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Credito d’imposta. Forse si potrà utilizzare con le scadenze di metà novembre. A passettini verso il ristoro

Aperta dal 12 settembre fino al 19 ottobre la piattaforma per richiedere il beneficio che è cumulabile, non concorre a formare reddito e si può riportare alle successive scadenze fiscali. Il primo giorno è stato complicato, poi lentamente ha preso a funzionare. Nel frattempo, è arrivato anche il decreto ministeriale sull’AdBlue, mentre quello sul CNG sembrerebbe ancora fermo a Bruxelles

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Un passo – anzi un passettino – dopo l’altro, il credito d’imposta del 28% calcolato sugli acquisti di gasolio del primo trimestre 2022 si avvicina sempre di più – anche se molto lentamente – ai portafogli degli autotrasportatori. Al termine di un mese di agosto fitto di contatti tra i tecnici delle associazioni di categoria e quelli dell’Agenzia delle Dogane che hanno prodotto 145 FAQ di chiarimento, distribuite in tre comunicazioni della medesima Agenzia, è stato deciso che dalle ore 15, di lunedì 12 settembre sarebbe stata attiva la piattaforma sulla quale le imprese possono chiedere il ristoro, presentando le fatture per l’acquisto del gasolio emesse nel primo trimestre dell’anno.
Ne possono beneficiare – vale la pena ricordarlo – le imprese italiane di autotrasporto in conto terzi iscritte all’Albo degli autotrasportatori e al REN attive con veicoli di massa pari o superiore a 7,5 tonnellate e motori diesel di categoria Euro V o superiore, ma la singola impresa non può ottenere più di 400 mila euro, un de minimis rialzato per la circostanza dall’Unione europea alla luce dell’eccezionalità della situazione.

Applicabile alle scadenze di metà novembre

Dal momento che la piattaforma resterà aperta fino al 19 ottobre e che ci vorrà qualche altro giorno per atti di burocrazia varia, la scadenza fiscale più probabile per poter applicare il credito d’imposta appare quella dei pagamenti di metà novembre. Non dovrebbero esserci problemi neppure sulla copertura: i 496 milioni di euro stanziati alla bisogna dovrebbero coprire tutte le richieste, visto che – come hanno più volte ribadito i funzionari dell’Agenzia delle Dogane nel corso degli incontri con le associazioni di settore – sono stati calcolati sulla base dei consumi reali registrati negli esercizi precedenti per lo sconto delle accise. Malgrado tali rassicurazioni, però, in tanti a partire dalle ore 15 del 12 settembre hanno provato a presentare istanza, riscontrando insormontabili problemi nell’accesso. Dopo qualche giorno di nervosismo, la stessa Agenzia ha dovuto ammettere che effettivamente nel sistema informatico c’erano delle anomalie, che si manifestavano soprattutto mostrando un messaggio di allarme che inibiva l’accesso anche a chi disponeva dei requisiti necessari.
Ma al di là di questi «incidenti di percorso», utili comunque a mettere a dura prova la tenuta del sistema nervoso degli autotrasportatori, le associazioni dell’autotrasporto hanno sempre definito la soluzione «credito di imposta» come un «successo». Così ha fatto Sergio lo Monte, segretario generale di Confartigianato Trasporti, sottolineando tre caratteristiche positive della misura: è cumulabile con altre agevolazioni; non concorre alla formazione del reddito d’impresa; se non si riesce a esaurirlo in questo esercizio fiscale, si può riportare alle scadenze successive.
E, d’altra parte, le imprese potranno ritenersi soddisfatte anche dell’entità del ristoro: considerando che fino al 21 marzo lo sconto per le accise è stato già pagato e ipotizzando che incidesse (come sembra probabile) per 100 milioni di euro al mese, è come se quei 500 milioni andassero a coprire il mancato sconto per le accise (assorbito da quello generalizzato di 30 centesimi al litro per tutti) per altri cinque mesi e dunque fino a tutto agosto. Da settembre in poi, però, la questione si sta riproponendo: prolungato lo sconto generalizzato fino al 17 ottobre, si è tornati alla parità di trattamento fra i veicoli più ecologici e i veicoli esclusi dallo sconto sulle accise perché di classe inferiore agli Euro V.

Qualcosa da mettere a punto

Eppure, qualche codicillo da mettere a punto rimane, tanto è vero che gli incontri fra associazioni e Agenzia delle Dogane continuano. Lo stesso Paolo Uggè, presidente di FAI-Conftrasporto, quando il ministro per le Infrastrutture e la Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, aveva firmato il decreto attuativo, lo scorso luglio, pur esprimendo soddisfazione aveva avvertito: «Ora si apre la fase di confronto sulle regole, tutt’altro che secondaria».
C’è stato, per esempio, il problema delle società di noleggio delle imprese di autotrasporto, una pratica sempre più frequente tra le aziende strutturate che creano al loro interno società ad hoc alle quali intestare i veicoli da impiegare nei loro trasporti. In un primo tempo era richiesto il contratto registrato comprovante la disponibilità del mezzo, ora – dopo una lettera del segretario generale di Assotir, Claudio Donati, al ministro Giovannini – la disposizione è stata attenuata: basterà una documentazione qualunque che dimostri l’effettiva vigenza del contratto di locazione nel periodo per il quale si chiede il ristoro.

Il decreto per l’AdBlue

Intanto è arrivato l’atteso decreto ministeriale per compensare i maggiori costi sostenuti dalle imprese per l’acquisto dell’AdBlue, l’additivo indispensabile per il funzionamento dei veicoli diesel con catalizzatore SCR, praticamente tutti i più ecologici: in giro ce ne sono quasi un milione e mezzo, 300 mila dei quali con portata superiore ai 35 quintali. Legato alla produzione del metano, il prezzo dell’additivo è quadruplicato, passando dai 6 ai 25 euro per 10 litri dello scorso marzo, una quantità – per intendersi – sufficiente a percorrere intorno ai 5 mila chilometri. Dal momento che quando si esaurisce l’AdBlue, il motore subisce un drastico taglio della coppia, è evidente che l’additivo è vitale per gli autotrasportatori più sensibili ai temi ambientali e che, in assenza di un sostegno economico, verrebbe favorita la circolazione dei veicoli più inquinanti.
Per far fronte a questa situazione il governo, il 1° marzo scorso, aveva stanziato nel decreto legge Bollette-Energia 29,6 milioni di euro per un credito d’imposta del 15% sugli acquisti dell’additivo effettuati nel 2022, cumulabile con il sostegno per il gasolio e non concorrente alla formazione del reddito d’impresa, ma con un tetto da definire (l’ipotesi è di 500 mila euro per impresa).
Il decreto legge era stato convertito in legge il 26 aprile. Il decreto ministeriale è stato firmato dal ministro Giovannini lo scorso 7 settembre. Di questi tempi meno di cinque mesi per la burocrazia è la velocità di un razzo. Ma adesso bisogna attendere il decreto direttoriale che definirà termini e modalità per la presentazione delle domande. Anche in questo caso si prevede la creazione di una piattaforma informatica e, dunque, l’avvicinarsi di un clic-day, senza sapere – almeno al momento – se in questo caso la copertura sarà sufficiente per accontentare tutti o se bisognerà mettersi in coda davanti al computer per arrivare prima degli altri.

Problemi per il gas

Lo stesso decreto Energia-Bollette aveva approvato un altro credito d’imposta (del 20%) per sostenere le imprese colpite dagli esorbitanti aumenti dei carburanti, cercando di compensare gli aumenti del costo del metano liquido o gassoso, utilizzato – secondo una ricerca di Unrae veicoli industriali – dal 3% dei mezzi al di sopra delle 3,5 tonnellate di portata e, dunque, da circa 20 mila veicoli merci. Non moltissimi, ma «virtuosi» per aver scelto un carburante a basso impatto ambientale il cui impiego era in netta crescita, anche per il basso costo, fino agli ultimi aumenti: a marzo, poco dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, il prezzo del gas alla pompa era cresciuto di otto volte, arrivando a toccare i 2,7 euro al chilo.
A cinque mesi dal varo del decreto, tuttavia, del provvedimento ministeriale che dovrebbe dettare le modalità di richiesta si sono perse le tracce. La pratica dovrebbe essere ancora ferma a Bruxelles in attesa di chiarimenti che sarebbero stati richiesti al nostro ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili. Nel frattempo, ad agosto, il prezzo del metano alla pompa ha superato i 4 euro al chilo.

Aspettando il nuovo governo

E mentre i prezzi salgono, le elezioni si avvicinano e l’impressione è che la patata bollente del costo dell’energia, in tutti i suoi aspetti – autotrasporto compreso – sia considerato sempre di più, soprattutto dalla burocrazia, un problema del prossimo governo. E, di fronte alla lentezza con cui si muove l’amministrazione, c’è chi mette le mani avanti. «Io sono come San Tommaso», mormora Patrizio Ricci, presidente di CNA-Fita, «se non vedo i soldi sul conto corrente non credo». Perché, alla fin fine, la chiave è sempre quella: i soldi. «Se le imprese vengono strangolate dai costi del carburante, il rischio di proteste di piazza si fa sempre più concreto», argomento Ricci. «Nel protocollo firmato a marzo», ricorda ancora, «c’erano una serie di regole. Ma in questa situazione, con il prezzo del gasolio alle stelle, se non vogliono darci le regole, ci diano i soldi. Traduco: se non vogliono dare alla testa, diano almeno alla pancia».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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