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Il pareggio tra gasolio e benzina voluto dal ministro Costa. Se l’accisa diventa Au pair…

Le associazioni dell’autotrasporto non ci stanno. Anche se non saranno toccati i rimborsi ai veicoli oltre le 7,5 ton, molte imprese ne sarebbero danneggiate. Tanto più che mentre il titolare dell’Ambiente vuole «restituire» le risorse al settore con incentivi «green», il suo collega per l’Economia vuole i 2,8 miliardi di maggiore entrata per finanziare per la riforma fiscale

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Un temporale estivo o uno tsunami epocale? Quando a fine luglio, il ministro per l’Ambiente ha lanciato una consultazione online per abolire i sussidi ambientalmente dannosi (in burocratese «SAD») il mondo dell’autotrasporto è entrato in subbuglio. Perché al primo dei sette punti elencati c’è la parificazione (verso l’alto) dell’accisa sul gasolio, per renderla uguale a quella sulla benzina: oggi la prima è di 617,40 euro e la seconda di 728,40 per mille litri. La differenza da recuperare, secondo la proposta del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa (confortata da un sondaggio, concluso a fine agosto, che ha raccolto 327 risposte), è dunque di 111 euro per mille litri, il che porterebbe il gasolio a costare alla pompa più della benzina: a dati del ministero per lo Sviluppo Economico (18 settembre u.s.) 1.406,51 al litro, contro 1.392,04: una differenza di quasi 15 euro ogni mille litri.
Ma la proposta contiene tre postille: 1) il recupero avverrà gradualmente, in nove anni, dal 1° gennaio 2021 al 1° gennaio 2030; 2) le risorse recuperate saranno trasferite «agli stessi destinatari attraverso incentivi rivolti a finanziare investimenti ampiamente sostenibili» con una «restituzione» che dai 32,4 milioni del primo anno, arriverà nell’ultimo a 648,7 milioni, per cessare del tutto nel 2031; 3) le variazioni «non incideranno sul cosiddetto gasolio commerciale utilizzato dalle aziende di autotrasporto merci (che utilizzano veicoli di massa superiore a 7,5 tonnellate) e trasporto regolare di passeggeri» che «è sottoposto a una specifica e indipendente aliquota di accisa». Un beneficio che restituisce alle imprese proprietarie di veicoli pesanti 214,18 euro ogni mille litri, abbassando così il costo finale del carburante alla pompa.

Per questo ha stupito che accanto ad Assopetroli-Assoenergia petrolifera (la cui protesta era più scontata che doverosa) si sia schierato anche un nutrito gruppo di associazioni dell’autotrasporto: Assotir, Cna-Fita, Confartigianato Trasporto, Fai-Conftrasporto, Fiap e Unitai, praticamente tutte quelle aderenti a Unatras. Particolarmente agguerrite Conftrasporto e Confartigianato Trasporti. La prima è scesa subito sul piede di guerra minacciando, già ai primi di agosto, il fermo della categoria; la seconda ha diffuso un documento articolato in dieci punti per spiegare come la misura rischi di «compromettere la competitività delle 90 mila imprese dell’autotrasporto italiano, che danno lavoro a 338 mila addetti, di cui i tre quarti (76,9%) nelle micro e piccole imprese».
Le associazioni – nel chiedere al governo di rinunciare all’iniziativa – obiettano che la differente accisa tra benzina e gasolio non è un sussidio, ma una tassazione su prodotti diversi con differente impatto ambientale e che, fin dall’inizio, in tutta Europa (tranne Regno Unito e Belgio) l’accisa ridotta sul gasolio era stata decisa per favorire un carburante meno inquinante; ciononostante «la tassazione sui carburanti in Italia è già tra le più alte nell’Unione Europea, seconda solo a quella del Regno Unito» e aumentarla «si tradurrebbe quindi in un aumento dei costi di trasporto, con l’inevitabile aumento dei prezzi dei beni di consumo». Le imprese dell’autotrasporto, peraltro, proseguono le associazioni, «versano molto di più rispetto all’inquinamento prodotto: un camion Euro6 genera un costo esterno pari a 13,1 centesimi di euro, mentre paga di sola accisa netta 40,3 centesimi, pari a oltre un miliardo di euro all’anno».
La protesta è dovuta al fatto che le associazioni rappresentano anche imprese di trasporto con veicoli al di sotto delle 7,5 ton, impiegati soprattutto per la distribuzione in città. Ma quanti sono? Rispondere è impossibile: secondo l’Anfia, che – facendo riferimento a dati Aci – «nasconde» gli over 7,5 nella fascia fra 6 e 9 ton, il circolante fra le 3,5 e le 9 ton (dove il conto terzi è ancora fortemente presente) conta 136.463 veicoli. Una cifra da cui bisognerebbe togliere, perciò, i veicoli tra le 7,5 e le 9 ton e quelli del trasporto in contro proprio, ma bisognerebbe aggiungere una quota dei 287.270 mezzi di cui l’Aci non ha registrato il peso. Un caos statistico.

Ma, quanti che siano i veicoli in conto terzi sotto le 7,5 ton che verrebbero colpiti dalla parificazione delle accise, le associazioni ammettono che il vero problema è l’eterno timore che riaffiora sempre quanso si parla di accisa: che si cominci a toccarla da una parte per arrivare a toglierla a tutti. Il vice presidente di FAI-Conftrasporto, Paolo Uggè, questo timore lo ha esplicitato, a quanto riporta la testa online Huffington Post: «Se il taglio delle accise sul gasolio riguarderà anche noi allora la nostra risposta non potrà essere che un fermo dell’autotrasporto».
E in effetti quel beneficio, negli ultimi tempi, è stato sempre più limitato. Dal 1° ottobre ne sono esclusi tutti i veicoli Euro 3 e dal 1° gennaio del 2021 lo perderanno anche tutti gli Euro 4, salvo accoglimento fuori tempo massimo della richiesta di posticipare la sospensione di 18 mesi, avanzata dalle associazioni per dar tempo alle imprese di riprendersi dai danni del Covid.

Fatto sta che, quando anche il taglio di Euro 3 ed Euro 4 sarà andato in porto, i veicoli per i quali si potrà chiedere il rimborso saranno solo un terzo di quelli che ne beneficiavano dieci anni fa. Le cifre sono al solito indefinibili, ma tanto per avere un’idea, la percentuale di Euro 5 e Euro 6 in circolazione al giugno 2019, secondo stime Unrae, era del 35,2% del totale – pari a circa 680 mila veicoli pesanti (ma a partire dalle 6 tonnellate e compresi i veicoli in conto proprio, non moltissimi a questi livelli di peso). Non si va lontani dal vero, dunque, a stimare che i veicoli beneficiati sono scesi in un decennio da mezzo milione a 150 mila. Non c’è di che preoccuparsi?
Quel che sta avvenendo tra i ministeri dell’Ambiente e dell’Economia sembra dar corpo a questo tipo di preoccupazioni. La partita è importante: il taglio dei cosiddetti «sussidi ambientali dannosi» proposto da Costa permetterà di recuperare 2,8 miliardi di euro, per la maggior parte (2,67) proprio dalla parificazione delle accise tra gasolio e benzina. Il ministro dell’Ambiente ha parlato esplicitamente di «gradualità, pluriennalità e proporzionalità», dichiarando di voler «incentivare interventi ambientalmente virtuosi in favore degli stessi settori e delle stesse imprese attualmente beneficiari». Ma da Via XX Settembre hanno già fatto sapere che quelle risorse andranno nel calderone del ministero per finanziare la riforma fiscale. Proprio quello che Uggè teme, quando si chiede: «Gli aumenti annunciati sono frutto di una volontà a prescindere, o il tentativo di raccogliere risorse per incrementare le entrate del Governo?».

Se ne parlerà fra qualche settimana, quando cominceranno le discussioni tra ministri per scrivere la legge di Bilancio 2022. Costa insisterà sulla sua proposta? Il titolare dell’Economia, Roberto Gualtieri, si farà convincere a restituire le risorse raccolte sotto forma di incentivi al trasporto green? La ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, tirata per la giacchetta dalle associazioni dell’autotrasporto, tenterà una mediazione tra i suoi due colleghi? E questa eventuale mediazione a cosa porterà?
Insomma, le preoccupazioni delle rappresentanze qualche motivazione ce l’hanno. Solo che proprio negli stessi giorni in cui le associazioni si battevano per evitare di perdere, nell’arco di dieci anni, i benefici sul prezzo del gasolio, Scania annunciava il suo primo camion a trazione completamente elettrica e Daimler Trucks programmava tra il 2021 e il 2024 il lancio dei Mercedes-Benz eActros elettrici. Parlando di elettricità, forse anche per l’autotrasporto italiano ci vuole una scossa.

ELETTRICO PIÙ IDROGENO, ECCO LA STRATEGIA DAIMLER TRUCKS

Due truck innovativi (più uno già presentato nel 2018) costituiscono la strategia tecnologica che Daimler Trucks, tramite il marchio Mercedes-Benz, metterà in campo nei prossimi anni per rendere CO2 free i suoi veicoli. Si tratta del concept GenH2 Truck, autocarro a celle combustibile con autonomia dichiarata di 1.000 km in unico rifornimento, e dell’eActros LongHaul, camion completamente elettrico a batteria con autonomia di 500 km a carica, entrambi prodotti per percorsi a medio/lungo raggio. Nel frattempo, entrerà in produzione di serie già dal 2021 l’eActros standard, autocarro a batteria per distribuzione pesante con autonomia di oltre 200 km.
Daimler Trucks prevede di iniziare i test del GenH2 Truck nel 2023, mentre la produzione in serie dovrebbe partire nella seconda metà del decennio. Grazie all’uso di idrogeno liquido invece che gassoso con densità energetica molto più elevata, le prestazioni del veicolo dovrebbero essere simili a quelle di un truck diesel tradizionale. Nella variante di serie, il GenH2 Truck offrirà un carico utile di 25 ton e un peso totale di 40 ton, valori elevati resi possibili da due speciali serbatoi di idrogeno liquido (con capacità di 80 kg, 40 kg ciascuno) e da un potente sistema di celle a combustibile, sviluppato tramite joint venture con Volvo Group. Un truck a celle a combustibile a idrogeno liquido può fare affidamento su serbatoi più piccoli e, grazie alla pressione più bassa, più leggeri. Così aumentano lo spazio e il carico utile, ma anche il rifornimento di idrogeno a vantaggio dell’autonomia.
Per l’eActros LongHaul si prevede invece la produzione in serie per il 2024 e l’impiego sul lungo raggio. Come architettura di piattaforma modulare sarà utilizzata a livello mondiale ePowertrain, base tecnologica di tutti gli autocarri Daimler Truck senza emissioni di CO2.
«Quanto più leggero è il carico e breve la distanza, tanto più la batteria rappresenterà la scelta giusta – ha commentato Martin Daum, presidente del CdA di Daimler Trucks – Viceversa, quanto più pesante è il carico e lunga la distanza, tanto più sarà opportuno optare per la cella a combustibile». Non è complicato da capire!

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