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Non essere pesante

Indossare la mascherina, mantenersi a distanza dalle persone, lavarsi bene le mani… Abbiamo capito che questi sono i primi passi obbligatori per stare relativamente sicuri e al riparo dal Covid. Ma bastano? Non ci sono altre accortezze da usare?
Luca_S. Marghera

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Come era prevedibile non è finita. Le ultime notizie dall’Italia e dal mondo su Covid-19 sono tutt’altro che rassicuranti e proteggere noi stessi e gli altri è un dovere e una imprescindibile responsabilità.
In questo momento è anche importante sapere chi è a maggior rischio di andare incontro a un decorso particolarmente grave della malattia. C’è un dato che emerge con chiarezza e con costanza dai numerosi studi scientifici pubblicati in gran numero da quando questo virus è entrato nelle nostre vite e negli ospedali di tutto il mondo: il ruolo dell’obesità nel peggiorare la prognosi dell’infezione da SARS-CoV-2. A luglio scorso uno studio coordinato da ricercatori dell’Università di Bologna e pubblicato sullo European Journal of Endocrinology ha mostrato come i pazienti affetti da Covid-19 che hanno un indice di massa corporea superiore a 30 (l’indice di massa corporea o body mass index è quel parametro che si ottiene dividendo il peso corporeo in chili per la statura in metri al quadrato e che se superiore a 24.99 indica sovrappeso e se superiore a 29,99 indica obesità) rispetto ai normopeso hanno un maggior rischio di andare incontro a un’insufficienza respiratoria severa tale da richiedere il ricovero in terapia intensiva e, indipendentemente dall’età, dal genere e dalla compresenza di altre patologie croniche, hanno maggiori probabilità di morire.
Questa osservazione è stata confermata da altre ricerche condotte sia sul nostro territorio nazionale che in molti altri paesi del mondo, Cina e Stati Uniti inclusi, che hanno ribadito la stretta correlazione tra sovrappeso/obesità e gravità e mortalità della malattia da Sars-CoV2. I risultati disponibili sono stati inoltre analizzati in una metanalisi (la metanalisi è una tecnica statistica che mette insieme i dati di più studi condotti su uno stesso argomento provando a generare un dato conclusivo) pubblicata su Obesity Review che ha calcolato che rispetto ai normopeso gli obesi che hanno contratto il virus hanno un rischio più che doppio di finire in ospedale, un 74% in più di probabilità di finire in terapia intensiva e un 50% in più di probabilità di morire.

Il rischio di incidenti per un autotrasportatore aumenta in maniera inversamente proporzionale alle ore di sonno: chi dorme meno di sei ore ha un rischio doppio rispetto a chi riposa un paio d’ore in più e diventa triplo per chi si ferma a cinque ore e quadruplo per chi dorme 4 o meno ore

Questi numeri sono allarmanti se li mettiamo in relazione con la diffusione dell’obesità che in molti paesi, compreso il nostro, rappresenta un problema sanitario di primaria importanza (in Italia riguarda l’11% della popolazione adulta). Le cause alla base del forte collegamento tra indice di massa corporea e andamento clinico di Covid-19 non sono del tutto definite, anche se si possono ipotizzare diversi meccanismi: il grasso addominale crea problemi di respirazione, peggiora l’ossigenazione e ostacola le tecniche di ventilazione assistita in ambiente intensivo, le cellule del tessuto adiposo possiedono recettori che facilitano l’ingresso del virus, il sistema immunitario degli obesi, che non di rado sono anche diabetici, è meno efficiente, l’obesità infine si associa a uno stato di infiammazione cronica che favorisce le complicanze più gravi dell’infezione da SARS-CoV-2. A fronte di tutte queste evidenze molte federazioni e associazioni che si occupano di prevenzione e studio dell’obesità da un lato hanno sollecitato le persone con indice di massa corporea superiore a 30 e ancor di più superiore a 40 a essere particolare caute e attente nell’evitare l’infezione che potrebbe rivelarsi particolarmente grave, dall’altro hanno diramato delle linee guida per promuovere uno stile di vita più sano durante la pandemia. Non bisogna infatti dimenticare che le restrizioni nei movimenti e nei rapporti sociali e lo smart working tutt’altro che “agile” necessari per evitare il contagio da un lato mettono a dura prova la bilancia a causa della maggiore sedentarietà e dell’alimentazione più irregolare e calorica, dall’altro limitano o ritardano l’accesso alle strutture sanitarie e peggiorano l’isolamento dei grandi obesi.
Al di là dei provvedimenti generici e ben noti che riguardano l’alimentazione qualitativamente sana e quantitativamente contenuta e la necessità di dedicare un po’ di tempo all’attività fisica anche all’interno delle mura domestiche, per esempio staccandosi dal computer ogni 30 minuti, alzandosi e camminando per 3-5 minuti, la European Association for the Study of Obesity (EASO) ha elaborato consigli rivolti specificamente agli obesi articolati in quattro aspetti: nutrizione e idratazione, attività fisica, igiene del sonno e salute mentale sollecitando la collaborazione degli operatori sanitari anche tramite contatto per via telematica. A tal proposito gli esperti dell’EASO hanno messo a punto dei protocolli consultabili e accessibili via web che rappresentano una grande risorsa in questi tempi difficili e per le persone a maggior rischio (https://easo.org).

Buon viaggio!

Annagiulia Gramenzi
Annagiulia Gramenzi
Ricercatore Dip. medicina clinica Univ. Bologna
Scrivete a Annagiulia Gramenzi: salute@uominietrasporti.it

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