costituirebbe un doppio colpo inaccettabile per le imprese del settore». Peraltro, anche il rinvio di 18 mesi delle due misure, a lungo richiesto, non ha avuto risposta e nelle associazioni serpeggia la convinzione che non se ne farà niente.
Eppure, l’incidenza della proposta del titolare dell’Ambiente sembra assai minore di quella causata dai ritardi nei pagamenti e dai costi a libera trattativa. È vero che ne sono colpiti tutti i veicoli al di sotto delle 7,5 tonnellate, ma la parificazione avverrebbe in maniera graduale per arrivare al pareggio delle due accise nel 2032 e c’è l’impegno di Costa (ma non – almeno non ancora – del suo collega titolare dell’Economia, Roberto Gualtieri) a restituire al settore in forma green le maggiori entrate incassate.
Per i veicoli più pesanti, invece, resterebbe il rimborso, a quel punto però aumentato così da mantenere l’accisa realmente da pagare, così com’è oggi, a non più di 403 euro per mille litri. L’impatto numerico di questa misura lo trovate nel box a pagina 16.

A conti fatti un anticipo maggiore di 3.000 euro tra 12 anni
L’IMPATTO SULL’AUTOTRASPORTO DELL’AUMENTO DELLE ACCISE VOLUTO DA COSTA

Ipotizziamo che il progetto del ministro Costa divenisse realtà. Quale impatto finirebbe per avere sulle tasche di un autotrasportatore? Proviamo a fare due conti. Per ogni camion pesante Euro 6 che percorre 100 mila chilometri l’anno, oggi l’autotrasportatore spende alla pompa 36 mila euro, calcolando il costo di un litro di gasolio a 1.262,69 al litro (dati ufficiali del 5 ottobre) e il consumo a 3,5 chilometri con un litro; a fine trimestre può chiedere lo sconto di 214,18 euro ogni mille litri e dopo un minimo di 60 giorni ha indietro quello che è, in tutto e per tutto, un anticipo: nel caso ipotizzato, si tratta di poco più di 6 mila euro a veicolo. Quando, nel 2032 l’accisa di 617,40 per mille litri verrà parificata a quella della benzina (728,40 per mille litri, 111 euro in più), lo stesso autotrasportatore spenderà, ai costi attuali del gasolio, quasi 57 mila euro. È vero che il rimborso sarebbe aumentato a 325,18 euro, ma sarebbe maggiore anche l’anticipo che dovrebbe sborsare in attesa del rimborso: da 6 a oltre 9 mila euro a veicolo. Con un’attesa di 2-5 mesi che ha un certo peso in termini di costo del danaro.

la ministra non ci sta

Insomma, il danno maggiore è per i veicoli leggeri che nel trasporto merci sono più di 4 milioni (il grosso sono i furgoni del conto proprio o della distribuzione), ma ce n’è anche per i veicoli al di sopra delle 7,5 tonnellate. Tant’è che il presidente di Anita, Thomas Baumgartner, aprendo l’assemblea dell’associazione, ha affermato che un aumento delle accise sui carburanti «inciderebbe sui prezzi dei servizi di trasporto e di logistica, penalizzerebbe l’industria e i prodotti italiani». E ha suscitato reazioni entusiastiche tra le associazioni la risposta immediata e perentoria (in video) della De Micheli che «non ci sono interventi previsti e se a qualcuno dovesse venire l’idea di farli in termini negativi, di incrementare cioè le accise sui carburanti, noi ovviamente ci opporremo».
Genedani, come presidente di Confartigianato Trasporti ha subito commentato: «Il comparto dell’autotrasporto apprezza il no deciso». Più cauta – e più segnata da una lettura politica – la reazione del vice presidente vicario di Confrasporto, Paolo Uggè: complimenti alla ministra «per aver posto, speriamo anche fine, a una situazione che rischia di originare solo incomprensioni e preoccupazioni all’intero mondo del trasporto», anche se troppo spesso si è dovuto constatare come gli impegni restano nel campo degli annunci, magari non per espressa scelta di chi li ha assunti, ma per ragioni di equilibri di Governo». Insomma, diversità di toni tra le parole rivolte alla De Micheli e quelle indirizzate al resto del governo. È vero che quando si parla di accise, per la sensibilità degli autotrasportatori è come se venisse toccato un nervo scoperto, ma forse c’è anche un altro motivo per spiegare questa disparità di trattamento.
Paola De Micheli è il diretto interlocutore del settore nella distribuzione al sistema dei trasporti di quel Recovery fund che metterà a disposizione del rilancio post-Covid dell’Italia la bella cifra di 209 miliardi di euro. Secondo le prime anticipazioni il grosso – 75 miliardi – dovrebbe essere investito in politiche ambientali. Quando è partita la lettera di Unatras si conoscevano gli orientamenti, anche se non ancora l’entità delle cifre. Ce n’è per rinnovare tutto il parco veicolare italiano del trasporto merci che, con la sua età media di 13, 6 anni, è il più vecchio d’Europa. Non è un caso che la missiva si concluda accennando (sempre con tono celebrativo) proprio alle politiche ambientali per l’autotrasporto: «Sarebbe opportuno rafforzare l’azione del MIT che, con il Suo decisivo impulso, ha finalmente istituito il Fondo nazionale per il rinnovo veicoli con una prima dotazione per il biennio 2020-21 di 122 milioni di euro e prevedere ulteriori risorse per incentivi agli investimenti che permettano al comparto la graduale ma completa sostituzione del parco veicolare con mezzi green, più sicuri e tecnologicamente avanzati».

Un paio di settimane dopo, una nota di Conftrasporto tornava sul tema, chiedendo di usare il Recovery fund, per quanto riguarda il trasporto merci su strada, «un ingente piano di finanziamento per il rinnovo del parco mezzi» e «un piano pluriennale che rafforzi gli incentivi a favore della sostenibilità». Gli ha fatto eco Assotir, per bocca del segretario generale, Claudio Donati, il quale – dopo un lapidario «Se non ora quando?» – ha fatto riferimento a quei fondi per chiedere di ampliare la discussione «a tutte le altre questioni di cui parliamo ogni giorno: dall’impatto ambientale alla digitalizzazione, dal rinnovo del parco veicolare al costo del gasolio, dal dumping sociale all’intermediazione parassitaria, dall’illegalità sempre più diffusa alla carenza degli autisti, alle tariffe spesso da fame». E al presidente di Confetra, Guido Nicolini, che nel corso dell’assemblea annuale della confederazione le chiedeva «una nuova stagione di politica economica che consideri la logistica, nella sua accezione più ampia e trasversale, come il pilastro intorno cui costruire il rilancio del Paese», la ministra De Micheli ha risposto annunciando una «fase nuova», assicurando che con le risorse Ue «ci sarà un investimento sul trasporto sostenibile» e precisando che comprenderà anche «il trasporto urbano delle merci».
Insomma, quel che è certo è che si prepara una grossa iniezione di risorse per tutto il sistema dei trasporti e della logistica, ma che ancora non è deciso quante saranno e dove finiranno. Meglio, perciò, trattare con i guanti chi deve deciderlo.

COME USARE I SOLDI DEL RECOVERY FUND

Sul Recovery fund le idee si sprecano. Nel mondo del trasporto e della logistica, cioè, in tanti si sono attivati per stilare progetti o indicare priorità da sostenere con i capitali europei. Confetra, per esempio, a cui lo stesso CNEL ha chiesto un contributo sul tema, ha ribadito – anche nel corso della sua assemblea annuale – una richiesta di snellimento burocratico e di alleggerimento del cuneo fiscale, sottolineando però che «i problemi logistici dell’Italia non sono semplicemente e perfettamente sovrapponibili a quelli infrastrutturali». Più in dettaglio, il presidente Guido Nicolini ha spiegato che una politica complessiva per la logistica pretende «un quadro normativo e regolatorio che aiuta, fluidifica e sostiene il trasporto di merci, dati, passeggeri». Ed ecco perché per 133 procedimenti amministrativi in capo a 17 diverse pubbliche amministrazioni per i controlli merce portuali sono troppi.
Nello stesso contesto la ministra Paola De Micheli ha aggiunto che con i soldi del Recovery fund «faremo un investimento sul trasporto sostenibile, un grosso investimento sul trasporto urbano delle merci e uno importante sul cargo aereo», aggiungendo pure di essere al lavoro per una riduzione del cuneo fiscale.
Secondo Conftrasporto-Confcommercio i finanziamenti del Recovery Fund devono servire a costruire un piano sostenuto da tre architravi: la formazione professionale, la transizione verde e digitale e le infrastrutture. Rispetto al primo punto gli investimenti vanno direzionati verso gli Istituti Tecnici Superiori della logistica e del mare per accrescere le competenze digitali dei giovani e lo sviluppo del settore. Rispetto al secondo bisogna rinnovare il parco mezzi e costruire un piano pluriennale per l’autotrasporto che rafforzi gli incentivi a favore della sostenibilità. Rispetto al terzo le priorità puntano su tre infrastrutture: il Corridoio Scandinavo Mediterraneo con il tunnel ferroviario del Brennero e la realizzazione del Ponte sullo Stretto; il Corridoio Reno-Alpi con il terzo valico dei Giovi; il Corridoio Mediterraneo con la Tav Torino-Lione.
Fedespedi investirebbe tutto su digitalizzazione, connettività e sostenibilità. Secondo la presidente Silvia Moretto l’emergenza sanitaria ha reso urgente avviare un processo di digitalizzazione per «snellire i processi e rendere disponibili documentazioni da remoto». «Le imprese di spedizioni sono gravate da innumerevoli adempimenti burocratici – ha aggiunto – Uno scambio documentale snello con gli altri operatori e con le autorità pubbliche di interfaccia ci farebbe guadagnare in termini di efficienza e servizio reso alla clientela».
Da ultimo, abbiamo raccolto la voce di un imprenditore, l’amministratore delegato del Gruppo SMET, Domenico De Rosa, il quale ha consigliato di partire dal basso, domandando «agli operatori che vivono il mercato a quali progetti dare priorità. Perché va benissimo che le infrastrutture siano al primo posto. Ma dopo quello che si è consumato sulle imprese di autotrasporto in Italia tra marzo e maggio, è necessario predisporre pacchetti per aiutarle, altrimenti si rischia che a utilizzare quelle infrastrutture saranno soltanto operatori stranieri, che hanno beneficiato velocemente di sostegni pubblici». Più nel dettaglio De Rosa suggerisce di sostenere il lavoro tramite, per esempio, crediti di imposta sui costi della manodopera. L’importante – puntualizza – è che «qualsiasi forma di incentivo non sia vanificata da meccanismi di prenotabilità o da click day, ma siano stabili e in grado di consentire una programmazione: se mi dici che acquistando un veicolo ottengo un contributo, poi non puoi poi far passare il tutto attraverso quella sorta di inganno, secondo cui se non clicco come primo non sono beneficiato».

close-link