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Il governo mette una tassa extra del 10% sui profitti di chi tratta carburanti e l’Antistrust indaga sugli scambi

Per un verso c’è da bloccare la speculazione. Dall’altro c’è da finanziare il pacchetto di misure create per calmierare il prezzo dei carburanti e dare sostegni alle imprese. Così, oltre a creare un meccanismo per cui ogni mese le aziende del settore energia devono comunicare prezzi di acquisto e di vendita, il governo crea un’imposta straordinaria per tassare gli extraprofitti incamerati dall'ottobre scorso a fine marzo

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Mentre l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, di fronte all’eccezionale aumento dei prezzi dei carburanti, annuncia il 18 marzo di aver «notificato dettagliate richieste di informazioni alle maggiori compagnie petrolifere avvalendosi anche dell’ausilio della Guardia di Finanza», nel decreto Ucraina, licenziato dal Consiglio dei ministri esattamente lo stesso giorno, compare una tassa speciale del 10%, destinata alle imprese dell’energia del gas e dei carburanti, compresi i distributori. Il meccanismo concepito a tale scopo prevede che le aziende interessate – dal 1° aprile a fine anno, lasso temporale in cui la disposizione resterà in vigore – debbano trasmettere ogni mese  all’Antitrust i prezzi di acquisto e vendita dei loro prodotti. L’Autorità, avvalendosi appunto della Guardia di Finanza, avrà il potere di intervenire per evitare indebite ripercussioni sui prezzi al consumo.

Nella logica del Consiglio dei Ministri i proventi di questa tassa speciale serviranno per finanziare i 4,4 miliardi necessari per adottare le misure approvate per sostenere l’economia, compreso quel taglio di 25 centesimi dei prezzi del carburante (in vigore fino al 30 aprile), giudicato però assolutamente ininfluente da tutti, a partire dagli autotrasportatori per finire a Confindustria, che avrebbe preferito un taglio strutturale dell’imposta sui carburanti.

La base imponibile per applicare la nuova tassa, da versare entro il 30 giugno, è proprio l’incremento del saldo tra operazioni attive e passive registrato nell’intervallo temporale che va dal 1° ottobre 2021 al 31 marzo 2022 rispetto al saldo registrato nello stesso periodo dell’anno precedente. 

La nuova imposta, però, viene applicata soltanto se l’incremento di tali operazioni va oltre i 5 milioni di euro, mentre non scatta se si mantiene al di sotto del 10%.

Intanto da Assopetroli e Assoenergia già sono sul piede di guerra, in quanto pretendono che il governo faccia chiarezza su un punto. Con il taglio delle accise – fanno notare – i carburanti già immagazzinati con la vecchia accisa saranno venduti con la riduzione e quindi subiranno una fortissima svalutazione rispetto al prezzo di carico, cosa che creerà, a loro dire, «un danno enorme per il settore distributivo». In mancanza di chiarezza sul punto minacciano una mobilitazione.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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